La sfilata della responsabilità

Una proposta perché quella del 2 giugno metta in primo piano i cittadini.

Vedevo scorrere i plotoni e i reparti militari per via dei Fori Imperiali, a Roma, qualche giorno fa, in occasione del 70esimo Anniversario della Festa della Repubblica. Grazie a Dio, da sempre questa è una festa pacifica, in cui le armi sono simbolo di pace e non di conflitto per il nostro Paese, e le Forze Armate, più ancora che letteralmente di difesa, sono strumento di edificazione e aiuto per la popolazione nelle più diverse situazioni, dalle catastrofi naturali all’ordine pubblico. Riconosco che è questo il senso profondo della parata guardando i volti e percependo l’entusiasmo dei figli: ancora indenni da incrostazioni ideologiche che rischiano di offuscare qualunque valutazione obbiettiva, ammirano, innocenti, le divise, i vessilli, i mezzi di trasporto, e poi le note delle fanfare e degli onori militari sotto lo sguardo rassicurante del Presidente della Repubblica, e in ultimo il volo delle Frecce, che tingono dei tre colori della bandiera un cielo plumbeo che promette pioggia. Dallo schermo del televisore gli aerei, in perfetta postazione, sfrecciano in pochi secondi sopra il nostro balcone, ed è plastica la percezione che quel che “passa” in tv arriva nelle nostre case e sta a noi decodificarlo.Mi chiedo, allora, confidando che il mio dubbio non sembri mancanza di amor di patria, se questa celebrazione annuale non possa essere in qualche modo riformata, o meglio ampliata. Mi giunge notizia che in alcuni paesi del mondo, anche con storie istituzionali ben più giovani e brevi della nostra, già esistono iniziative che permettono di rendere la festa nazionale più rappresentativa di tutte le componenti che fondano uno Stato. Mi chiedo se non sarebbe facilmente organizzabile una manifestazione che dia visibilità e giusto onore a tutte le categorie professionali che ogni giorno nell’esercizio della loro funzione, letteralmente edificano il paese. Non sarebbe legittimo vedere sfilare anche medici ed insegnanti, giudici e ingegneri, operai e panettieri, scienziati ed atleti? Certo, la par condicio sarebbe difficile, si incorrerebbe sempre nel rischio di dimenticare qualcuno, ma credo che sarebbe una bella sfida da affrontare, magari creando un sistema di rotazioni annuali fra gli ordini professionali e le associazioni… senza far mai mancare una componente di futuro, attraverso una rappresentanza di bambini, ragazzi e giovani, studenti dalle materne all’università. Le scuole potrebbero accedere all’evento attraverso una selezione, un concorso nazionale; le più sensibili o attente all’argomento potrebbero partecipare con una riflessione o un elaborato sullo “stato della Repubblica” e vincere la partecipazione alla celebrazione, e magari un incontro con il Presidente Mattarella.Credo di essere nel campo dell’ingenua utopia, anche perché sospetto che la proposta possa essere già stata fatta nelle sedi competenti ed evidentemente fino ad oggi respinta. Forse vi sono iniziative simili ma non si intende farle confluire nella stessa giornata. Eppure sono convinto che sarebbe un’opportunità per rendere visibile quanto davvero tutte le forze di una nazione concorrano alla sua vita e al suo progresso civile. Mi chiedo se non potrebbe essere anche l’occasione per invitare i nostri politici a “sfilare” proprio come tutti gli altri servitori della patria e a sfidare la denigrazione di cui spesso tutta la categoria è più o meno lecitamente destinataria: perché oltre ai sindaci, deputati e senatori non passano come gli altri fra la folla a significare il loro impegno per il Paese, piuttosto che essere dall’altra parte ad applaudire come se il loro punto di vista non valga come quello degli altri? La giornata del 2 giugno è da celebrare nel segno di un rinvigorimento della responsabilità condivisa, perché il Paese cresca nella dimensione più sana dei suoi principi democratici. La Festa della Repubblica è occasione perché l’Italia cresca in autostima per farsi rispettare nel mondo; e come sanno bene ogni padre e ogni madre, l’autorevolezza cresce se si riesce a dare tutti il buon esempio.