Editoriali
La concretezza e l’urgenza dei diritti umani. Riflessioni a margine dell’incontro Aiga a Cosenza

Un evento bello nella nostra città, dove sono convenuti 250 giovani avvocati italiani. Il tema scelto è stato quello dei diritti umani. Una questione di rilevante importanza a livello locale e sovranazionale
Facendo leva sulla mia formazione giuridica, mi sono occupato brevemente dei diritti umani in un articolo apparso qualche tempo fa sulla rivista Orientamenti pastorali. Anche per questo ho appreso quanto meno con curiosità, ma anche con piacere, che l’incontro nazionale di 250 giovani avvocati italiani svoltosi a Cosenza avesse come tema proprio quello dei diritti umani e, in particolare, come sottotitolo evocativo “il coraggio di essere umani”. Ho apprezzato, da studente e negli anni a seguire, i docenti di filosofia del diritto e di biogiuridica dell’Unical, il loro approccio, le risultanze delle loro ricerche. Ho visto con piacere che all’incontro bruzio, organizzato dall’ottimo collega Giuliano Arabia, e a cui hanno dato il loro contributo avvocati dal volto umano come Andrea Borsani, Claudio De Luca e altri, abbia partecipato anche il professore Gian Pietro Calabrò, insigne filosofo del diritto, giurista cattolico e difensore del diritto alla vita. Il mio punto di vista, anche nella scelta del catalogo dei diritti umani, è poi francamente cristiano e secondo l’insegnamento della Chiesa nell’età moderna e contemporanea.
La scelta del tema da parte dell’Aiga accresce la consapevolezza che il tema dei diritti umani non è un orpello dell’ordinamento giuridico, né una teorizzazione priva di rilievi pratici. È, al contrario, una tematica di stretta e concreta attualità, perché i diritti dell’uomo richiedono una presa di coscienza di ciò che l’uomo è.
Difatti, è bene ribadirlo come da scuola, il diritto umano è ciò che appartiene all’uomo per natura, ovvero ciò che lo Stato non deve concedere ma semplicemente riconoscere, perché già proprio dell’uomo in quanto tale. Recuperare tale definizione nella sua purezza, cioè pur sempre mediata dalla categoria del linguaggio del diritto, significa accettare l’idea di una gerarchia assiologica che non limita il catalogo dei diritti, in qualsiasi maniera definiti, ma li colloca nella loro giusta dimensione.
Questo significa che non tutti i diritti o le istanze rivendicati sono diritti fondamentali o diritti umani. Cioè significa che, accanto e diversamente dai diritti che sono a fondamento, vi sono diritti che lo Stato (certo anche gli organismi sovranazionali) è chiamato a concedere o che semplicemente sceglie di concedere nel suo determinato ambito sovrano, e che spesso assumono il nome di ‘facoltà’, e che però non sono collocabili nel contesto dei diritti umani.
L’impegno delle comunità organizzate, come scrivevo sia nel mio “Bussole di un nuovo umanesimo” che nel recentissimo libello “Fare Giubileo”, è quello di farsi latore di politiche tese a riconoscere i diritti umani e di battagliare in concretezza perché nel mondo cessino le gravi violazioni di tali diritti, legati alla vita, alla dignità delle persone e all’uguaglianza a parità di condizioni.
Ma il macrocosmo è almeno un insieme di microcosmi. Nel piccolo delle comunità il medesimo impegno spetta a quanti, assolvendo a fondamentali compiti nella società, sono facitori di giustizia. Per questo spetta ai magistrati, agli avvocati, ma anche a quelle figure di mediazione che popolano il mondo del diritto.
Fabio Mandato
(Avvocato, giornalista)
