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La Chiesa anglicana si è divisa sui matrimoni omosessuali
Convocati a Canterbury dall’arcivescovo Welby, i primati delle 38 province anglicane hanno deciso di “sospendere” per un periodo di tre anni la Chiesa episcopale statunitense (Tec), che nel 2003 ha ordinato il suo primo vescovo dichiaratamente gay, Gene Robison. Nel comunicato finale affermano: il matrimonio è “una unione fedele per tutta la vita tra un uomo e una donna”.
Cinque giorni di lavoro intenso a porte chiuse. Nessuna dichiarazione era consentita. Nessun comunicato ufficiale è stato diffuso nel corso dei lavori. Segno di un confronto serrato alla ricerca di una unità perduta da ristabilire. Alla fine il pericolo di un irrimediabile scisma interno è stato evitato e i primati delle 38 Province anglicane hanno preso una decisione importante: “sospendere” per un periodo di tre anni la Chiesa episcopale statunitense (Tec), la branca della Chiesa anglicana a stelle e strisce, che nel 2003 ha ordinato il suo primo vescovo dichiaratamente gay, Gene Robison. In seguito a quella decisione diverse Chiese anglicane, soprattutto in Asia e in Africa, hanno rotto le relazioni con la Chiesa episcopale. Da allora la Comunione anglicana si è spaccata in due.
Divisa tra l’area dei cosiddetti liberali che hanno continuato a procedere sulla strada della “modernità” con ordinazioni di sacerdoti dichiaratamente gay e pastore lesbiche e l’area più conservatrice che nel 2008 boicottò addirittura la Lambeth Conference, la più importante riunione dei Primati anglicani, a causa della presenza della Chiesa episcopale. Sia Rowan Williams sia l’attuale arcivescovo di Canterbury Justin Welby hanno assiduamente lavorato in questi anni per mantenere il più possibile unite le diverse Province della Comunione. Un’impresa difficilissima tanto che si è parlato spesso della possibilità di uno scisma. Ed è proprio per evitare la spaccatura definitiva che l’arcivescovo Welby ha indetto l’incontro di Canterbury. Era l’estrema carta che gli rimaneva da giocare. All’invito dell’arcivescovo hanno risposto tutti i primati delle Province anglicane. Dal Canada e Stati Uniti alla Nigeria. Per cinque giorni si sono chiusi nei locali della cattedrale di Canterbury. Testimoni hanno parlato prima di una atmosfera “elettrica”, poi “depressa”, infine “esausta”.
Il comunicato finale è stato diffuso nella serata di giovedì 14 gennaio, prima della conferenza stampa di venerdì 16. Il documento era trapelato e così i primati hanno deciso di pubblicarlo integralmente in anticipo per evitare “speculazioni”. “Questo accordo – si legge nel testo – riconosce la notevole distanza che rimane” tra le diverse Province, ma “conferma l’impegno unanime a camminare insieme” e a “continuare la vita della Comunione senza vincitori e vinti”. In realtà, un perdente alla riunione di Canterbury c’è stato: la Chiesa episcopale degli Stati Uniti. Al riguardo, il comunicato finale è molto chiaro: “I recenti sviluppi nella Chiesa episcopale rispetto ad un cambiamento nel loro canone sul matrimonio rappresenta un fondamentale allontanamento dalla fede e dall’insegnamento seguito dalla maggioranza delle nostre Province sulla dottrina del matrimonio”. I primati ribadiscono che alla luce dell’insegnamento della Scrittura, la Chiesa “sostiene il matrimonio come una unione fedele per tutta la vita tra un uomo e una donna”. E aggiungono: rompere autonomamente con questo insegnamento è considerato da “molti di noi” come “un allontanamento dalla responsabilità reciproca e dalla interdipendenza implicita” che esiste nella Comunione anglicana. Sono azioni – incalzano i Primati – che “danneggiano ulteriormente la nostra Comunione e creano una sfiducia profonda tra di noi”.
Da qui la decisione di sospendere la Chiesa episcopale per un periodo di tre anni.
In concreto, significa che la Chiesa statunitense non può più rappresentare la Comunione anglicana negli organismi ecumenici e interreligiosi; che i loro membri non possono essere nominati o eletti ad un Comitato interno permanente e che, durante la partecipazione ad incontri della Comunione anglicana, non prenderanno parte al processo decisionale. Decisione, quest’ultima, significativa, visto che nel 2018 è prevista la Lambeth Conference. È stata infine decisa anche la costituzione di un gruppo di lavoro per ristabilire i rapporti e la fiducia reciproca tra le Chiese. Immediata la reazione della Gafcon, la Rete mondiale delle Chiese anglicane rimaste saldamente legate alla “tradizione”. L’azione decisa nei confronti della Chiesa episcopale americana – si legge in un loro comunicato – “non deve essere vista come una fine, ma come un inizio”.
Le Chiese tradizionaliste si dicono molto preoccupate per gli sviluppi che ci sono stati nella Chiesa canadese che ha consentito in questi anni la benedizione di unioni omosessuali e l’ordinazione di sacerdoti apertamente gay. “Noi temiamo che altre Province facciano lo stesso”. Nel comunicato, la Gafcon ricorda che sono sempre più numerose le persone che aderiscono alla loro Rete e concludono: “Siamo incoraggiati nella nostra convinzione che è stato Dio a chiamarci a lavorare per la Comunione anglicana, che è una autentica famiglia globale di Chiese”.