Attualità
La tassa sulle successioni ed il lavoro mortificato
La proposta di Letta non va liquidata con superficialità, ma caso mai rimandata e forse migliorata. Essa può essere d’aiuto per attuare un riequilibrio generazionale, che passa attraverso una redistribuzione della ricchezza
La politica è fatti di tempi e modi ed è forse per questo che il segretario del PD Enrico Letta ha sbagliato sia gli uni che gli altri, proponendo proprio ora una proposta di tassazione delle successioni sui patrimoni superiori ad un certo valore. Infatti, se è pur vero che la nuova tassa dovrebbe servire per dare una piccola dote ai diciottenni da utilizzare magari per la loro formazione e per un accesso ai mutui-abitazione anche per chi non ha genitori in grado di fornire garanzie, in un momento come quello attuale, in cui l’economia del nostro Paese è in ginocchio, ha ragione il premier Draghi ad affermare che, anche psicologicamente, il messaggio debba essere diverso: i soldi ora vanno dati e non tolti agli italiani. La proposta di Letta però non va liquidata con superficialità, ma caso mai rimandata e forse migliorata. Essa può essere d’aiuto per attuare un riequilibrio generazionale, che passa attraverso una redistribuzione della ricchezza. Infatti, ciò che oggi dovrebbe essere prioritario è un ripensamento complessivo dei rapporti di forza della tassazione del reddito, quando viene accumulato oltre le fisiologiche soglie di risparmio. Ed è per questo che colpisce la diffusa indignazione nei confronti della proposta di Enrico Letta che, se pure avrà sbagliato il momento per avanzarla, ha posto un problema vero. In Italia, infatti, ci si indigna di fronte a ipotesi di aumenti d’imposte patrimoniali sopra i cinque milioni di euro, mentre nessuno sente il bisogno di mobilizzarsi per una riforma equa della tassazione dei redditi con un’Irpef che già dai ventottomila euro è di fatto espropriativa, dal momento che, con le addizionali, supera il quaranta per cento. E così sarà anche per i giovani quando entreranno nel mondo del lavoro, anche per quei giovani che oggi si dice di voler tutelare. Ecco il problema di fondo. Vanno aiutate con una seria politica fiscale le famiglie ed il cosiddetto “ceto medio”, oggi spazzato via dalle crisi dell’ultimo decennio, sebbene sia stato la forza per decenni del nostro Paese. Infatti, in Italia, se non hai nulla sei tutelato con il reddito di cittadinanza, che per come è oggi è più un invito a non lavorare o a lavorare in nero; se hai moltissimo per rendite o patrimoni, sei tutelato da tassazioni basse e comunque molto più basse di quelle esistenti in altri paesi europei. Ma se invece sei uno che vive del proprio lavoro, che ti dai da fare perché magari sei bravo e sai organizzarti bene, vieni tartassato. La vera diseguaglianza è questa ed è il motivo perché i giovani non hanno bisogno della “dote” se poi questa non serve a costruire un lavoro stabile ed economicamente soddisfacente, per cui lo Stato invece che premiarti ti punisce con tasse che vanno ben oltre ogni ragionevolezza senza peraltro che vengano restituite in servizi primari, che dovrebbero con esse essere finanziate. Ma evidentemente, piuttosto che discutere seriamente di un futuro migliore, è meglio dividersi ancora una volta in guelfi e ghibellini per un pugno di…voti in più!