La terra è bellissima vista da lassù

Sessant’anni fa il primo uomo, il maggiore russo Jurij Alekseevic Gagarin, fu lanciato nello spazio. Era il 12 aprile 1961 e il nuovo “Colombo” attraversò le invalicabili colonne d’Ercole degli spazi siderali

Sessant’anni fa il primo uomo fu lanciato nello spazio. Fu il maggiore russo Jurij Alekseevic Gagarin che tagliò per primo il traguardo nella corsa alla conquista dello spazio. Cento e otto minuti per il cosmonauta la cui impresa rimase leggendaria. Era il 12 aprile 1961 e il nuovo “Colombo” attraversò le invalicabili colonne d’Ercole degli spazi siderali. Aveva 27 anni, figlio di una famiglia modesta, come un nuovo Ulisse si imbarcò per il grande viaggio portandosi dietro l’intera umanità che con lui faceva un balzo in avanti nelle esplorazioni spaziali. Poi ci sarà l’allunaggio da parte degli Stati Uniti. A bordo della capsula spaziale Vostok compì un’orbita completa intorno alla Terra raggiungendo un’altitudine di 302 km e viaggiando a una velocità di 27400 chilometri orari. Le sue parole, da quelle altezze, sono la più bella fotografia del nostro pianeta. “Da quassù – affermò Gagarin – la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”. Oggi più che mai, anche alla luce del magistero di papa Francesco che continua a richiamarci alla cura del creato e alla fraternità tra gli uomini, l’affermazione del cosmonauta russo assume la caratura della profezia e della contemplazione dell’opera divina. Il futuro papa Paolo VI, salutando dalla colonne de L’Osservatore romano la grande impresa, ebbe a scrivere: “Cresce la contemplazione dell’universo. Cresce la speranza del mondo. E tutto questo sembra acquistare senso d’un risveglio nel mistero, sempre più grande, più profondo e più attraente, dell’essere. Del cosmo, così immenso, così vicino, così penetrato di unità e di causalità. La vastità astrale del nuovo panorama invita ancor più al dovere radicale della esistenza, quello religioso, che ci spinge nel segreto del mondo e della vita, e ci allena a celebrare a maggior voce l’ineffabile e incombente grandezza di Dio”.

Al cosmonauta sovietico per molti anni è stata attribuita un’altra frase “non vedo nessun Dio, quassù”; l’avrebbe pronunciata mentre era in orbita. Data per certa all’epoca, da tempo gli studiosi dibattono se queste parole siano state realmente pronunciate da Gagarin o se invece “gli siano state attribuite per fini politici dalla propaganda sovietica”. Dopo una affermazione così profonda, da contemplativo, sembra distante mille miglia quella più triste di un animo che vuole affermare laicamente la sola centralità dell’uomo. Soprattutto di questi tempi, quando un piccolissimo virus ci tiene ancora sotto scacco.