Territorio
La testimonianza di mamma Manuela: accogliere sempre la vita
La storia di una donna che ha accompagnato Samuele alla nascita nonostante fosse affetto da Trisomia 18
Manuela Perna è madre di sei figli, cinque in terra, l’ultimo, Samuele, in Cielo. La sua storia è quella di una mamma che ha deciso di accompagnare il figlio alla vita, nonostante fosse affetto da Trisomia 18, una patologia incompatibile con la vita, diagnosticata durante la gravidanza. Cosa significa per lei aver accolto una vita fragile come quella di Samuele?All’inizio non è stato semplice. La diagnosi mi ha spiazzata e mi chiedevo perché fosse successa questa cosa proprio a me. Premetto che quando ho scoperto di essere in attesa di Samuele avevo 43 anni e già cinque figli. Ero contentissima di accogliere questa nuova vita a distanza di dieci anni dall’ultima gravidanza. Quando mi è stato comunicato il risultato dell’amniocentesi, che avevo eseguito per eventuali risvolti terapeutici e non abortivi, mi è stato subito detto che era necessario interrompere la gravidanza. Quelle sono state le settimane più difficili da affrontare perché moltissime persone, i medici in primis, mi consideravano una folle a voler condurre Samuele alla vita.Chi o cosa le è stato d’aiuto in quei momenti e dopo?Mi ha aiutata molto il mio parroco. Nella mia parrocchia, quella di Morelli, mi sono sentita a casa. L’incontro con la Fondazione Il Cuore in una Goccia ONLUS, poi, è stato fondamentale per me, anche se è avvenuto dopo la nascita al Cielo di Samuele. Sentire la testimonianza di tante donne, in tutta Italia, che hanno accolto vite fragili e malate mi ha fatto sentire meno sola. Diffondere poi la cultura della cura e non della soppressione dei bambini malati è una vera e propria rivoluzione d’amore. Invito a visitare il sito www.ilcuoreinunagoccia.org dove è presente la mia video testimonianza.Cosa è successo al momento del parto?Samuele è nato con un parto spontaneo alla quarantaduesima settimana. Era il 15 dicembre 2017. Avevo portato con me la sua madrina perché, essendo la sua patologia incompatibile con la vita, sapevo che poteva morire al momento del taglio del cordone ombelicale. È stato battezzato in sala parto e, come un piccolo guerriero, si è attaccato alla vita ed ha vissuto per quasi 6 mesi nella TIN dell’Ospedale di Cosenza.Come è stata l’esperienza in Terapia Intensiva Neonatale?In un primo momento molti mi giudicavano. Mi chiedevano perché avessi intrapreso questa scelta. Poi, man mano che le settimane passavano, hanno capito il valore inestimabile di quella vita fragile ma potente. Infatti mio figlio si faceva capire con i suoi sguardi profondi, sorrideva, amava guardare i cartoni animati, tanto che il primario ha fatto installare una TV nella TIN. Ad un certo punto non veniva più chiamato freddamente la “Trisomia 18”, con il nome della sua patologia, ma “Samuele”. Da questa cosa ho capito che era riuscito a cambiare tanti cuori. Sono grata al personale sanitario che ha fatto in modo che Samuele potesse conoscere suo papà, i suoi fratelli e le sue sorelle. Purtroppo manca a Cosenza un hospice perinatale.Sappiamo che sta portando la sua testimonianza in diverse parrocchie della diocesi, cosa vuol dire alle mamme che si trovano a vivere gravidanze come la sua?Voglio dire alle donne che non sono sole. Quando ho incontrato la Fondazione il Cuore in una Goccia Onlus, dopo la nascita al Cielo del mio Samuele, avvenuta il 12 giugno 2018, l’accoglienza e l’abbraccio umano che ho ricevuto sono state un balsamo per la mia anima. Mi sono sentita compresa e amata nella mia scelta. Da qualche settimana sto girando le parrocchie della diocesi (finora quelle di San Nicola, San Francesco nuovo, Sant’Aniello a Cosenza, nonché quelle di Celico e Zumpano) per portare la mia testimonianza. Samuele ci ha donato un nuovo sguardo e lascia una grande eredità a tutta la mia famiglia, ma anche alla parrocchia, dove abbiamo voluto festeggiare anche il suo primo compleanno a giugno 2019. Una grande festa per ricordare a tutti che la vita vince sul dolore e sulla morte.