Primo Piano
La trageda dei migranti nelle prime pagine dei settimanali diocesani
I settimanali cattolici, in uscita in questi giorni, disapprovano l’immobilismo che si registra di fronte al dramma dei barconi. "Chissà se l’ultima grande tragedia nel Mediterraneo - rilevano le testate Fisc - scuoterà le coscienze.
“Non possiamo restare a guardare”. I giornali aderenti alla Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), in uscita in questi giorni, disapprovano l’immobilismo che si registra di fronte al dramma dei barconi. “Chissà se l’ultima grande tragedia nel Mediterraneo – rilevano le testate Fisc – scuoterà le coscienze della politica europea e mondiale e se il Mediterraneo potrà mai tornare ad essere il Mare nostrum, da Mare Monstrum qual è ora”. Tra gli altri argomenti affrontati dai settimanali: la festa della Liberazione, il convegno della Fisc all’Aquila, cronaca e vita delle diocesi. Proponiamo una rassegna degli editoriali giunti ad oggi in redazione.Immigrati morti nel Mediterraneo. “Un’ecatombe di vite umane”. Lo sgomento per l’ultima strage dei migranti nel Canale di Sicilia accomuna molte riflessioni. Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Mantova) dichiara: “L’Europa ha saputo offrire di sé il lato peggiore, quello dell’indifferenza e, anche, del cinismo; in pratica ha detto all’Italia: arrangiati; se i migranti vengono da te tieniteli. Archiviato il ‘Mare nostrum’ della solidarietà, lo ha sostituito con il ‘Triton’ dell’autodifesa. La strage dei giorni scorsi mette però a nudo quanto è immorale e inumano un tale atteggiamento”. Bruno Cescon, direttore del Popolo (Concordia-Pordenone), avverte: “Non si possono abbandonare in balia delle onde e degli scafisti, come qualche chiacchiera d’osteria, anche politica, talvolta osa dire. Sono persone umane. Uomini, donne, bambini, che fuggono dal dolore, dalla persecuzione, dalla miseria. La nostra coscienza non può cedere neppure col pretesto degli infiltrati. Non possiamo rinunciare ai principi umani, ai valori neppure dinanzi al problema dell’accoglienza”. L’Araldo Abruzzese Teramo-Atri) concorda: “Il Mediterraneo, culla della nostra civiltà, si tinge sempre più di rosso. Ogni giorno si assiste a decine di persone che perdono la vita in mare nel tentativo di sbarcare sulle nostre coste e sperare in un futuro migliore, dopo essere fuggite dalle guerre e dalla fame”. Alberto Margoni, direttore di Verona Fedele (Verona), argomenta: “Per fermare le morti in mare occorre bloccare i trafficanti di uomini. Operazione non certo facile in un paese, com’è oggi la Libia, di fatto in una situazione di anarchia. La questione più urgente per le istituzioni internazionali sarà dunque quella di ricomporre il puzzle per poi prendere accordi (che di certo non saranno a costo zero) con un governo legittimo e riconosciuto”. Per la Guida (Cuneo), “adesso diventa urgente, oltre che salvare i disperati che annegano a centinaia nel Mediterraneo, salvare dal naufragio anche l’Europa. E per riuscirci le parole non bastano”. A Notizie (Carpi) sottolinea: “Il timore che tra la folla anonima possa nascondersi un nemico, ci impedisce di riconoscere i fratelli in umanità. Ma l’unica risposta possibile a chi, a queste notizie, oppone la distanza e il distacco, è che provare dolore, compassione, e questo senza lasciarsi andare all’emotività fine a se stessa, è l’unica via che ci mantiene, noi per primi, umani”. Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del Popolo (Padova), ammette: “La politica ha oggi un compito alto e arduo di fronte: bisogna spingere l’Europa a cambiare le sue leggi sul diritto d’asilo, prendendo coscienza della gravità del problema”. Per Elio Bromuri, direttore della Voce (Umbria), “Qui non si progetta; si afferma, si declama, si asserisce, si accusa, ci si scaglia contro, si alzano i toni… e tutto ricade nel vuoto. La politica rischia l’insignificanza, quando dovrebbe riscoprire la sua alta vocazione di perseguire con professionalità e coscienza il bene comune anche quando questo non s’incrocia con il proprio interesse”. Vincenzo Tosello, direttore di Nuova Scintilla (Chioggia), denuncia: “Scafisti-schiavisti, stati africani allo sbando, minacce terroristiche, miraggi di vita migliore anche a rischio di morte…: un insieme di fattori che rendono il fenomeno migratorio pressoché ingovernabile”. Il continente africano, infatti, è “una polveriera. È là dunque che occorre intervenire – sanando i contrasti, debellando interessi, promuovendo governi saggi… – per dare qualche speranza di futuro ai milioni di fuggitivi. Questo è un problema ancora più grande e i maldestri tentativi di risposta finora hanno creato più danni”. Stefano Fontana, direttore di Vita Nuova (Trieste), sostiene: “Qui ormai si tratta di intervenire con una forza internazionale. Si tratta di controllare le coste africane, si tratta di fare operazioni di polizia e colpire gli scafisti. Ci sono molti aggressori in attività, bisogna fermarli”. Luca Sogno, direttore del Corriere Eusebiano (Vercelli), afferma: “L’approccio europeo non brilla per lungimiranza: davvero si pensa di risolvere il problema con nuove ‘regole di ingaggio’? L’ultima volta che abbiamo sentito evocare questi termini è stato in occasione dei provvedimenti contro la pirateria navale. Due nostri militari sono ancora in carcere in India per aver applicato le ‘regole d’ingaggio’ che erano state stabilite… Forse le istituzioni internazionali dovrebbero almeno iniziare a imparare dai propri errori…”. La Valsusa (Susa) punta il dito: “Meno soldi. Non più soccorso, ma solo controllo della frontiera. E così sempre più il Mediterraneo diventa una tomba, fino a quest’ultimo episodio con centinaia di morti sepolti in mare”. La Voce dei Berici (Vicenza) riprende un editoriale del Sir: “La storia davvero non si dimostra ‘maestra di vita’ in automatico, richiede che facciamo nostro il monito e usciamo da una tragedia che, per sempre, ci avrà segnati. Lo sterco del diavolo copre e inquina ormai le coscienze. Speriamo solo di essere capaci di liberarci dalla sua lordura”. Festa della Liberazione. Molti editoriali sono dedicati alla festa della Liberazione. Adriano Bianchi, direttore della Voce del Popolo (Brescia), evidenzia: “Gli italiani si lasciavano allora alle spalle anni di sofferenza, guerra, dittatura e ritrovavano la speranza, il gusto della libertà e la gioia di poter migliorare la propria vita. Ecco perché per chi si sente italiano la Liberazione non può essere un optional”. Walter Lamberti, direttore della Fedeltà (Fossano), ricorda che ieri è risuonata “per un minuto la sirena dell’allarme antiaereo”: “Sarà un minuto interminabile. Non solo un’esperienza emozionale e neppure retorica spicciola, ma un allarme che deve tenerci svegli, farci aprire gli occhi. Perché ciò che è stato, non sia mai più”. Il Nuovo Diario Messaggero (Imola) scrive: “La ricorrenza viene celebrata anche in ambito ecclesiale, perché le nostre parrocchie e la diocesi nel suo insieme parteciparono al travaglio della guerra e della resistenza, fino all’effusione del sangue, offrendo numerose testimonianze di carità che vanno conservate e trasmesse alle nuove generazioni”. Per Luciano Sedioli, direttore del Momento (Forlì-Bertinoro), “fare memoria della Liberazione, avvenuta 70 anni fa, significa impegnarsi nelle tante ‘liberazioni’ che richiedono oggi il nostro intervento”. A settant’anni dalla Liberazione, ammette Amanzio Possenti, direttore del Popolo Cattolico (Treviglio), “non tutto funziona nel Paese come i nostri genitori e le anime più nobili avevano posto nei desideri e nelle speranze, ma qual è il luogo dove tutto procede in modo perfetto? L’Italia è un grande Paese, è perno portante dell’Europa Unita, possiede talenti, requisiti e possibilità enormi, difende