Cultura
La cultura data in pasto agli studenti
Intervista all’insegnante e scrittrice Titti Preta
“Gli occhi neri di Aisha”, “La malandrina”, “Dai che ce la fai” e “L’enigma della fontana scomparsa” sono solo alcuni dei titoli che Titti Preta presenta ai giovani studenti che incontra nelle scuole degli istituti calabresi. Così, l’insegnante di latino e greco del Liceo Classico Morelli di Vibo V., che ha fatto della “calabresità” e della cultura il suo marchio di fabbrica, sfrutta ogni settimana il suo “giorno libero” per proporre, attraverso i suoi libri, un modello culturale a misura di ragazzo. Noi l’abbiamo incontrata nella scuola media “De Coubertin” di Rende dove la scorsa settimana, su invito della professoressa Paola Campanella nell’ambito della campagna “Libriamoci 2018” promossa dall’IC Rende-Commenda, ha risposto alle domande degli studenti della III D e III C sui libri che i ragazzi stanno leggendo in classe.Tra i suoi tanti lavori letterari, quelli rivolti ai ragazzi, hanno sempre rivestito un’importanza particolare. Qual è il messaggio che vuole veicolare?Si tratta di un messaggio formativo, mai distruttivo, ma sempre costruttivo anche quando si parla di temi scottanti come, ad esempio, il bullismo. I ragazzi devono capire che, nonostante la tragicità di alcune storie, può e deve esserci un risvolto positivo. Anche nel dramma dell’immigrazione è così. Viene raccontata la rottura del nucleo familiare e i drammi che queste persone vivono e si portano dietro. Ma, poi, c’è la nascita di una nuova storia, di una nuova vita che può arricchire proprio chi sa accogliere. Bullismo e accoglienza dunque. Due tematiche che si intrecciano?La possibilità di capire l’altro nel bullismo così come nell’accoglienza diventa il filo conduttore che unisce le due cose. L’immagine del diverso che ci arricchisce è quella che voglio mostrare agli occhi dei ragazzi. Diverso che non necessariamente è lo straniero, ma può essere il nostro compagno di classe che non ha le scarpe firmate o l’ultimo modello di cellulare. Dobbiamo puntare su una società che sia capace di accogliere chi ha la pelle di un colore diverso o è di una religione diversa dalla nostra. La nostra deve essere una società delle uguaglianze nelle diversità. E dobbiamo farlo partendo proprio dai ragazzi.Lei è insegnante da tanti anni e madre di tre ragazzi. I suoi libri sono il tentativo di rispondere a quelle che ha individuato come derive educative?La deriva educativa non riguarda solo i ragazzi che, purtroppo, sono il frutto di una società che vive una deriva culturale. Non è sempre colpa loro se si lasciano andare, se non leggono, se non affrontano alcune problematiche. Tanti sono però i momenti da cogliere, anche nelle scuole, dove si propongono diversi momenti culturali a loro rivolti. Il rischio, però, è quello di trasformare la scuola in un’oasi dove il messaggio di legalità e cultura resta confinato tra le mura delle aule. Scuola, società e famiglia devono collaborare sempre di più.Allora quale può essere la ricetta da seguire?Dobbiamo scommettere sul futuro dei nostri ragazzi. In tante scuole gli studenti sono stimolati da insegnanti che, grazie alla continuità didattica e alla voglia di coinvolgere gli studenti in attività che vanno al di là della semplice lezione, fanno vivere loro questi momenti che ritengo unici. Perchè l’incontro con l’autore di un libro così come la partecipazione ad altre attività extra scolastiche aprono piste e riflessioni spesso inaspettate.