La Calabria, una terra dove fiorisce carità e perdono

Dopo la lettera pastorale dei Vescovi calabresi nel sesto centenario della nascita del Santo Patrono..."Chissà come avrebbe reagito Francesco di fronte ai mafiosi che si macchiano dei peggiori soprusi e poi lo portano in spalla nelle processioni".

Seicento anni son tanti, ma l’attualità di Francesco di Paola è intatta. La sua vita, sintetizzata nella lettera  dei Vescovi calabresi, fu così intensa da renderlo subito celebre e ricercato. Ecco, dunque, il primo messaggio che ci viene: è possibile far grandi cose in Calabria e dalla Calabria. Quando si è ricchi dentro la “periferia” si trasforma in centro vitale, punto di riferimento e strumento di irradiazione. Il giovane asceta scelse le grotte del suo paese come palestra per allenare lo spirito, divenuto tanto brillante da richiamare l’attenzione del re di Francia Luigi XI (il Barack Obama dell’epoca). Dai romitaggi calabri fu catapultato alla sua corte, a Tours, nell’ombelico d’Europa, precursore di tanti migranti calabresi. Nella lettera i Vescovi parlano delle emergenze sociali della nostra terra, dal degrado ambientale alla mancanza di lavoro, dalla corruzione politica alla piaga della ’ndrangheta. Anche chi ne fa parte può contare sulla misericordia divina, a patto che cambi radicalmente vita. Non bastano i gesti devozionali. Chissà come avrebbe reagito Francesco di fronte ai mafiosi che si macchiano dei peggiori soprusi e poi lo portano in spalla nelle processioni. Lungo i secoli il santo paolano è stato dipinto curvo, con lo sguardo dolce e gli occhi al cielo; in realtà era un marcantonio che urlava contro i malfattori e usava il bastone, se necessario. Secondo la tradizione popolare era zirrusu, impetuoso nel difendere la giustizia. Quando nel 1984 Giovanni Paolo II visitò la Calabria, disse che i calabresi si riconoscono in Francesco di Paola perché ha espresso le loro caratteristiche migliori: tenacia, laboriosità, semplicità, attaccamento alla fede. Incarnando le virtù del santo, si potrà debellare il male sociale, cancellare l’omertà, rompere le complicità dettate dalla paura, spezzare la tragica catena di vendette. Tornerà allora la convivenza serena e la Calabria sarà il luogo «in cui fiorisce la carità e il perdono». Karol Wojtyla è morto il 2 aprile del 2005, festa liturgica del santo calabrese. Val la pena ripetere la preghiera con cui quel papa, proclamato a sua volta santo, concluse il discorso: «San Francesco dal cielo ottenga per la sua Calabria la serenità, la concordia degli animi, il rispetto della persona umana e il lavoro per tutti».