Chiesa
La festa ai Santi Patroni, che dovrebbe essere sobria e soprattutto spirituale, si sta trasformando invece in una fiera delle vanità e delle stravaganze
Mentre nel Centro Italia un terremoto ha distrutto interi paesi provocando quasi 300 morti e centinaia di feriti, noi da 4 giorni che stiamo facendo festa anche in maniera esagerata con illuminazione eccessiva e feste di piazza come se tutto ciò che è avvenuto non ci riguardasse. Nell'omelia pronunciata ieri in Cattedrale (che riproponiamo integralmente), per la festa di San Fortunato Martire, Monsignor Luigi Renzo, vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea richiama i cristiani alla sobrietà
Quest’anno la festa ha un sapore diverso perchè ci apprestiamo a vedere la nostra Cattedrale insignita del titolo di Basilica Minore: un bell’attestato di fiducia concesso a noi da Papa Francesco in questo Anno Giubilare della Misericordia. Per la circostanza sarà tra noi il Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione del Culto Divino. E’ un evento storico che proietta la nostra Cattedrale in un rapporto tutto speciale di unità e di comunione con la Cattedra di S. Pietro e costituisce per tutti noi uno stimolo ed un richiamo ad una responsabilità maggiore per dare l’esempio di una vera vita evangelica ad edificazione di tutta la comunità diocesana.
In questo contesto di festa, anche se a qualcuno dispiacerà, ma devo manifestarvi il mio profondo turbamento per quanto sta accadendo in questi giorni. Mentre nel Centro Italia un terremoto ha distrutto interi paesi provocando quasi 300 morti e centinaia di feriti, noi da 4 giorni che stiamo facendo festa anche in maniera esagerata con illuminazione eccessiva e feste di piazza come se tutto ciò che è avvenuto non ci riguardasse. A questo aggiungo un altro fatto gravissimo, che mi ha fatto vergognare in me stesso. In Italia ieri è stato indetto un giorno di lutto nazionale in solidarietà alle vittime del terremoto, mentre noi ci siamo presi il lusso di effettuare uno spettacolo con spari e quant’altro di cattivo gusto. La festa ai Santi Patroni, che dovrebbe essere sobria e soprattutto spirituale, si sta trasformando invece in una fiera delle vanità e delle stravaganze, ignorando e disobbedendo addirittura alle Norme diocesane per le feste religiose. Tutto è ridotto a chiasso e fracasso. Non posso approvare tutto questo anche per lo scandalo che stiamo dando alle altre comunità della diocesi che guardano a Mileto come al luogo simbolo, modello di bene per tutti. A questo punto, sto seriamente riflettendo sulla opportunità di una mia presenza nel pomeriggio.
Chiedo a S. Fortunato, a S. Nicola e alla Madonna Assunta che ci siano di aiuto costante per non tradire il compito importante che ci è affidato come chiesa madre della diocesi e come prossima Basilica papale.
Ma per non rovinare ulteriormente la festa, veniamo al nostro San Fortunato. Della sua vita non conosciamo nulla e lo stesso nome non è il suo perchè gli è stato attribuito dal Papa Pio VI quando sono state rinvenute le sue pie spoglie per essere donate al vescovo Giuseppe Maria Carafa, che le accolse nell’antica cattedrale di Mileto nel 1777. Malgrado la mancanza di conoscenze dirette sulla vita, possiamo comunque immaginare quello che è avvenuto: l’imperatore di Roma rifiuta e sopprime la libertà religiosa. Il nostro Fortunato fu vittima di questo fondamentalismo pagano, che, ieri come oggi, produce solo danni e vittime sacrificali. Lui è stato una vittima coraggiosa perchè ha creduto nel Vangelo di Gesù e ne ha fatto la ragione della sua vita senza piegarsi ai compromessi: è certamente già questo un forte richiamo per noi, che spesso non mettiamo il Signore al centro della nostra vita e delle nostre scelte, seguendo strade sbagliate e trovando la scusa che non abbiamo tempo. La cosa grave è che questo ci fa sentire in pace con noi stessi. Così saltiamo la messa domenicale, tralasciamo di seguire i 10 comandamenti del Signore, ci costruiamo da soli la religione e le tradizioni da seguire. Con questo stile le conseguenze ed i disastri li vediamo ogni giorno: il fratello che spara per gelosia alla sorella, un altro ammazza il vicino, distruggiamo l’ambiente e l’habitat in cui viviamo. Stiamo costruendo la nostra torre di Babele con tutte le sue illusioni di potenza. Peggio di così non potremmo fare.
