Il tessuto della Sindone risale a duemila anni fa

Una nuova ricerca del Cnr e dell'Università di Padova apre nuove prospettive scientifiche grazie ai raggi x

A distanza di pochi giorni dalla celebrazione della Santa Pasqua arriva una notizia interessante, da approfondire nel prossimo futuro, per tutti i fedeli della Chiesa Cattolica: la Sacra Sindone, il celebre lenzuolo di lino conservato presso il Duomo di Torino e che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo martoriato di Cristo, sarebbe un tessuto molto più antico di quello che oggi si vorrebbe far credere. Intorno al mistero più grandioso della storia dell’umanità, scienza e fede si sono sempre scagliate l’una contro l’altra, contraddicendosi a vicenda partendo dalle rispettive credenze e precetti.  

L’ultima ricerca condotta da nomi illustri del Cnr quali Liberato De Caro, Teresa Sibillano, Rocco Lassandro e Cinzia Giannini, in collaborazione con il professor Giulio Fanti dell’Università di Padova, pubblicata sul quotidiano “Libero” dal giornalista Antonio Socci nonché sulla rivista scientifica “Heritage” con il titolo “X-ray Dating of a Turin Shroud’s Linen Sample”, svela nuovi dati sulla Santa Sindone, portandoci indietro nel tempo al momento della Passione e morte di Gesù Cristo e al contesto storico di Gerusalemme. La ricerca ha visto l’impiego di un nuovo metodo in grado di risalire alla data originaria della Sindone. Sono stati analizzati i fili di lino del sacro tessuto per indagare più a fondo il grado di invecchiamento naturale della cellulosa, che compone le fibre dei fili di lino del campione preso in esami mediante i raggi X.

I risultati mostrano che il tessuto della Sindone è più antico di quanto si vorrebbe far credere e che risale effettivamente a 2000 anni fa, in linea con quanto la tradizione cristiana ha sempre sostenuto.

Questa tesi è altresì avvalorata dal fatto che il telo sia stato conservato a temperature ambientali molto elevate quando si trovava ancora in Medio Oriente, prima di essere portato in Europa sette secoli fa per mano del cavaliere Goffredo di Charny, che fece costruire una chiesa a Lirey in Francia per conservarlo. In occasione della guerra tra Borgogna e Francia, il telo venne preso in prestito dal conte Umberto de la Roche, marito di Margherita di Charny, per metterlo al sicuro. Morto il marito Umberto, Margherita si rifiutò di restituirlo alla collegiata di Lirey e ne fece oggetto di ostensioni in diversi viaggi per l’Europa, fino a quando decise di venderlo ai duchi di Savoia nel 1453, i quali lo conservarono nella loro capitale a Chambéry, presso cui costruirono una cappella apposita. Messo al sicuro dall’incendio che colpì la cappella, il telo fu affidato alle clarisse di Chambéry, poi fu trasportato a Torino, a Vercelli e a Nizza, fino a quando Emanuele Filiberto, successore di Carlo III, lo riportò a Chambéry dove risiedette per 18 anni. In seguito i Savoia spostarono la capitale del loro ducato a Torino nel 1578, che da allora divenne sede definitiva della Sindone.

La conservazione del telo in Europa ha bloccato il processo di deterioramento naturale della cellulosa del lino, preservando al contempo l’immagine impressa su di esso. Sapere che il telo risale a 2000 anni fa e proviene da Gerusalemme non risolve però il mistero dell’immagine su di esso, probabilmente dovuta ad un fenomeno fotoradiante ancora da approfondire.