e promuove i valori della convivenza civile, è punto di riferimento per la genialità e la laboriosità creativa degli abitanti, è una democrazia forte proprio perché nata sulle rovine lasciate da una guerra catastrofica che l’ha dilaniata, ma dalla quale ha tratto lo spirito nuovo e moderno di un Paese da amare per le qualità morali della sua gente e per la bellezza e lo stile altrove irripetibili”. Secondo Paolo Lomellini, direttore della Cittadella (Mantova), “è da ripensare e rivisitare, in profondità, la spinta innovatrice che ha mosso la società italiana nei primi decenni dopo la Liberazione. Un’ansia di futuro, una voglia di riscatto e una tensione etica che sono state un carburante formidabile e che poi si è andato perdendo. È un passato” che “può dirci molto per il nostro futuro”. Il Corriere Apuano (Massa Carrara-Pontremoli) sostiene: “A settanta anni di distanza, sono da ricordare i passi che hanno regalato all’Italia un lunghissimo, quasi insperato, periodo di pace. La Costituzione nata dal confronto duro ed aperto fra culture e ideologie diverse, la ricostruzione non solo materiale del Paese, l’estensione del diritto di voto, la ritrovata libertà, il cammino, fortemente voluto dagli stessi governanti italiani, verso un’Europa che, unita, non fosse più focolaio di scontri sanguinosi, la rinascita dell’industria e la trasformazione economica del Paese”. La Voce Alessandrina (Alessandria) evidenzi che “ogni anno la memoria si arricchisce di nuovi contenuti e al tempo stesso sedimenta temi e argomenti che questi settant’anni hanno portato alla luce”. La Vita Casalese (Casale Monferrato) rammenta che “a settant’anni dalla Liberazione Odalengo Piccolo ricorderà i fatti di allora che hanno segnato in maniera indelebile la vita delle nostre comunità monferrine. L’idea è partita dal riconoscimento del valore culturale ed etico delle memorie di monsignor Angrisani che, all’epoca vescovo di Casale, aveva vissuto in prima persona quei tragici fatti, poi trascritti nel volume ‘La Croce sul Monferrato durante la bufera’. Il pensiero dell’amministrazione comunale di Odalengo Piccolo è stato quello di contribuire a diffondere questo prezioso documento, ora ristampato da ‘La Vita Casalese’, che in maniera semplice e diretta testimonia i tragici fatti di allora, descrivendo con lucida fermezza sentimenti di alto valore morale”. Il Ticino (Pavia) ricorda che per la ricorrenza sarà presentato il 29 aprile il libro “Fra Italia, Svizzera e Francia. Nelle reti dell’’Intelligence’ americana. 1944-1945”. Il convegno della Fisc. Spazio anche all’ultimo convegno della Fisc. Adolfo Putignano, direttore dell’Ora del Salento (Lecce), osserva: “Accanto all’enorme sviluppo della comunicazione digitale, la carta stampata ha, tuttavia, un suo specifico ruolo, da sostenere e incrementare. Come dimostra l’attenzione di tanta gente, che, oltre all’uso del web, fa riferimento quotidiano ai giornali, alle riviste e ai testi cartacei. La questione fondamentale rimane, piuttosto, quella di essere informatori ‘con la schiena dritta’”. Il convegno della Fisc, sottolinea il Popolo (Tortona), “ci ha radunati a L’Aquila per riflettere cosa ci sia da ricostruire: nel centro abruzzese, in Italia, ma anche nella nostra società, nella nostra scala dei valori”. “Ovviamente – rilancia Giorgio Zucchelli, direttore del Nuovo Torrazzo (Crema) – non tocca a noi suggerire come rifare L’Aquila: vogliamo cogliere da questo evento storico uno stimolo per tutti noi e per i nostri giornali, come raccontare i drammi e come contribuire a costruire il futuro”. Marino Cesaroni, direttore di Presenza (Ancona-Osimo), evidenzia: “L’informazione ha svolto un ruolo importante sin dalle prime ore e che ha giocato il suo ruolo destando interesse in un largo settore dell’opinione pubblica nazionale e internazionale con una protezione civile attenta e capace, con un Governo presente fino a portarvi il G8 ed un ruolo non secondario del mondo dello spettacolo”. Per Mario Barbarisi, direttore del Ponte (Avellino), “quella dei giornalisti cattolici” è “una missione a cui la Chiesa, i vescovi, devono dedicare sempre maggiori energie e risorse. La Chiesa ha bisogno, in un’epoca di crisi di valori e difficoltà economiche legate al mondo del lavoro, con conseguenti tensioni sociali, di comunicare con forza i valori autentici della vita e di rappresentare la realtà dei territori senza prestare il fianco a chi continua a promettere ‘fantastiche’ soluzioni solo in prossimità delle infinite campagne elettorali”. Cronaca. Qualche spunto dalla cronaca. In occasione delle prossime elezioni regionali, Luigi Sparapano, direttore di Luce e Vita (Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi), rilancia l’appello di don Tonino ai politici: “Siate uomini capaci di misericordia”. Su “questo programma umano, prima ancora che cristiano”, “chiediamo ad ogni candidato di verificarsi, di darsi un personale codice etico che sia visibile nella ordinarietà delle scelte e dello stile politico”. Pier Giovanni Trossero, direttore dell’Eco del Chisone (Pinerolo), prende spunto dai “dati sorprendenti” emersi da un questionario nelle scuole del Milanese sulla percezione degli studenti in merito a cosa è lecito oppure no: “Quasi la metà ha detto che ritiene la legalità un’imposizione, anche se sono in maggioranza coloro che sostengono invece che la legge va sempre rispettata. Una percezione un po’ ondivaga della legalità. Infatti, se ne vedono i risultati che sono sotto gli occhi di tutti”. Attualità ecclesiale. Non manca l’attualità ecclesiale. Vincenzo Finocchio, direttore dell’Appennino Camerte (Camerino-Sanseverino Marche), dedica il suo editoriale all’ostensione della sindone: “‘Andare a vedere’ la sindone non è un pellegrinaggio come gli altri ma è un lasciarsi scrutare dallo sguardo di Gesù fino in fondo dove si annida il peccato, che troppo spesso giustifichiamo con quel: ‘Che male c’è? Bisogna essere moderni’. Quello sguardo è misericordia, ma anche verità, che ripete a ciascuno come a s. Angela da Foligno: ‘Io ti ho amato non per scherzo’”. Sulla Giornata delle vocazioni riflette, sulle pagine del Nuovo Giornale (Piacenza-Bobbio) il vescovo, monsignor Gianni Ambrosio: “Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è questo movimento fondamentale dell’esperienza di fede: ascoltare, uscire da se stessi, ‘andare senza borsa, né sacca, né sandali’, seguire Cristo Buon Pastore e continuare la sua stessa missione. L’uscire da sé non vuole dire disprezzare la propria vita, ma fare della vita un’esperienza di amore e di dono”. Stesso argomento per il Corriere Cesenate (Cesena-Sarsina): “Dire sì al Signore è anche dire sì all’altro che ci vive accanto come fratello, come figlio. Vuol dire accorgersi di lui e del suo bisogno”. Nella domenica del Buon Pastore, Giordano Frosini, direttore della Vita (Pistoia), afferma: “Lungi dall’essere un concorrente con tutti gli altri membri della comunità, il ministro ordinato è invece per radicale chiamata, al loro servizio e al servizio dell’unità, lontano da ogni forma di clericalismo e di usurpazione degli altrui diritti, che non sono affatto pochi e di poco conto”. La Gazzetta d’Asti (Asti) osserva: “Il sentiero tracciato dal Maestro di Nazareth cresciuto nella bottega di Giuseppe il falegname, può diventare la strada maestra per riscattare umiliazioni, pianti, lutti e sofferenze”. Emmaus (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia) scrive: “L’universalismo del cristianesimo è ciò che contribuisce alla genesi dell’universalismo moderno, quello dei diritti umani e della dignità umana incondizionata. Ogni esperienza identitaria di dolore o ingiustizia diventa insegnamento quando si eleva oltre la propria storia, per diventare di esempio alla storia degli esseri umani”.