Le questioni sul tavolo del Sinodo

La coppia di uditori laici al Sinodo Petracca Ciaravella a Cosenza per una testimonianza.

Letteralmente la parola “sinodo” derivata  dal greco che significa “camminare insieme”.  Questo organismo  collegiale  è stato istituito, il 15 settembre 1965,  in pieno Concilio Vaticano II, da Paolo VI, con la promulgazione del Motu Proprio “Apostolica sollicitudo” E’ un luogo di incontro dei Vescovi tra di loro, attorno e con il Sommo Pontefice, per lo scambio di informazione ed esperienza, per la comune ricerca di soluzioni pastorali valide per la Chiesa Universale. La prima distinzione è tra Sinodo generale, che tratta materie per il bene della Chiesa Universale e Sinodo Speciale, in cui si trattano materie di grande importanza che riguardano il bene della Chiesa, limitatamente ad una o più regione particolare. Il Sinodo Generale si suddivide in Ordinario, convocato regolarmente e Sinodo Straordinario, convocato per trattare affari che richiedono una soluzione sollecita. Partecipano al Sinodo Generale Straordinario, oltre i componenti del Clero Universale, religiosi e laici. Quest’ultimi come Uditori o Esperti. Nell’ ultimo Sinodo Straordinario, tra le dodici coppie uditrici anche una italiana: Lucia Miglionico e Giuseppe Petracca Ciavarella.

Come  si partecipa come auditori ai Sinodi?

Noi abbiamo dato la disponibilità al nostro Vescovo. Nel mese di agosto abbiamo ricevuto per posta un plico della Santa Sede contenente la nomina del Santo Padre.                                                                                                     

Il  risultato delle riflessioni e dei dialoghi sinodali sono state raccolte nella  Relatio Synodi, una delle tre parti è dedicata all’ascolto. Ma come è possibile l’ascolto in famiglie dove regna un individualismo esasperato ?

Questo è il problema maggiore. Da qui bisogna partire. Per ricreare l’ascolto bisogna mettersi in ascolto, sembra un paradosso ma sono i paradossi che faranno la storia.                                                                                                                        

Il matrimonio è indissolubile. Come si fa a considerarlo un dono e non un giogo imposto agli uomini?

Il “per sempre” dell’ indissolubilità  esprime la vera libertà dell’uomo, quel dirsi si ogni giorno in maniera incondizionata non è un giogo, ma è una continua libertà di scegliersi giorno dopo giorno. Se alla base c’è la persona, e la scoperta dell’altro diventa automatico accettare l’altro con i suoi limiti, con i suoi difetti, perché vedi che l’altro ti accetta con i tuoi limiti e difetti.         

* L’intervista integrale è sul numero di Parola di Vita del 29 gennaio