Cultura
Le cinquanta (sante) sfumature dei preti
Intervista a don Diego Goso, autore del volume "Preti", in cui racconta di 50 sacerdoti che hanno favorito e alimentato la sua vocazione.
“La Chiesa sia sempre di più a servizio di chi fa fatica”. E’ questa quasi un’esortazione che don Diego Goso, sacerdote della diocesi di Torino, di cui è consulente ecclesiastico della F.I.S.M.(Federazione Italiana Scuole Materne) per la Conferenza Episcopale Piemontese. Scrittore, vuole rivolgere ai suoi confratelli sacerdoti. L’occasione per parlare del sacerdozio arriva dall’ultima fatica letteraria di don Goso. “Preti” – si chiama il libro uscito per le Edizioni paoline, in 112 pagine. “Tutti i colori del clero (e non c’è il grigio)” – il sottotitolo che l’autore ha voluto utilizzare. 50 ritratti di sacerdoti, che hanno caratterizzato la scoperta della chiamata da parte di don Goso, ma che rappresentano la multiforme testimonianza della ricchezza della Chiesa.
Il suo libro è un atto di gratitudine innanzitutto.
Certo, perché la mia vocazione inizia proprio dopo aver conosciuto tanti sacerdoti felici che esercitano il loro ministero e mi hanno regalato tanto nella mia vita. Ed è stato il primo seme della chiamata del Signore, ciò che mi ha spinto a orientare la mia esistenza sul loro esempio.
Sono stati tanti i sacerdoti che lei descrive nel suo volume.
Nel libro ne sono raccontati cinquanta, ma il numero avrebbe potuto essere ancora più esteso. In questo dobbiamo ringraziare la Provvidenza che sa suscitare tanto entusiasmo e tante persone generose e sviluppare tanti carismi al servizio della Chiesa.
Quanto c’è bisogno di tante sfumature, chiamiamoli carismi, tra i sacerdoti?
È proprio la bellezza della fede cattolica quella di essere universale e quindi adatta a ogni uomo e sensibilità. Sarebbe un forte impoverimento della fede e dell’umanità se si riducesse a un modello solo quello del sacerdote o di qualunque altro aspetto della fede cristiana. Invece Gesù riesce a far breccia in ogni cuore e ad essere incarnato in ogni cultura e in ogni società, e questo permette a ciascuno di poter apprendere dalla grazia di Dio e fare grandi cose nella vita.
Quanto conta l’umanità in un sacerdote?
L’umanità è l’aria con cui il sacerdote respira con un polmone. Con l’altro c’è la preghiera, ma le due cose devono sempre andare di pari passo. Quando ci sbilanciamo solo sulla preghiera diventiamo dei funzionari del sacro; quando questa manca tutto si impoverisce al punto di renderci assistenti sociali. Sono i due passi umano – divino che devono camminare sempre insieme perché questa è stata la scelta del Signore nell’incarnarsi.
Realizzano la Chiesa, proprio in questa duplice dimensione umano – divina.
I due aspetti servono sempre. Come non c’è fede senza carità, così il semplice donarsi agli altri senza la fede non consente di arrivare alle vette che essa sa portare. Oggi bisogna stare attenti nel non diventare funzionari da sacrestia. L’invito che papa Francesco ci rivolge ad andare nelle periferie ci porta a non crearci una casta di eletti che guardano il resto dei fedeli dall’alto in basso ma invece a sapersi inchinarci sulle sofferenze ed essere serviti da queste sofferenze, perché è proprio per questo che il nostro ministero esiste.
Papa Francesco sembra avere un’attenzione particolare per voi sacerdoti.
Ci “punzecchia” sempre, con catechesi molto utili. Ci spinge ad indossare il nostro vestito, la talare, il clergyman, la camicia sempre col desiderio di ricordarci che stiamo a servizio della Chiesa e soprattutto della Chiesa dei poveri.
Una catechesi che sta dando i suoi frutti quella del Papa?
A livello personale mi obbliga a confrontarmi con me stesso e vedere quanto c’è ancora da fare nello svolgere il ministero in maniera efficace. Mi sembra, da quello che si legge su internet, che ci sono delle reazioni anche contrarie, ma quando uno viene “punzecchiato” urla. Vuol dire che il Papa che sta toccando le corde giuste. Oggi Francesco ci richiama all’ascolto innanzitutto. Spesso non possiamo risolvere tutti i problemi di chi viene da noi, ma la nostra disponibilità consente ai fedeli di sentirsi meno sola nel cammino quotidiano. Poi il Papa ci richiama alla catechesi e alla testimonianza: perché chiunque venga a contatto con noi possa sentire il desiderio di conoscere Gesù.