La guerra in Ucraina e la sconfitta del diritto

Il conflitto russo-ucraino pone l'accento su delicate questioni giuridiche

Da quasi un mese la parte orientale del continente europeo è al centro di una guerra che vede contrapporsi la Federazione Russa e l’Ucraina. Uno scontro armato di quest’entità non si vedeva da qualche decennio sul suolo europeo. Un conflitto, seppur latente o a bassa intensità (come definito dagli esperti), esiste in Crimea e nel Donbass dal 2014. Altri conflitti furono le guerre balcaniche che hanno avuto il culmine con l’intervento militare della Nato contro l’aggressione della Serbia al Kosovo. Ma una guerra che ha di fatto alterato i rapporti internazionali così profondamente non si vedeva dai tempi della guerra fredda. Un protagonista della politica mondiale come la Russia che interviene militarmente in quello che considera un suo satellite naturale, per storia, cultura e appartenenza all’ex blocco sovietico.

Nel surreale dibattito che si è scatenato in Italia, resta un fatto che non lascia scampo ad alibi e altre giustificazioni. Un fatto che genera rilevanti problemi di natura giuridica. In questa sede non si vuole dar spazio ad analisi tattico-strategiche e geopolitiche, ma mettere in evidenza che un paese ha aggredito un altro paese e che tale è legittimo e sulla carta sovrano e indipendente. La Russia ha fatto sostanzialmente cartastraccia di qualsiasi norma di diritto internazionale. Eminenti studiosi del diritto come Sabino Cassese e Michele Ainis hanno perfettamente evidenziato questo aspetto in due articoli (Cassese sul Corriere della Sera di martedì 8 marzo e Ainis sulla Repubblica di giovedì 10 marzo). La Russia ha violato molti principi che sono alla base dell’ONU, come «il rispetto della sovranità degli Stati, la regola dell’autodeterminazione dei popoli, l’obbligo di risolvere in modo pacifico le controversie, il dovere di astenersi dall’uso della forza, l’obbligo di non interferire con le competenze interne di altri Stati» (Cassese). Inoltre, sono stati violati accordi internazionali e trattati di vario genere: il memorandum del 1994 sulla dismissione delle armi nucleari ucraine e la garanzia sull’integrità territoriale del paese, i trattati bilaterali come quello di amicizia tra Russia e Ucraina del 1997. Inoltre, sono alquanto irrealistici e poco credibili i pretesti russi di questo intervento: la volontà ucraina di dotarsi di armi nucleari e la sua ipotetica adesione all’alleanza atlantica, più volte smentita dai paesi occidentali e fattualmente impraticabile per via della presenza di quel conflitto latente di cui sopra.

Ad oggi i resoconti bellici segnalano che la resistenza ucraina tiene, ma l’esercito russo guadagna terreno e il successo dell’invasore è probabile. Quello che deve interrogare i capi di stato e di governo dei paesi che fondono la propria legittimità sullo stato di diritto sono le richieste russe che arrivano, oltre alle ovvie rivendicazioni territoriali, alla pretesa della Federazione guidata da Putin di dettare una modifica alla Costituzione ucraina. Le intenzioni del presidente russo sono quelle di avere un vicino «neutrale» e «smilitarizzato», un paese in cui avere facile mano libera. Ma se la Russia nell’attaccare ha manomesso qualsiasi garanzia legale, tanto che Cassese arriva addirittura a definire il paese come essenzialmente «Stato fuorilegge». Se appurato questo e se le richieste russe dovessero passare, a uscirne brutalmente sconfitto sarebbe il diritto. Perché se con queste azioni, ovvero l’uso della forza militare, un paese può influire in un modo così forte sulla vita di un altro questo rischia di aprire nuove incognite (al di là di quelle già in essere come l’affidabilità del vicino russo per l’occidente). Il comportamento messo in atto dalla Russia è, per esempio, proibito dall’articolo 11 della nostra Costituzione che vieta in modo fermo e inequivocabile l’uso della forza per risolvere questioni internazionali. Perché, come ha sollevato Ainis, la crisi del diritto «genera poi nuovo diritto, un altro ordine interno e internazionale». Per questo motivo, paesi ed enti internazionali, tra cui, cito volutamente l’Unione Europea devono impegnarsi nel ricercare una risoluzione che sia rispettosa degli avvenimenti e delle regole violate.