In arrivo una mostra su Caravaggio

Non è mai troppo tardi per convertirsi al cristianesimo, il messaggio lanciato dal Merisi nelle sue opere

In occasione del Giubileo 2025 verrà allestita una straordinaria mostra dedicata a Caravaggio, presso le Gallerie di Arte Antica a Palazzo Barberini a Roma. L’esposizione si intitolerà Caravaggio 2025 e potrà essere visitata dal 7 marzo al 6 luglio. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Palazzo Barberini, la Galleria Borghese, la Direzione Generale Musei, il Ministero della Cultura, con il sostegno di Intesa Sanpaolo. È curata da Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon. L’evento è tra i più attesi tra quelli inseriti nel calendario ufficiale dell’Anno Santo, in quanto raccoglierà circa una ventina di dipinti autografi, di opere uniche e di quadri poco noti dell’artista lombardo. Tra la fine del cinquecento e gli albori del seicento Michelangelo Merisi si impose all’attenzione dell’ambiente italiano e internazionale, con la sua originale visione dell’arte che provocò una vera e propria rivoluzione stilistica. Il genio affrontò l’impegno nella pittura, con la stessa estrema decisione e con il medesimo coinvolgimento con cui fronteggiò la vita stessa. I suoi interessi spaziavano dal problema esistenziale dell’uomo al dramma della ricerca della verità, che non è mai imposta dall’alto né passivamente accettata. La sua produzione creativa, evolutasi in un arco temporale di diciotto anni, indaga la realtà drammatica in cui vive l’essere umano, espressa con un linguaggio coerente di cui luce e ombra sono i protagonisti assoluti. Quella del Merisi fu una “vita violenta”, un’esistenza condotta all’insegna della ribellione contro la società che lo portò fuori dalla legge e, quindi, all’emarginazione. Nel periodo di formazione lombardo, ebbe un rapporto diretto con il naturalismo dei pittori cremonesi (Antonio e Vincenzo Campi, Sofonisba Anguissola) e approfondì la tradizione lombarda cinquecentesca (Moretto, Savoldo, Moroni). Il contatto diretto con questo spaccato culturale lo fece immedesimare nella concretezza degli eventi reali. Dopo il praticantato presso la bottega del Cavalier d’Arpino a Roma, decise di mettersi in proprio sviluppando una sua personale e originale tecnica pittorica. Fondatore della corrente naturalistica moderna, in contrapposizione al Manierismo e al Classicismo, Caravaggio ebbe fra i suoi committenti il cardinale Francesco Maria Del Monte, protettore degli affari del granduca di Toscana, i Doria, i Giustiniani, Ottavio Costa e Ciriaco Mattei. La retrospettiva a Palazzo Barberini comprenderà opere provenienti da vari musei internazionali. Sarà presente il Ritratto di Maffeo Barberini (1598), riscoperto nel 1963 ed esposto, per la prima volta, accanto ad altri capolavori dell’artista.

Quest’olio su tela è ritenuto il primo ritratto del monsignor Barberini, futuro papa Urbano VIII, all’età di trent’anni, promotore delle arti, poeta e collezionista. Il Merisi lo raffigura a tre quarti, seduto in poltrona e illuminato da un fascio di luce che viene dal basso, mentre emerge da uno spazio nudo ed essenziale. Compie un movimento con cui sembra impartire ordini a qualcuno che sta all’esterno, indossando una berretta e un abito talare verde su una veste bianca plissettata, stringendo una lettera nella mano sinistra, mantenendo uno sguardo impaziente, la bocca socchiusa e facendo un gesto improvviso con la mano destra. L’effetto della luce crea un’immediatezza naturalistica e le scarse tonalità cromatiche (bianco, verde, cinabro, giallo) conferiscono un’accentuata dinamicità alla figura. Il religioso rivestì vari incarichi tra cui quello di nunzio pontificio alla corte del re francese Enrico IV. Presente anche l’Ecce Homo (1605), rinvenuto nel 2021 a Madrid e conservato presso il Museo del Prado.

