La Superbanca alla conquista dell’Asia con interessi zero

La parte del leone la fa la Cina, ma i Paesi aderenti sono in tutto 57 con l'India come seconda forza. Tutte le transazioni economiche espresse in Yuan: evidente l'intento di internazionalizzare la moneta cinese. Una politica di prestiti aggressiva per isolare gli Stati Uniti e i suoi alleati nell'area, a cominciare dal Giappone.

Sono 57 i membri fondatori dell’Asian Infrastructure Investment Bank. La Cina dovrebbe avere fra il 25 e il 30% delle azioni, mentre l’India sembra in corsa per divenire il secondo Paese per possesso di quote. Le nazioni asiatiche dovrebbero coprire fra il 72 e il 75% del totale. All’interno degli Stati fondatori, vi sono anche diverse nazioni europee, fra cui Gran Bretagna e Germania, che avrà un suo rappresentante nel board della nuova banca. Cina e India i protagonisti. Si definiscono, in questi giorni, gli assetti dell’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), la Superbanca asiatica, fondata da 57 Paesi – anche tra loro contrapposti, come Israele e Iran – che hanno stanziato 100 miliardi di dollari per l’acquisto delle quote del capitale di partenza. Cina e India sono i protagonisti di quest’operazione – in prima fila vi sono Vietnam, Cambogia, Myanmar e Corea del Nord e sono esclusi Corea del Sud e Giappone, i principali alleati degli Stati Uniti nella regione – che ha l’obiettivo di estromettere dall’area tre soggetti, invertendo i criteri di concessione del credito a livello internazionale: la Banca mondiale, in mano agli Stati Uniti; il Fondo monetario internazionale, governato dall’Europa; l’Asian Development Bank, controllata dal Giappone, che sembrerebbe intenzionato a stanziare – proprio per controbilanciare la Superbanca – circa 110 miliardi di dollari per investimenti esteri.

Prestiti a Paesi asiatici a interessi zero. In cambio di prestiti a tasso zero, la Superbanca – il cui annuncio fu fatto un anno fa dal Governo cinese – chiederà ai propri partner sostegno contro i nemici esterni, Giappone e Stati Uniti, in particolare e interni, i separatisti etnici. La Cina propone prestiti ai governi asiatici a “interessi zero”, senza imporre i canoni che vengono applicati di solito per le trattative internazionali: nessuna pressione interna, richiesta di riforme politiche o di garanzie a lungo termine. In cambio, viene chiesto sostegno nelle arene internazionali – come le Nazioni Unite, l’Asean o la Corte penale dell’Aja – per quanto riguarda le proprie questioni interne: Tibet, Xinjiang e Taiwan e il voto favorevole in tutte le controversie che riguardano le acque e le terre contese, come quelle del Mar cinese (orientale e meridionale) e il confine con l’India.

L’opposizione degli Stati Uniti. La Superbanca finanzierà soprattutto la costruzione di strade, porti, aeroporti, collegamenti ferroviari superveloci, impianti energetici e di telecomunicazioni satellitare, autostrade informatiche, nuove linee telefoniche: tutte quelle infrastrutture che sono essenziali per quei Paesi asiatici in via di sviluppo e che attualmente non ottengono adeguati finanziamenti dalla Banca Mondiale e dalle altre Istituzioni esistenti, che sono privi di risorse. La Cina, invece, nell’iniziativa investirà solo una parte minima dei suoi 3.800 miliardi di dollari di riserve estere. Tutte le transazioni economiche che la Aiib porrà in essere, saranno espresse in Yuan cinesi, escludendo di fatto il dollaro americano ed è questo un altro dei punti principali della politica economica cinese di questo periodo: l’uso della propria moneta, al fine di internazionalizzarla nell’economia globale. Una questione, che insieme all’adesione come membri fondatori, di alcuni Paesi europei alla Superbanca – dovuta probabilmente ai sempre più consistenti investimenti cinesi nelle aziende privatizzate europee – ha scatenato l’irritazione degli Stati Uniti, che temono di vedere ridimensionato il loro ruolo economico internazionale.