La mappa del cervello

La mappatura delle aree cerebrali è una delle sfide che più attrae i neuroscienziati

Uno degli obiettivi più ambiti dai neuroscienziati, fin dal diffondersi dei primi studi di neuroanatomia all’inizio del XX secolo, è l’individuazione delle specifiche funzioni delle singole aree della corteccia cerebrale. Questo tipo di ricerca, peraltro, negli ultimi anni ha potuto raggiungere eccezionali progressi grazie allo sviluppo delle tecniche di “imaging” basate sulla risonanza magnetica. In effetti, servendosi di queste metodiche, gli studiosi riescono ormai ad avere un accesso senza precedenti al cervello in vivo. Basti pensare che un’unica macchina per la risonanza magnetica può funzionare in diverse modalità, misurando ad esempio la densità relativa delle guaine di mielina che ricoprono i neuroni, oppure rilevando lo spessore della corteccia cerebrale. Ma poi c’è anche la risonanza magnetica funzionale, in grado di fornire informazioni sull’attività neurale in relazione ai differenti stati mentali.Dicevamo, dunque, come la mappatura delle aree cerebrali sia una delle sfide che più attrae i neuroscienziati. Una sfida ardua, in verità, perché costringe gli esperti a confrontarsi con difficoltà operative notevoli. Uno dei problemi per chi deve realizzare una mappa cerebrale, ad esempio, è che ogni punto del cervello può essere descritto da un numero enorme di caratteristiche, come la densità delle proteine che formano i recettori per diversi neurotrasmettitori, o le connessioni a lungo raggio verso le altre parti del cervello, ecc… Ora, quasi tutti gli studi condotti finora hanno indagato – mediante tecniche di risonanza magnetica funzionale – una sola di queste caratteristiche: l’attivazione in tempo reale delle aree cerebrali di un soggetto impegnato in un dato compito.Ma un recente studio (pubblicato su “Nature”), condotto da Matthew Glasser, dell’Università di Washington a Saint Louis (Usa), e alcuni suoi colleghi di un’ampia collaborazione internazionale, è riuscito ad ottenere una nuova e dettagliatissima mappa della corteccia cerebrale, individuando quasi 100 regioni funzionali finora sconosciute.Per realizzare la nuova ricerca, e riuscire a superare i “tradizionali” limiti tecnici, Glasser e colleghi hanno usato un database di dati di “imaging” a risonanza magnetica di eccezionale qualità e, soprattutto, ampiezza. Esso era stato realizzato nell’ambito del “Progetto connettoma umano”, finalizzato a definire i percorsi neurali che stanno alla base delle differenti funzioni cerebrali.Un tale approccio “multimodale” ha quindi permesso al team di ricercatori di ottenere una nuova mappatura del cervello, con ciascuno dei due emisferi diviso in 180 aree specifiche, 97 delle quali descritte per la prima volta.Per raggiungere questo importante risultato, grande rilevanza ha avuto anche un’accurata programmazione informatica. Sebbene alcune aree corticali risultassero avere una localizzazione atipica in una piccola minoranza di soggetti, gli algoritmi impiegati dal software usato dagli autori sono riusciti ugualmente ad individuarle.“La possibilità di discriminare le differenze individuali – spiega Glasser – nella localizzazione, dimensioni e topologia delle aree corticali, studiando le differenze nella loro attività e connettività, dovrebbe facilitare la comprensione di come ogni proprietà è correlata al comportamento e alla genetica”.Tuttavia, è d’obbligo una certa cautela scientifica, in quanto risulta che la validazione dell’algoritmo degli autori sia stata fatta solo su una piccola porzione della corteccia, suggerendo la necessità di ulteriori studi a riguardo.In ogni caso, questa ricerca rappresenta un significativo passo in avanti verso l’individuazione di specifici biomarcatori delle disfunzioni cerebrali. Alcuni parametri quantitativi di ciascun’area (come il volume della materia grigia o la robustezza delle connessioni con altre aree), infatti, possono ora essere misurati ed interpretati come fattori predittivi di differenze individuali nel comportamento o nelle patologie.