L’opera è ispirata al Vangelo di Giovanni (19, 5), là dove Pilato mostra Cristo al popolo con le parole “Ecce Homo!”. Merisi doveva possedere una cultura umanistica evidenziata dalla compresenza, all’interno di questo ritratto, di due momenti: la presentazione che Pilato fa di Gesù alle genti e l’attimo precedente in cui il Figlio di Dio, col capo ricoperto da una corona di spine, viene apertamente deriso. All’appello non poteva mancare Santa Caterina (1597) del Museo Thyssen-Bornemisza. Qui l’artista raffigura la santa in tre quarti, con lunghe vesti sontuose di colore blu, con lo sguardo in cerca dello spettatore e con il mezzo del suo martirio: la ruota dentata spezzata dal fulmine. Messa a morte nel 305 d.C. dall’imperatore Massimino Daia, la donna visse un supplizio che si rivelò inefficace perché un fulmine ruppe la ruota, per cui venne decapitata. L’aggiunta di un corpetto fino a terra e un cuscino rosso danno l’idea di un drappeggio scenico, espressione di un ricercato cromatismo e di un accentuato virtuosismo. La spada che tiene in mano è un’arma da duello, che serve al pittore per evidenziare diverse tonalità di colore: in alto il violaceo del sangue (indice del martirio), in basso quello lacca-cremisi del cuscino che si riflette. Marta e Maddalena (1598), custodito nell’Institute of Arts di Detroit, è un olio su tela che mostra le sorelle bibliche, Marta e Maddalena. La prima è colta nell’atto di convertire la seconda ad una vita religiosa, allontanandola dal peccato. La santa ha il volto oscurato, si sporge in avanti e si rivolge alla sorella, intenta a far roteare un fiore d’arancio e, con il braccio sinistro, a reggere uno specchio che simboleggia la vanità. Caravaggio, in questo bel quadro, vuole comunicare l’idea per cui non è mai troppo tardi per convertirsi al cristianesimo e per cambiare il proprio cuore, in linea con la finalità del giubileo. Saranno anche esposti i tre quadri commissionati all’artista dal banchiere Ottavio Costa: la Giuditta e Oloferne (1599), il San Giovanni Battista (1598) e il San Francesco in estasi (1594-95). La Giuditta e Oloferne a Palazzo Barberini rievoca la vicenda di Giuditta, una giovane vedova ebrea che uccide il generale assiro Oloferne, pronto ad assalire gli israeliti con il suo esercito. La storia è rappresentata in tutta la sua realtà, crudeltà e nudezza. Il genio lombardo è stato capace di fermare in un istante il momento dell’uccisione, quando il generale sta per morire con la bocca spalancata e un grido che si sta per spegnere. I tre personaggi sono circondati da un drappo sullo sfondo e si trovano coinvolti in un gioco di contrasti: luce e ombre, vecchiaia e giovinezza, vita e morte, forza e fragilità. La luce viene da sinistra e illumina Giuditta con la fronte aggrottata, mentre cerca di infondere nel suo gesto tutta la forza che ha in corpo. Accanto a lei c’è l’ancella Abra, che guida lo sguardo del pubblico verso una così estrema violenza. Il San Giovanni Battista, conservato al Nelson-Atkins Museum di Kansas City, raffigura il santo nell’atto di meditare in un ambiente ombroso accanto ad un montone, che simboleggia la redenzione dell’uomo mediante il sacrificio di Gesù. Giovanni poggia su un drappo rosso, che è il colore del martirio, e tiene in mano un’esile canna che allude alla penitenza e alla preghiera (temi tipicamente giubilari). Il San Francesco in estasi (1594-95) del Wadsworth Atheneum of Art di Hartford è il primo soggetto sacro eseguito da Caravaggio, facente parte della collezione del cardinale Del Monte, devoto del Poverello d’Assisi. Il frate è colpito da una visione mentre si trova sul monte della Verna, in compagnia di frate Leone e di alcuni pastori. In questo quadro, in cui l’oscurità è dominante e in cui la luna rappresenta l’unica fonte di luce, che modella i contorni, Francesco ha appena ricevuto una visione e reca le stimmate sul costato, mentre l’angelo lo sorregge e gli afferra il cingolo, i cui nodi sono i voti di professione religiosa: obbedienza, castità e povertà. Il dipinto ricorda l’abbandono da parte del santo dei beni materiali. I Bari (1594), infine, conservato al Kimbell Art Museum di Fort Worth, ritrae due giovani che giocano a carte, alla presenza di un “baro” che appoggia l’imbroglione. Caravaggio crea uno spazio illusorio che si allunga in profondità: tutto sarebbe immerso in una completa atmosfera buia, se non fosse per una luce che viene da sinistra e che immette le figure in una condizione luminosa. La scena teatrale è descritta in tutto il suo realismo e lancia un messaggio morale: i vizi vanno condannati e non è possibile conoscere la propria sorte, sfidando l’imperscrutabilità della legge divina. Queste e altre opere serviranno per esaltare Caravaggio, che sconvolse i canoni pittorici e il panorama religioso e culturale del suo tempo, facendosi portavoce di una nuova modernità. Osservare le sue creazioni vuol dire vivere un’esperienza di bellezza, verità e umanità. “Caravaggio è “vero ed umano”, capace di parlare direttamente al cuore di chi lo osserva” ha detto la storica dell’arte Mina Gregori.