Il viaggio di Dumas nel Cosentino

Lo scrittore amava il Sud Italia e apprezzava la gentilezza e l’accoglienza dei meridionali

La Calabria è stata fonte di ispirazione per tanti personaggi storici che, per svariati motivi, l’hanno percorsa, scoperta, studiata e apprezzata dandone testimonianza con le loro opere. Uno di questi è il famoso scrittore Alexander Dumas padre, nato a Villers-Cotterêts nell’Alta Francia nel 1802 e morto a Neuville-lès-Dieppe nel 1870. Figlio della rivoluzione francese, vide la nascita del V Termidoro nel X anno di abolizione della monarchia, con la successiva proclamazione della prima repubblica. Fu educato alla lettura della Bibbia, ai racconti delle Mille e una Notte, al romanzo di Robinson Crusoe e a tanto altro ancora. Sviluppò ben presto un grandissimo talento per la calligrafia e, in un primo momento, si cimentò nella redazione di drammi, prontamente rifiutati dagli editori. Contestualmente al fiorire in Francia della stampa a grande tiratura e del romanzo feuilleton (romanzo d’appendice), Dumas tentò con forza di imporsi nel mondo letterario, pubblicando dal 1844 al 1850, sul giornale Le Siècle, tutti i suoi maggiori capolavori: I tre moschettieri, il Conte di Monte-Cristo, La Regina Margot, il Visconte di Bragelonne, solo per citarne alcuni. La sua abilità stava nel creare trame ricche di colpi di scena, con cui riusciva a far presa sui suoi lettori. Si basava sulle vicende principali della storia francese, dalla fine dei Valois alla monarchia assoluta, dalla caduta della monarchia alla rivoluzione. Nonostante le critiche razziste, avanzategli a causa della sua pelle mulatta, lo scrittore proseguì con la sua attività letteraria e teatrale, sposando addirittura un’attrice. Perse i suoi averi durante la rivoluzione del Quarantotto e nella successiva epoca napoleonica, quindi andò in esilio in Belgio. La morte sopraggiunse per i postumi di un attacco ischemico che lo lasciò semi-paralizzato.

