La storia del Santuario del Crocifisso in una mostra

Documenti relativi a cinque secoli esposti nell'Archivio di Stato a Cosenza.

“Il Santuario Convento del Santissimo Crocifisso di Cosenza e i Frati Minori Cappuccini”. Il titolo della mostra documentaria inaugurata lo scorso 14 gennaio e visitabile fino al 30 gennaio all’Archivio di Stato di Cosenza non riesce a significare la ricchezza delle produzioni documentali che riguardano la chiesa del Crocifisso a Cosenza. Curata da Stefano Vecchione, e promossa dall’Archivio di Stato bruzio, grazie anche al patrocinio delle locali Istituzioni politiche e culturali, la mostra approntata non descrive solo storie e fatti che riguardano la presenza dei cappuccini nello storico convento una volta al di fuori delle mura della città e oggi pienamente integrato in esso, ma abbracciano ben cinque secoli. Oltre 500 anni ricchi di vicende ed episodi che riescono a descrivere parti significative della storia dell’intera città bruzia e che fanno intendere al meglio il ruolo della Chiesa nella crescita del capoluogo. Così, passeggiando tra i documenti, ci si immerge in momenti storici e fattuali che meriterebbero seri approfondimenti, tanto ricchi sono, e tanto articolato è il legame tra la chiesa della Riforma e Cosenza.

La mostra, probabilmente un primo passo verso ricerche più accurate, magari da realizzare grazie alla fornitissima biblioteca nel convento, suona come un’appendice del centenario della presenza dei Cappuccini nel convento del Crocifisso, che dal 2008, grazie alla benevolenza di monsignor Salvatore Nunnari, è stato elevato a Santuario diocesano.

La mostra, illustrata da Marisa Spizzirri, alla presenza di frà Giovan Battista Urso, padre provinciale dei frati Cappuccini, racconta le alterne vicende del complesso conventuale, che ha visto, nel corso dei secoli, l’alternarsi di diverse congregazioni religiose. In tutte le fasi, però, emerge il grande legame dei religiosi con la Curia arcivescovile, oltre, ovviamente, alla mai sopita fede e devozione del Popolo di Dio, che da secoli, ininterrottamente, affida le proprie preghiere al miracoloso simulacro del Crocifisso, frutto dell’opera di frà Umile da Petralia.

Si legge in un documento del 24 maggio 1845: “Legato pio al convento dei padri Riformati di Cosenza 200 ducati, oggetti d’oro e mobili per la celebrazione, alla sua morte, di Messe in suffragio della sua anima” (Consiglio generale degli Ospizi, opere pie, affari speciali). Fra gli altri cimeli, uno scritto di Gennaro Oliverio da Trenta del 1849, che costituiva il Convento “erede, proprietario e usufruttuario dei beni rustici e urbani”. Anche la provenienza dei documenti, nello specifico da Trenta, dunque dai casali all’intorno di Cosenza, dimostra la devozione dei fedeli cosentini verso la chiesa del Crocifisso.

E ancora, in un documento del 1854, leggiamo che “l’Intendente di Calabria Citra dispone che per le molte vittime del terremoto del 12 febbraio e in attesa dell’apertura del Camposanto, la Chiesa della Riforma sia destinata temporaneamente alla tumulazione dei defunti”.

Nel corso della cerimonia inaugurale padre Urso ha sottolineato l’importanza della ricerca storica, sottolineando però come essa debba servire anche per vivere meglio il presente, alla luce di un’esperienza di fede che vede nel Santuario del Crocifisso uno dei polmoni spirituali della città.