Cultura
Invidiosi dei raggi spaziali?
I sintomi "a gravità zero" fanno svanire ogni fantasia.
Chissà quanti di noi, seguendo in televisione uno dei tanti collegamenti video con l’ormai celeberrima Samantha Cristoforetti – prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia spaziale europea e prima donna italiana nello spazio, attualmente impegnata nella missione “Expedition 42” sulla Iss (stazione spaziale internazionale) – hanno provato un piccolo moto di sana invidia per gli spettacolari panorami visivi che si possono godere da lassù. Forse anche a noi piacerebbe, almeno per qualche giorno, vivere la medesima esperienza, se ce ne fosse data l’occasione. In tal caso, allora, sarà meglio conoscere in anticipo cosa ci aspetterebbe, effetti fisiologici collaterali compresi. E sì, perché è ormai ben noto alla medicina spaziale che l’esposizione prolungata all’assenza di peso (assenza di gravità) – tipica condizione degli astronauti in orbita – comporta alcuni effetti nocivi sulla salute. La nostra fisiologia normale, infatti, è perfettamente adattata alle condizioni di vita sulla Terra. Di conseguenza, in assenza di gravità, come nello spazio, il nostro organismo comincia parzialmente ad alterarsi, con potenziali problemi – di carattere temporaneo o anche di lungo termine – per la salute. Entriamo un po’ più nel dettaglio.Secondo l’esperienza fin qui acquisita, già dopo un paio di ore in assenza di peso, l’uomo sperimenta i primi fenomeni, che la medicina spaziale descrive nel loro insieme come “Sindrome da adattamento allo spazio” (Sas), più comunemente denominata “mal di spazio”. La sua poco “simpatica” sintomatologia, infatti, comprende sensazione di nausea, mal di testa, letargia (predisposizione al sonno continuo), vomito e malessere diffuso. Niente male come inizio! La durata del “mal di spazio” è variabile, ma per fortuna in nessun caso, finora, ha superato le 72 ore; dopo questa fase, infatti, gli astronauti si abituano al nuovo ambiente ed i fastidiosi effetti collaterali tendono a svanire. Beh, tutto qui? Ahimè, purtroppo no. Dopo cir ca cinque giorni di permanenza nello spazio a gravità zero, comincia a mutare parzialmente anche l’aspetto esteriore della persona. Si può notare, infatti, un leggero rigonfiamento del viso (“volto a luna piena”) e un progressivo dimagrimento degli arti inferiori (“gambe da uccello”) con perdita della massa muscolare. Ciò è dovuto al fatto che, in assenza di gravità, i liquidi dell’organismo, non più attratti verso il basso, si distribuiscono in modo pressoché omogeneo in ogni distretto corporeo, modificandone in parte le fattezze. A risentirne sono soprattutto i vasi sanguigni e linfatici della parte superiore del corpo che irrimediabilmente si gonfiano. Ecco perché anche Samantha Cristoforetti, nelle immagini che ci giungono dallo spazio, appare sempre col volto paffuto (nonostante la poco invitante alimentazione “spaziale” di cui si nutre!). Per risolvere questo problema, tra vari tentativi sperimentali, vi è anche l’applicazione di una pressione negativa nella parte inferiore del corpo. Per realizzarla, gli astronauti indossano una sorta di vestito spaziale, il “Chibis suit”, dotato di un microprocessore in grado di creare un vuoto parziale variabile dalle anche in giù, in modo che i fluidi siano veicolati verso le gambe invece di accumularsi nel tronco e nella testa. Man mano che perdura la condizione di assenza di gravità, si presenta poi un altro problema per la nostra salute: il verificarsi di una crescente atrofia muscolare generalizzata. I muscoli, infatti, cominciano a perdere tono e volume perché non ci sono più sforzi fisici da fare che li tengono allenati. Per questo gli astronauti devono eseguire giornalmente esercizi con “tapis roulant” o con elastici, flettendo braccia e gambe per ricreare in parte lo sforzo che farebbero in presenza di gravità. Ma forse, l’effetto collaterale più significativo dell’assenza di gravità è il progressivo deterioramento dello scheletro, noto anche come “osteopenia da spazio”, dovuto alla perdita di calcio n elle ossa, che inizia subito dopo l’ingresso in una condizione di microgravità e che già in tre mesi provoca una sensibile osteoporosi.Ma non finisce qui. Tra i sintomi “a gravità zero” sono da annoverare anche il rallentamento del sistema cardiovascolare, una ridotta produzione di globuli rossi, disfunzioni dell’equilibrio e un indebolimento del sistema immunitario. Tra i sintomi minori, invece, si registrano perdita di massa corporea, congestione nasale, disturbi del sonno, eccessiva flatulenza e rigonfiamento facciale. Ma, per fortuna, tutti questi effetti sono pienamente reversibili una volta tornati sulla Terra.Vita dura quella degli astronauti! A proposito, ancora invidiosi dei viaggi spaziali?