Un dato particolarmente rilevante nella vita del grande intellettuale francese è la lunga serie di viaggi che compì, e dai quali nacquero libri sulla Russia e sul Caucaso. Ebbe un legame molto stretto proprio con il Sud Italia, con la Calabria e con grandi personaggi storici come Giuseppe Garibaldi. Fu infatti al suo seguito durante la spedizione dei Mille nel 1860, lo raggiunse in Sicilia con un battello a vapore e assistette alla battaglia di Calatafimi, che si concluse con la vittoria dei garibaldini sull’esercito borbonico. Fu costretto a percorrere la Calabria, perché impedito a procedere verso il nord per via di una grande tempesta. Il lungo viaggio in Sicilia e Calabria, che Dumas compì nel 1835, fu seguito dalla pubblicazione a puntate di racconti e resoconti di ciò che vide in queste regioni. Si intitola “Viaggio in Calabria” il suo libro-guida sulla nostra terra, che riprende un altro volume “Ouvres complètes. Impressions de Voyage: Le Capitaine Arean” (1861). Approdò a Villa San Giovanni l’8 ottobre 1835 e poi a Cosenza il 20 ottobre, dopo essere passato per Cinquefrondi, Scilla, Bagnara, Palmi, Monteleone, Pizzo, Vena, Tirolo, Maida e Rogliano. Pur non tacendo le tante forme di arretratezza della Calabria del XIX secolo e i tanti pregiudizi circolanti in quegli anni, Dumas propone una descrizione veritiera fatta con gusto, tatto ed equilibrio stilistico e formale. Il suo scopo, tuttavia, era quello di viaggiare per conoscere, avere rapporti con altre culture, capire nuovi mondi. Insieme alla compagna Ida Ferrier, al pittore Jadin e al cane Mylord, Dumas prese consapevolezza delle difficoltà che la Calabria aveva nel ripartire dopo l’immane terremoto che la colpì nel 1783. In “Viaggio in Calabria” scrive ad esempio: “Il barone Mollo, la sera prima, ci aveva sentito esprimere il desiderio di andare a visitare Castiglione, uno dei paesi dei dintorni di Cosenza che avevano maggiormente patito per il terremoto. Così alle nove del mattino vedemmo arrivare la sua carrozza, messa a nostra disposizione per tutto il giorno. Partimmo verso le dieci. La carrozza poteva condurci sino a tre miglia da Cosenza. Arrivati là dovevamo imboccare un sentiero di montagna e fare altre tre miglia a piedi prima di arrivare a Castiglione”. I viaggiatori presero anche una guida che gli mise a disposizione dei muli per affrontare il viaggio. Tuttavia – prosegue il racconto di Dumas – uno dei muli della guida “non riusciva a reggersi sulle zampe. Sembrava completamente paralizzato. Mandammo a cercare il medico di Rogliano perché, come Figaro, era allo stesso tempo barbiere, dottore e veterinario … Decidemmo di caricare i bagagli su un mulo valido e di andare a piedi a Cosenza che dista da Rogliano solo quattro leghe”. Queste parole sono un chiaro riferimento al percorso realmente compiuto dallo scrittore nella nostra provincia. Egli cita le difficoltà che ebbe insieme agli altri nell’attraversare il territorio, a causa anche del maltempo. “Potevamo fermarci solo a Rogliano cioè a circa dieci leghe da dove eravamo” aggiunge. A Cosenza pernottarono presso l’albergo “Al riposo di Alarico”, rimasto intatto dopo il sisma, meravigliandosi del perché questo posto portasse il nome “del depredatore del Pantheon e del distruttore di Roma”. Dumas vide quindi Cosenza colta dal terremoto eppure freneticamente interessata alla leggenda del tesoro di Alarico, che animava la fantasia degli abitanti di questa città: «Vedemmo nel suo letto (del Busento) disseccato una folla di gente che faceva degli scavi sull’autorità di Jordanes, che raccontò i ricchi funerali di questo Re. Ogni volta che questo fenomeno si rinnovella, si fanno gli stessi scavi, e ciò senza che i sapienti cosentini, nella loro ammirabile venerazione per l’antichità, si lascino mai abbattere dalle delusioni che hanno provato. La sola cosa che hanno giammai fruttato questi scavi è stato un piccolo cervo d’oro che fu ritrovato alla fine dell’ultimo secolo». Visitò i borghi vicini e partecipò a riti propiziatori, tenuti dai frati che invocavano Dio contro il terremoto. Con la sua penna lodò anche determinate abitudini calabresi, infatti scrive: “La Calabria è una magnifica regione; d’estate ci si arrostisce come a Tambouctou, d’inverno vi si gela come a San Pietroburgo; inoltre non vi si conta punto ad anni, a lustri o a secoli come negli altri paesi, ma a terremoti”. Restò positivamente impressionato dalla spontaneità dei calabresi e dei loro paesaggi mozzafiato. Il legame con la Calabria fu rinsaldato negli anni successivi, quando partecipò alla campagna contro la pena di morte inaugurata da Victor Hugo, per il quale questa pratica era la madre di tutte le barbarie umane. Opponendosi a tale pena dalle pagine del giornale L’Indipendente, che diresse una volta giunto a Napoli con Garibaldi, che lo aveva anche nominato direttore degli scavi di Pompei, Dumas si attirò la simpatia dei cosentini che parteciparono alla lotta contro questa mostruosità, concedendogli addirittura la cittadinanza onoraria. La pena di morte fu abolita definitivamente nel 1889 dall’allora Regno d’Italia. Tante le realtà del Cosentino che omaggiarono lo scrittore: oltre a Cosenza, San Marco Argentano, Cervicati, Mongrassano e Fuscaldo. Alla fine del suo soggiorno in Calabria nel 1835, andando via da Cosenza, annotò: “Può essere che al momento di lasciare la Calabria ci attaccassimo malgrado tutto ciò che vi abbiamo sofferto, a questi uomini così curiosi da studiare nella loro rudezza primitiva, e a questa terra così pittoresca da vedere nei suoi scompigli eterni. Quel che ne sia, non fu senza un vivo dispiacere che ci allontanavamo da questa buona città ospitale in mezzo ai suoi danni; e due volte, dopo averla perduta di vista, ritornammo sui nostri passi per darle l’ultimo addio”. Pare che, durante la sua permanenza al Sud, la polizia borbonica fosse perennemente sulle sue tracce. Nel suo viaggio calabrese Dumas si era anche appassionato a varie storie, tra cui quella di Gioacchino Murat, aiutante di Napoleone, e quella dei briganti.

Nel libro “Cento anni di brigantaggio nelle province meridionali d’Italia” del 1863, Dumas approfondisce la tematica del brigantaggio, causato in massima parte dall’arretratezza generale delle regioni meridionali, indotta dalla politica borbonica. Riferisce in questo testo che “I briganti crescono con le foglie”. E aggiunge: “Nell’Italia Meridionale, si è brigante, come si è muratore, conciatetti, calderaio, maniscalco o sarto. Il brigante ha la sua casa … ha famiglia, amici, un confessore. Nessuno pensa a denunziarlo, perché tutti farebbero quel che fa”. Dopo questo viaggio scrisse opere come “Maitre Adam, le Calabrais” e “Cherubino e Celestino” pubblicati tra il 1840 e il 1842 e, ovviamente, il già citato “Impressions de voyage”. Quella di Dumas in Calabria è una vicenda personale che in molti sottovalutano, ma è bene riportarla alla luce per dare rilievo ad uno scrittore che è rimasto affascinato dalla nostra terra.