Giubileo
La Crocifissione Bianca di Chagall in mostra a Palazzo Cipolla
Il pittore russo vuole rappresentare nella sua opera il dolore degli ebrei nella seconda guerra mondiale
Tra gli eventi culturali in programma per l’avvio del Giubileo del 2025 vi è la mostra “Chagall a Roma. La Crocifissione Bianca”, inaugurata presso il Nuovo Museo del Corso nella sede di Palazzo Cipolla lo scorso 27 novembre. Si tratta della quarta esposizione nell’ambito della rassegna “Giubileo è cultura” a cura del Dicastero per l’Evangelizzazione, visitabile fino al 27 gennaio. Cuore di questa vetrina artistica è la “Crocifissione Bianca”, il celebre dipinto di Marc Chagall giunto, per la prima volta, in Italia dall’Art Institute di Chicago dov’è conservato. Nato nel 1887 nella cittadina di Vitebsk, nell’odierna Bielorussia, da una famiglia di origine ebraica, e morto a Saint-Paul-de-Vence nel 1985, Chagall è stato tra gli artisti che hanno inciso maggiormente sulla storia dell’arte novecentesca. Studiò l’antica lingua dei giudei e fu educato agli insegnamenti della Torah e del Talmud. Essendo ebreo visse in prima persona le difficoltà della sua comunità, nel periodo in cui venivano eseguiti i pogrom russi. Dopo qualche tentennamento da parte della famiglia, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti a San Pietroburgo dove conobbe vari artisti e si interfacciò con più stili. Per finanziarsi gli studi lavorò come artigiano dipingendo insegne di negozio, mentre si dilettava a realizzare le sue prime opere. Divenuto un noto pittore, lasciò San Pietroburgo per Parigi nel 1910 avvicinandosi alla comunità artistica di Montparnasse. Tornò poi in Russia allo scoppio della prima guerra mondiale, soggiornò a Berlino e poi fece ritorno in Francia, dove rimase fino alla sua morte. Qui conobbe diversi intellettuali tra cui Guillaume Apollinaire, Robert Delaunay e Fernand Léger. Fu attento alle ricerche avanguardiste tra cui il fauvismo, il surrealismo e il cubismo, mantenendosi sempre scettico specialmente nei confronti di quest’ultimo movimento che, a suo avviso, era troppo realista e attaccato al lato fisico delle cose. Chagall, invece, svelò nella sua arte un’essenza fantasiosa, onirica e malinconica, profondamente radicata nella tradizione poetica e religiosa ebraica russa. Si sentiva attratto – a suo dire – “dal lato invisibile, quello della forma e dello spirito, senza il quale la verità esterna non è completa”. Nella sua pittura si mescolano la Russia, l’ebraismo ed Henri Matisse, il più importante rappresentante del movimento dei “Fauves”, che puntava all’esaltazione della soggettività dell’arte e all’uso del colore come elemento compositivo fondante delle opere. Chagall sperimenta un linguaggio ricco di cromatismi accesi e di accostamenti contrastanti. Dipinge nature morte sintetiche, traballanti, percorse da lumeggiature che complicano la visione. Mescola linguaggi diversi nei suoi quadri, dal cubismo al fauvismo, da Van Gogh all’espressionismo, ma non si legherà mai a nessuno di essi. Chagall è la prova che in un artista possono convivere e conciliarsi più ricchezze culturali, senza che ci sia necessariamente uno scontro. Sono costanti nelle sue opere simboli e segni della sua vita e “acrobazie” della sua immaginazione senza contesto, accompagnate da colori antinaturali, vivaci e brillanti (gatti dalla faccia umana, donne che volano, mucche umanizzate e oggetti ingranditi a dismisura). Sono esempi di questo suo stile quadri come “Parigi dalla finestra” (1913), “La passeggiata” (1917-18), “Alla Russia, agli asini e agli altri” (1911). Sin dalla gioventù Chagall fu affascinato dalla Bibbia, da lui considerata “la più importante fonte di poesia e di arte” . Nel 1903 l’editore e mercante d’arte francese Ambroise Vollard gli commissionò una serie di tavole a tema biblico. Il maestro russo vi si dedicò e intraprese anche un viaggio in Palestina nel 1931 per trarre ispirazione. A partire dal 1935 il tema al centro dei suoi interessi divenne proprio la crocefissione. “La Crocifissione bianca”, madrina della mostra attualmente in corso, fu dipinta in seguito al tragico evento della “Notte dei Cristalli” del 9-10 novembre 1938, un pogrom che accentuò le persecuzioni ebraiche in Germania e in tutti i territori occupati dai nazisti e sotto l’influenza russa. Chagall interseca l’idea del dolore cristiano con il martirio ebraico, presentando Cristo come il simbolo sommo dell’ebreo oppresso e umiliato. Nel quadro Gesù crocifisso è posto al centro della composizione, è illuminato da un fascio di luce bianca proveniente dall’alto, che è il simbolo della purezza e della speranza che vince sull’odio e sulla disperazione (il grigio ai lati), è avvolto in uno scialle di preghiera ebraico (tallit), anziché nella tradizionale corona di spine, e il capo è circondato da un panno bianco. Attorno a Gesù, sono rappresentati tre patriarchi biblici e una matriarca, vestiti con abiti tradizionali ebraici. Ai lati della croce emergono i segni della devastazione dei pogrom: a sinistra, un villaggio saccheggiato costringe i rifugiati a fuggire in barca, mentre tre figure barbute scappano a piedi, una delle quali stringe la Torah. A destra, una sinagoga e l’arca della Torah sono in fiamme, mentre in basso una madre conforta il suo bambino, coprendogli gli occhi per non fargli vedere gli orrori del mondo. Con quest’opera Chagall vuole tratteggiare la dura situazione del suo popolo durante la seconda guerra mondiale, denunciando ogni forma di discriminazione e cercando di mantenere viva la memoria delle atrocità subite dai suoi connazionali, affinché nessuno dimentichi mai. La Crocifissione Bianca mostra il ruolo cruciale che svolge la croce, nell’essere emblema dell’amore immenso di Gesù per l’umanità. Da essa discende la Speranza che è stata scelta come motore del prossimo anno giubilare. L’opera è particolarmente cara a Papa Francesco perché, a suo dire, esprime un “dolore pieno di serenità” ma anche un messaggio di fratellanza e di riconciliazione tra culture e fedi.