Cultura
L’Epifania nell’arte

Botticelli e Leonardo hanno offerto meravigliose rappresentazioni dell’Adorazione dei Magi, confermandosi geni indiscussi dell’arte rinascimentale
Epifania, parola greca che significa “manifestazione divina, apparizione”. Stiamo per celebrare la Solennità che ricorda il manifestarsi di Cristo Signore a tutti i popoli della terra. Il Vangelo di Matteo narra l’episodio della visita dei Magi a Gesù Bambino, i quali giungono a Gerusalemme da Oriente chiedendo “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2, 1-12). I Magi simboleggiano gli stranieri e i pagani che riconoscono la venuta del vero Dio. Sono specchio dei popoli che si mettono in cammino verso il Salvatore, che alzano gli occhi al cielo inseguendo quella stella che indica loro il tragitto da seguire per incontrare la salvezza. È la Chiesa tutta che si apre alla più grande e somma rivelazione di tutti i tempi. Vogliamo omaggiare questa festività cristiana ripercorrendo, attraverso alcuni capolavori dell’arte, l’importanza della manifestazione di Dio in mezzo alla gente. Gli artisti con le loro meravigliose pennellate ci offrono l’occasione per stupirci dinnanzi alla gloria del Verbo che si è fatto carne, proprio come si stupirono i tre saggi d’Oriente.
Concentreremo la nostra attenzione su alcune preziose raffigurazioni di Sandro Botticelli e di Leonardo Da Vinci, geni indiscussi dell’arte rinascimentale e vicini a committenze di un certo spessore come quella dei Medici di Firenze.
Entrambi gli artisti conoscevano bene il tema dell’Adorazione dei Magi. L’aristocrazia medicea era particolarmente legata a questo soggetto, da cui derivava una delle principali forme di autocelebrazione del suo sfarzo e del suo potere. Cosimo de’ Medici, committente degli affreschi di Benozzo, era devoto ai personaggi dei Magi e alla stella a sei punte (la cometa). Fu promotore della Compagnia dei Magi che, in occasione dell’Epifania, organizzava una spettacolare processione mascherata. Tre cortei equestri, simboleggianti le origini semitica, camitica e giapetica dei tre sacerdoti-astronomi, muovevano da diversi punti di Firenze per poi radunarsi dinnanzi al convento domenicano di San Marco, dove rendevano omaggio a Gesù Bambino. La correlazione tra l’Adorazione dei Magi e questa Compagnia era palese e chiara a Botticelli, il quale riprese queste tradizioni dandogli ampio spazio in una delle sue massime opere: l’Adorazione dei Magi (1445-1510), conservata agli Uffizi.

Qui il pittore fornisce una rappresentazione ideale della corte medicea (Cosimo e i figli Piero il Gottoso e Giovanni, Lorenzo e il fratello Giuliano), insieme a vari intellettuali (Agnolo Poliziano, Pico della Mirandola, Giovanni Argiropulo) e aristocratici (Filippo Strozzi, Lorenzo Tornabuoni, Gaspare Del Lama), mentre descrive l’omaggio che i tre re fanno a Gesù. Maria e il bambino sono nel centro, illuminati dalla stella posizionata in alto, mentre Giuseppe sembra assopito. Uno dei tre scienziati sfiora i piedini di Gesù da cui viene benedetto, mentre gli altri due sono inginocchiati in primo piano, assumendo le sembianze dei figli di Cosimo, Piero il Gottoso, vestito di rosso, e Giovanni in veste bianca. Molto probabilmente il personaggio dipinto a destra, con i capelli neri e vestito di rosso e di nero, è Lorenzo il Magnifico, venticinquenne, il fratello Giuliano è invece in posa a sinistra e impugna una spada, lo stesso Botticelli potrebbe essere la figura in biondo dorato a destra (è un autoritratto), mentre l’uomo canuto vestito di celeste a destra, rivolto verso lo spettatore, dovrebbe corrispondere a Gaspare di Zanobi del Lama (1411-1481), il committente del quadro.
Dopo la morte di Lorenzo de’ Medici nel 1492, il declino dell’aristocratica famiglia fiorentina fu prossimo. Venne soppressa la Compagnia dei Magi e si ricercò un maggiore rigore religioso, in linea con le predicazioni del monaco domenicano Savonarola che si batteva per l’ortodossia cristiana, contro la corruzione dei costumi del tempo. Al famoso sfarzo della processione dei Magi al centro della nota Compagnia venne sostituito il falò delle vanità in piazza della Signoria, una ricorrenza che cadde alla fine del Carnevale del 1497 e in occasione della quale vennero bruciati libri, immagini e tutto ciò che potesse inneggiare al vizio. Sulla scia di una profonda revisione delle proprie credenze cristiane, in stretta connessione con quanto predicato da Savonarola, si pose la nuova arte di Botticelli che puntò ad un maggiore misticismo, com’è evidente in opere come Natività Mistica (1501). (https://www.paroladivita.org/la-nativita-nella-storia-dellarte/)
L’Adorazione dei Magi era un soggetto caro allo stesso da Vinci, che dipinse la sua Adorazione (1481-1482).

Quest’olio su tela deve il suo fascino, oltre che alla sua incompiutezza, anche alla rivoluzionaria composizione tecnica scelta dal genio di Vinci, per immortalare il soggetto religioso. Facendo sua la lezione botticelliana, Leonardo pone al centro del quadro la Sacra Famiglia e raffigura il corteo che, a mo’ di semicerchio, ruota attorno alla Vergine. Alle sue spalle si evince uno spazio senza personaggi, quasi a simboleggiare il diffondersi della luce divina. La Madonna e il Bambino sono circondati dai Magi in adorazione, posizionati alla base di un’ipotetica piramide, e da una folla numerosa. Sullo sfondo due alberi – l’alloro, simbolo di trionfo, e le palme, simbolo di martirio – dividono due scene: la prima è un combattimento e rappresenta la folla degli uomini non raggiunti dal messaggio evangelico, mentre la seconda è la caduta del Tempio di Gerusalemme. L’obiettivo di Leonardo è quello di rappresentare l’Epifania del Signore, con Gesù che si manifesta ai presenti intrappolati in una sorta di turbamento dell’anima. In questo lavoro il pittore riversa la sua idea di disegno inteso come “emanazione di un’idea”. Prevale il dubbio che sembra bloccargli la mano, un dubbio che deriva da un pensiero folgorante che lo obbliga a mettere da parte il pennello: la perfezione dell’opera di Dio è una luce così grande che non può essere rappresentata completamente. I personaggi sembrano avere un’identità incerta perché essi stessi sono preda del dubbio, che li obbliga a riflettere combattendo contro quel tormento che attanaglia il loro animo, tanto è forte e sconfinato il mistero della nascita del Redentore che li benedice. La tecnica artistica rivela una abbozzo monocromo, che anticipa il successivo sfumato. Da tener presente che Leonardo, allievo di Andrea Verrocchio, era legato per formazione alla corrente più naturalistica dell’arte fiorentina. Per lui la conoscenza si basava sull’esperienza empirica e sull’osservazione diretta dei fenomeni naturali. La realizzazione artistica diventa quindi un atto scientifico, e la pittura è lo strumento più adatto per indagare la natura attraverso la rappresentazione dei suoi molteplici fenomeni: gli effetti della luce, i moti e le posizioni dei corpi, i loro rapporti spaziali. Leonardo gioca in questa sua opera giovanile sul chiaroscuro e sulla resa atmosferica.