S. Fortunato oggi ci invita ad una svolta, lui che non si è preoccupato di avere successo, – forse glielo avranno pure offerto se avesse abiurato alla fede – di racimolare denaro e gloria umana, di salvare la faccia davanti alla gente. Egli agisce nella prospettiva di Dio e anche se deve affrontare il martirio non si preoccupa di perdere la sua vita perchè sa che Dio lo ama e lo accoglierà a braccia aperte e questo gli basta. Comprendiamo che la sua non è stata una religione “toccata e fuga”, una religione di facciata e “da salotto”, fatta di belle parole e di buone intenzioni e niente di più. Papa Francesco ci sollecita a reagire a tutto questo e a non guardare il mondo dal balcone; ci invita ad uscire per le strade a seminare amore nel cuore di tutti.
La vita cristiana si misura non dalla pomposità delle feste che organizziamo, ma dalla capacità che abbiamo di amare Dio e di amarlo nel prossimo; nella capacità di saper accogliere la misericordia di Dio e di saperla diffondere perdonando a nostra volta le offese che riceviamo. E’ tremendo sentire sulla bocca di un cristiano, che magari frequenta anche i Sacramenti, “Dio potrà perdonare, ma io non perdonerò mai”. Significa restare veramente infelici dentro. La misericordia, invece, come ci sta ripetendo il Santo Padre soprattutto in questo anno giubilare, “è un cammino che va dal cuore alle mani”: nel cuore siamo noi a ricevere la misericordia da Gesù, con le mani la portiamo ai fratelli per mezzo delle opere di misericordia corporali e spirituali. E’ quello che ripetiamo recitando il Padre nostro: “Rimetti a noi le nostre colpe, come (dopo che) noi le rimettiamo a chi ci offende”.
I Santi, come S. Fortunato e S. Nicola che oggi ricordiamo, ci insegnano questo, come questo ci insegna la Parola di Dio che abbiamo ascoltato.
La prima lettura dal Siracide (3,19ss.) ci apre la strada per non correre il rischio di sbagliare nei nostri comportamenti con il prossimo: “Figlio, compi le tue opere con mitezza e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile”. Mitezza e umiltà sono ammonimenti quanto mai attuali e si coniugano perfettamente con quanto Gesù ci propone nel Vangelo con la parabola degli invitati al banchetto a nozze (Lc. 14,1-14): “Quando sei invitato a nozze non metterti al primo posto perchè non succeda che…”. Chiaramente Gesù non vuole dare una lezione di galateo, o di “savoir faire”, ma vuole indicare uno stile di comportamento; è un invito a non essere mai presuntuosi e a mettere sempre gli altri prima di noi. Questa non è debolezza, ma segno di nobiltà di animo e di un cuore grande.
Anche Gesù, quindi, insiste prima sull’umiltà e poi più avanti sulla gratuità: “Quando tu offri un pranzo, non invitare solo i tuoi amici, quelli che ti possono contraccambiare l’invito, … Al contrario, invita poveri, storpi, ciechi e sarai beato perchè questi non hanno da contraccambiarti”. L’umiltà, l’amore disinteressato, la misericordia sono questi gli atteggiamenti che qualificano il cristiano. Faccio il bene non per averne un ritorno, ma per il piacere di amare e di dare quello che posso: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Partecipando al banchetto del fariseo Gesù entra nella vita degli uomini, partecipa alla loro vita e stando dentro la storia cerca di correggere i comportamenti sbagliati. Gesù non si limita a guardare, ma interviene perchè ama e sollecita l’altro a cambiare senza condannarlo. Gesù è la porta stretta attraverso la quale passiamo per migliorare noi stessi e le nostre abitudini. Gesù ci ama, ci usa misericordia, ci coinvolge completamente nella sua vita.
I Santi sono coloro che si sono lasciati attrarre ed afferrare da Gesù fino all’eroismo, fino al martirio come nel caso di S. Fortunato. Questo nostro santo poi arriva a Mileto nel momento più drammatico della sua storia: giunge nel 1777, sei anni prima del terremoto distruttivo del 1783: possiamo pensare che sia stato per un disegno provvidenziale di Dio al fine di preparare spiritualmente la città a quella grande prova, ma soprattutto per sostenerla nella ricostruzione materiale e morale. Malgrado il disastro, infatti, la sua urna è rimasta intatta, come intatta è rimasta la colossale statua marmorea di S. Nicola, dono del vescovo De Rusticis nel 1549. Dall’antica Cattedrale ora sono qui a perpetua memoria per noi di vita evangelica.
I due Santi, intorno a cui oggi ci stringiamo e che insieme portiamo in processione, sembrano volerci richiamare a saper fare tesoro fino in fondo della loro presenza prendendoli a modello. S. Fortunato col suo martirio ci ricorda che la fede deve impregnare la nostra vita di coraggio fino al sacrificio; S. Nicola col suo amore ai poveri, ci insegna che l’amore gratuito e la misericordia sono i veri segni di riconoscimento del cristiano. Il loro passaggio per le strade della città sia, pertanto, accolto da ciascuno con la ferma volontà di imitarli nell’amore verso Dio e verso il prossimo, anche se tutto questo comporta morire al nostro egoismo.
Il Signore e i nostri due Protettori ci guidino e ci benedicano sempre. Così sia.
*Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea