L’esperienza del centro d’ascolto del Fermi

Abbiamo parlato con il padre oblato Carmine Marrone che ci ha raccontato l'attività che da cinque anni porta avanti al liceo scientifico. Uno spazio di ascolto, dialogo e condivisione.

Spesso ci poniamo la domanda di come la Chiesa sia vicina ai ragazzi e se, nel suo intento, sia capace anche di portare sollievo e conforto. Questo a Cosenza succede da oltre 5 anni in una delle scuole più popolate dell’intera provincia. Stiamo parlando del Liceo Scientifico “E. Fermi” in cui opera, affiancato dallo sportello psicologico, padre Carmine Marrone dei missionari Oblati di Maria Immacolata.

Come nasce il centro di ascolto?L’idea di creare il centro d’ascolto nasce da rapporti che si sono costruiti all’interno della scuola: ho iniziato con il preside precedente e questo è il sesto anno che vengo al Fermi. Sopratutto quello che facevo inizialmente era dare una continuità a ciò che noi facciamo nelle missioni. In principio andavo nelle classi durante le ore di religione poi, stando qui a scuola, nascevano rapporti personali con i ragazzi per cui negli anni è stata sviluppata la proposta di creare questo punto di incontro e condivisione in cui si poteva venire a parlare di problematiche attinenti alla fede ma anche di problemi vicini agli adolescenti. Questo è il quarto anno completo.

Quando e come i ragazzi possono venire a parlare con te?In genere una mattina a settimana, il mercoledì, e gli anelli di congiunzione sono generalmente i professori di religione, ma non solo, i quali annotano il nome del ragazzo sul registro ed io vado a chiamarli in classe per fare colloqui individuali. Sono stati anni molto molto ricchi da cui è nato anche il centro d’ascolto al ITI Monaco e in altre scuole dell’hinterland bruzio. A Castrolibero è tenuto da P. Antonio ma anche altri sacerdoti della Diocesi hanno intrapreso questo cammino nelle scuole delle rispettive comunità.

Cos’è per te il centro d’ascolto?E’ un’iniziativa molto bella che mi mette in campo in prima persona. E’ la realizzazione di un sogno: poter essere vicino ai ragazzi, ma anche ai professori e personale non docente i quali spesso vengono a parlare con me anche al di fuori del consueto appuntamento del mercoledì, con i vantaggi di non essere professore. Un docente, per quanto possa essere anche un insegnante di religione, è pur sempre una figura da cui farsi condizionare mentre con me hanno l’occasione di parlare liberamente di qualsiasi avvenimento della loro vita.

I ragazzi che si recano da te, di cosa vengono a parlarti?In questi anni ho avuto modo di ascoltare davvero tante testimonianze di giovani con problematiche molto varie che andavano dall’orientamento sessuale alla droga, dai problemi familiari alle crisi adolescenziali, dalle gioie ai dolori sentimentali.

Nel corso del tuo ministero qui cosa ti ha colpito particolarmente?Gli sfasci familiari, questi mi hanno colpito davvero poichè ho avuto modo di constatare direttamente quanto dolore possano portare situazioni di dolore, perchè è di questo che parliamo. Spesso i genitori di questi ragazzi hanno circa la mia età e a volte le dispute familiari fanno concentrare gli adulti sui propri problemi tralasciando le esigenze dei ragazzi. Un altro fatto ricorrente è l’uso di stupefacenti. All’interno della droga i ragazzi cercano la gioia, la felicità ma anche più semplicemente una via di fuga dalla quotidianità. Solitamente guardandoli dall’esterno, non danno affatto l’impressione di ragazzi che portano con sè questi problemi: i ragazzi più bulli, più arroganti sono quelli che davvero hanno più fragilità e dunque esigenza di conforto.

C’è un rapporto di continuità con questi ragazzi? Tornano oppure si fermano al primo incontro?Dipende, con tanti si è creato un rapporto molto bello per cui c’è una continuità, sì. Alcuni vengono anche in comunità a San Domenico per seguire le attività che facciamo con i ragazzi, pochi in realtà perchè il centro d’ascolto non è finalizzato a quello. Tornano ai passaggi importanti della vita e purtroppo anche nei lutti. Ultimamente due ragazzi, che hanno frequentato il corso di Cresima negli anni scorsi, hanno perduto un genitore e mi è stato detto che uno dei due, appena appresa la notizia, ha chiesto di poter parlare con me. Non si misura l’importanze di un’amicizia su quanto ci si veda o frequenti ma sulla base della forza e della profondità del legame che unisce le persone.Una ragazza che ha finito l’anno scorso mi ha detto che per molto tempo sentiva il desiderio di venire nuovamente a parlarmi ma non ha trovato il coraggio di contattarmi poichè temeva di essere criticata ma poi ha cambiato idea ed abbiamo parlato. Il passaggio più importante è quello della semina: si semina in abbondanza e poi il Signore sa quando raccogliere. C’è un bel rapporto; sul ponte dell’università, ad esempio, in tanti mi salutano ma io purtroppo non ricordo tutti i visi ed i nomi. Nonostante questo, il mio servizio continua a riempirmi di gioia.

I ragazzi hanno paura di venire da te, magari per il rapporto che hanno con i compagni poichè temono di essere criticati?Dipende da quanto io giri per le classi poichè il venire a parlare con me è sintomo di problematiche serie, quando non sempre è così e magari si ha solo voglia di sfogarsi. Funzionava meglio negli anni in cui andavo a trovare i ragazzi durante le lezioni, mi conoscevano e quindi tornava normale venire a parlare con me. Nelle classi, a parte i primi 10/15 minuti di ostilità e di battute, si poteva aprire un dialogo tranquillo e costruttivo. Il clima di disagio nasce soprattutto dal fatto che i ragazzi debbano essere scritti sul registro. Non credo che sia molto influenzante sui ragazzi che mettono avanti i loro interessi alle dicerie dei compagni. Vengono da me anche, diciamo così, “personaggi che contano”, quali i rappresentati di istituto oppure ragazzi popolari all’interno della scuola.

Ti è capitato di ragazzi non credenti che sono venuti comunque a parlare con te?Molti, davvero molti ed effettivamente gli incontri davvero più belli li ho avuti con loro. Quando ti dicono di non credere in realtà dimostrano di essere più in ricerca perchè il più delle volte non hanno una “fede di tradizione”, cioè inculcata dalle famiglie. La cosa di cui si stupiscono è che io non provo a convincerli che devono credere: sono loro stessi che decidono o meno di intraprendere un percorso di fede, qualcuno addirittura nel corso di Cresima. Tutto nasce da un dialogo e non da qualcosa basata sul proselitismo poichè solitamente quelli che non credono è perchè non conoscono.

Alcuni si sono poi avvicinati alla Chiesa?Essendo diventato un punto di riferimento importante soprattutto per i ragazzi degli ultimi anni, mi sono reso conto che molti non avevano ancora completato il percorso dei Sacramenti dell’iniziazione Cristiana e quindi c’è stata l’idea dei corsi di Cresima intensivi per provare insieme un’esperienza di comunità e di Chiesa. Essi consistono in incontri fatti fuori dall’orario scolastico e concentrati in 4 mesi che poi culminano con il Sacramento della Confermazione celebrato dal Padre Arcivescovo, S.E. Mons. Salvatore Nunnari, nella sua cappella privata.

Ti è mai successo di docenti che venissero a parlare con te?Mi è capitato di frequente che professori volessero un incontro con me, sia all’interno dello spazio del mercoledì a scuola sia all’esterno. In genere ogni anno, prima che inizino le lezioni, chiedo di fare un passaggio al collegio docenti perchè deve essere una cosa condivisa. Credo che ci sia bisogno di creare una rete condivisa per l’educazione dei ragazzi in cui ciascuno ha il suo ruolo. Anche personale non docente e professori non credenti vengono a parlare delle loro problematiche personali. Scherzosamente dico che “Il Fermi è la mia seconda parrocchia” perchè dopo 6 anni di presenza qui si sono create una serie di dinamiche, una stima ed un affetto profondo e reciproco, in cui davvero mi fanno sentire di casa.

Hai mai trovato qualcuno ostile al tuo ministero nella scuola?Apertamente no, nè docenti nè studenti, ma credo che non tutti siano super entusiasti per questa iniziativa, però è normale che sia così. Ritengo che nessuno possa essere davvero contrario poichè non si può negare l’impatto positivo che il centro d’ascolto, affiancato allo sportello psicologico tenuto dalla dott.ssa Chiara Scazziota, ha sull’intera comunità scolastica. Se possono esserci disagi sul relazionarsi con un sacerdote, sono presenti ancora più forti sul recarsi dallo psicologo. In conclusione, sono contento del lavoro con i professori, i quali mi mostrano grande disponibilità e ripongono in me molta fiducia: spesso sono loro stessi a segnalarmi situazioni di ragazzi che hanno bisogno di particolari attenzioni. Certamente non nego la presenza di momenti di tensione però nulla che non si possa risolvere.

Come i ragazzi possono approcciarsi a te?Oltre al rapporto umano, mi contattano sui social network. Per alcuni anni ho avuto un gruppo facebook proprio per il centro d’ascolto in cui i ragazzi potevano chiedere informazioni o incontri. Poi con il cambiamento delle regole della piattaforma con tanti abbiamo iniziato a sentirci attraverso la messaggistica privata. Il modo più ordinario ed ordinato per contattarmi e chiedere un incontro è facebook, su whatsapp un po’ meno; diciamo che il social è un modo meno invasivo per tenere contatti con così tante persone.

Le famiglie sanno che i ragazzi vengono da te?Mi è capitato spesso nel corso di questi anni che le famiglie mi contattassero, sempre per quel discorso della rete educativa famiglia-scuola-centro d’ascolto che viene a crearsi. Venivano a San Domenico per parlarmi delle situazioni dei loro figli e chiedendomi che io parlassi con loro. A volte, però, dai ragazzi si può anche arrivare alla famiglia. E’ una rete che funziona nonostante sia un rapporto un po’ più difficile poichè i genitori vorrebbero che il problema si risolvesse da solo senza mettersi in gioco anche loro ma, insieme, passo dopo passo si può arrivare alla soluzione completa. Mi accorgo comunque che anche in assenza di un rapporto concreto, le famiglie mi conoscono attraverso i racconti dei figli.

Cosa ha dato a te il centro di ascolto e cosa ti senti di dire ai ragazzi?Mi ha dato la possibilità di conoscere meglio il cuore dei giovani e di poterli guardare con una speranza enorme. Non sono tra i pessimisti ma veramente noto che ci sono dei fattori meravigliosi nella nuova generazione. La bellezza di stare al Fermi è quella di esserci da sacerdote che non fa proselitismo ma crea rapporti belli con tutti.

Ciò che mi sento di dire ai giovani è di non avere paura di essere sè stessi e di avere il coraggio di essere originali togliendo fuori tutte le potenzialità di cui sono dotati. Ascoltatevi perchè credo che quello che cercate sia il desiderio di pienezza che viene solo da Dio. La morte di Daniela è stato un momento di forte grazia per l’intero istituto perchè tantissimi hanno sentito che questa presenza sacerdotale potesse essere un “luogo” dove mettersi davanti al dolore, anche attraverso il Sacramento della Riconciliazione, non avendo paura di essere di essere umani davanti a questo Dio che cercano in tante cose.