Leggere il Vangelo sorridendo

L'intervista a Don Giovanni Berti, sacerdote della diocesi di Verona, che grazie alle sue vignette aiuta a riflettere e a sorridere su questioni di fede e di attualità. Dalla scorsa settimana collabora con il nostro settimanale sulla prima pagina

Don Giovanni Berti è un sacerdote della diocesi di Verona. Prete da ventitre anni e parroco della parrocchia di Moniga del Garda. Dalla scorsa settimana è in prima pagina sul nostro settimanale con le sue vignette (firmate gioba) che “raccontano” con ironia e immadiatezza la vita della Chiesa e il Vangelo. L’abbiamo intervistato per conoscerlo meglio e presentarlo ai nostri lettori. Sul suo blog (www.gioba.it) si può leggere che la sua passione per le vignette nasce tra i banchi di scuola.Mi è sempre piaciuto disegnare. Era il mio modo per giocare da bambino, per liberare la fantasia. A scuola, al liceo in particolare, ognuno ha il proprio modo per dire quello che vive e pensa… facevo le caricature dei professori per sottolineare alcune loro caratteristiche. è stato un modo per condividere i pensieri. Avevo questo diario personale che girava per i banchi, una sorta di facebook fisico dove poi ognuno appuntava i suoi commenti. Questa cosa continuò anche in seminario. Mettevo le mie vignette sulla bacheca della sala da pranzo in modo che tutti le potessero vedere e commentare.Nel tempo la sua tecnica si è molto affinata ed è diventata un modo per comunicare il Vangelo e la vita della Chiesa con simpatia ed immediatezza. Quanto pensa sia utile questo strumento?Intanto penso che sia importante comunicare in maniera efficace e dire le cose che si pensano. Ognuno si esprime alla propria maniera: chi nell’arte, chi con la musica, chi con la pittura. Siccome il Vangelo va avanti per comunicazione grazie alle diverse modalità sviluppate dalle persone, se si vuole comunicare quello in cui si crede, anche riguardo alla fede, lo si può fare attraverso altre forme, mettendoci del proprio rispetto a quello che si pensa e che si vive.Cosa le fa scattare la scintilla creativa?È quella che alcune volte è la più difficile da trovare (sorride). Tutto parte dal voler lanciare un messaggio in maniera ironica. Magari ascolto una battuta e la trasformo in vignetta, oppure vedo qualcosa che mi incuriosisce, che mi fa pensare e cerco di descriverla in maniera diversa. Spesso infatti le sue vignette si ispirano a temi legati all’attualità. Il suo è un modo per provocare, di leggere la realtà o entrambe le cose?Spesso mi viene da dire alcune cose legate all’attualità dove esprimo il mio punto di vista sempre come credente, prima, e come prete poi. Quindi la possiamo definire un prete vignettista. In questi anni ha ricevuto più critiche o complimenti?Sicuramente più complimenti. Tanti quelli che apprezzano il mio lavoro e mi danno suggerimenti. è stato un modo per creare legami con le persone. Anche con il vostro settimanale è andata così… ci siamo conosciuti grazie alle vignette. Ci sono state però anche delle critiche, perché quando ci si espone si deve anche accettare la contrarietà.Certo, la critica fa parte di ogni lavoro. Ma fino a che punto è giusto criticare chi esprime il suo pensiero arrivando, giusto per citare il caso più tragico, alla strage compiuta ai danni dei vignettisti della testata satirica Charlie Hebdo?Quel giornale era sconosciuto ai più fino al momento della strage insensata. Si tratta sicuramente di un giornale con un’ironia graffiante e dissacrante, ma comunque nelle righe del suo quaderno. Ovviamente questo non giustifica assolutamente nessun tipo di attacco. La satira ha una funzione importantissima nella società che è quella di colmare qual solco che c’è tra il potere in ogni sua forma e le persone. La satira serve a rovesciare le posizioni e dare voce a chi non ha voce. Questa è la sua funzione anche se non sempre viene fatta benissimo.A partire dalla scorsa settimana è in prima pagina sul settimanale della nostra diocesi. Cosa significa per lei? È davvero un onore. Sono contento che possa essere utile a riflettere sulla vita, la fede, l’appartenenza ecclesiale. È un modo anche questo per aiutarsi dal punto di vista ecclesiale, per la comunione tra chiese, perché io dal nord, che non sono mai stato a Cosenza, riesco ad avere una finestra lì.Quanto è difficile raccontare con un solo “fotogramma” una pagina di vangelo? Che possibilità offre?Noi preti lo sappiamo bene. Possiamo parlare un’ora senza dire molto. Mentre una battuta, un aforisma o uno slogan intelligente richiede molto pensiero. È più difficile fare sintesi che parlare tanto. Però è molto stimolante, perché fare una vignetta sul Vangelo diventa uno sforzo che mi aiuta a riflettere di più su quella pagina.È molto seguito anche sulla sua pagina facebook e sul suo sito. Quanto pensa sia utile comunicare grazie a questi strumenti sfruttando un metodo veloce e intuitivo come il suo?Sono un sostenitore dei social con tutti i limiti che possono avere. Si tratta di strumenti che vanno però utilizzati con intelligenza e soprattutto con delle accortezze e delle regole, perchè danno la possibilità di condividere contenuti e messaggi. Infatti anche il Vangelo trova nei social un buon modo per essere diffuso. In fondo con le vignette faccio anche questo.Negli anni ha un po’ cambiato il suo stile e modo di disegnare. Cosa sta pensando per il prossimo futuro? Ci sono dei progetti?Avrei voglia di fare un corso per affinare la mia tecnica, anche se il mio obiettivo resta quello di continuare a fare vignette per il Vangelo e, magari, per qualche evento ecclesiale o per alcune riviste cattoliche com’è già capitato. Mi è anche capitato di usarle per fare momenti di catechesi, per non parlare soltanto ma usando il disegno per dire delle cose.