India, nel cuore dell’emergenza i padri Minimi

Per i frati di san Francesco di Paola la scelta di condividere la povertà di questo popolo non è cosa nuova. In passato, così oggi, i frati non si risparmiano in quella che è una vera e propria scelta di vita per amore del popolo; tre sacerdoti e una trentina tra chierici e novizi, si stanno adoperando per alleviare le sofferenze e rispondere alle emergenze della grande inondazione, collaborando con la popolazione e le istituzioni locali; mancano cibo e acqua e scarseggiano i medicinali, altre giornate di pioggia sono attese e l’emergenza continua.

La stagione dei monsoni non accenna a placarsi. Nei prossimi giorni, dopo un po’ di tregua, annunciata una nuova perturbazione soprattutto sullo Stato del Kerala, dove è presente una comunità di padri Minimi di San Francesco di Paola. Frate Sjo’ Kannampuzha parla di una situazione disastrosa. “E’ piovuto 45 giorni di seguito, tremila villaggi e 30 città sono sott’acqua, soprattutto nella zona centrale e meridionale. I morti aumentano ogni giorno e siamo oltre le centinaia”.

Un quadro davvero drammatico quello dipinto dal figlio di san Francesco di Paola che opera nella zona delle inondazioni da alcuni anni. A risentirne soprattutto i poveri, quelli che hanno case di fortuna o piccole abitazioni a piano terra. “Le famiglie vengono spostate nei campi di soccorso, ma le autorità fanno fatica per l’immane tragedia e la comunicazione che si è resa quasi impossibile – aggiunge il frate – qui prima dell’arrivo dei soccorsi ci si deve organizzare insieme a volontari, autorità locali, religiosi, insieme a quanti si rendono disponibili a collaborare”.

I frati sono al sicuro e si sono subito messi  a lavoro; informano i superiori e i conoscenti attraverso i social, quando c’è un po’ di linea, “ma le erosioni del terreno non lasciano presagire nulla di buono”. Una inondazione simile non accadeva da circa un secolo. Il frate fa riferimento ai racconti dei vecchi che parlano dell’inondazione del 1924, anche allora una calamità senza precedenti che colpì l’intera regione seminando distruzione e morte.

Ma anche in questi giorni la pioggia, l’acqua dei fiumi ingrossati, sta devastando il territorio che è diventato tutto franoso. Vaste distese collinari riversano a valle detriti e materiale fangoso, ancora più pericoloso dell’acqua. Il frate parla di oltre 350 vittime “e di zone dove abbiamo conoscenti ed amici, anche familiari che ancora sono irraggiabili”.

“La solidarietà nella tragedia non manca – aggiunge padre Sjo’ – accanto alla struttura ufficiale gruppi di persone che non si risparmiano, mettendo anche in pericolo la loro vita. Il popolo del Kerala è un popolo che sa lottare, senza mezzi né grandi strutture statali, ma che non si risparmia. Sono comuni scene di persone che si caricano sulle spalle bambini e anziani. Anche la politica sembra aver dato una dimostrazione di unità, non c’è spazio per polemiche e critiche, nessuno si è lasciato andare nel gioco delle colpe”.

Ma tutto questo non è sufficiente, riferisce il frate, il Kerala da solo non c’è la può fare. Chiede preghiere, invita alla solidarietà secondo i canali ufficiali indicati dalla Caritas internazionale e per l’Italia alle indicazione che vengono da quella nazionale.

Per i frati di san Francesco di Paola la scelta di condividere la povertà di questo popolo non è cosa nuova. In passato, così oggi, i frati non si risparmiano in quella che è una vera e propria scelta di vita per amore del popolo, vivendo intensamente quella “spiritualità della grotta” che ha sempre insegnato loro a penetrare la storia al di là degli aspetti esteriori ed epidermici. L’intera comunità di frati, tre sacerdoti e una trentina tra chierici e novizi, si stanno adoperando per alleviare le sofferenze e rispondere alle emergenze, collaborando con la popolazione e le istituzioni locali; mancano cibo e acqua e scarseggiano i medicinali, altre giornate di pioggia sono attese e l’emergenza continua.