Liberare la religiosità da ogni strumentalizzazione

Papa Francesco scrive alla Pontificia Accademia Mariana Internazionale: salvaguardare la devozione dalle mafie per riportarla alla sua originale purezza. 

E’ importante oggi escludere una “religiosità fuorviata” e liberare la devozione mariana “da sovrastrutture, poteri o condizionamenti che non rispondano ai criteri evangelici di giustizia, libertà e solidarietà”. Papa Francesco ribadisce, ancora una volta, che la Madonna non deve essere più oggetto di manipolazioni e manomissioni del suo culto. Il settimanale “Maria Con Te”, edito dai Paolini e in edicola da oggi, da ampio spazio ad una lettera, datata 15 agosto, di papa Francesco inviata a padre Stefano Cecchin, Presidente della Pontificia Accademia Mariana Internationalis e ai partecipanti ad convegno di studi che si svolgerà dall’8 al 12 settembre prossimo sul tema “Maria tra teologie e culture oggi. Modelli, comunicazioni, prospettive”. Il papa da anche il proprio assenso all’iniziativa dell’Accademia di costituire un Dipartimento di analisi, studio e monitoraggio dei fenomeni criminali e mafiosi”.

“Desidero esprimere il mio apprezzamento per l’importante iniziativa”, scrive il Papa. Una iniziativa che si propone di interrompere per sempre “inchini” delle statue davanti alle case dei boss e altre oscure influenze malavitose sugli eventi religiosi e sui luoghi dedicati alla Madonna.

In Calabria tutti ricordiamo il forte monito di papa Francesco contro la cultura malavitosa rivolto il 21 giugno del 2014: i mafiosi “non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”. “Quando non si adora Dio si diventa adoratori del male. La ‘ndrangheta è adorazione del male”, disse in quell’occasione dalla Piana di Sibari evidenziando che il “male va combattuto, bisogna dirgli di no. La Chiesa deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere”.  “La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze – ha quindi aggiunto in quell’occasione –  deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo chiedono i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare”. 

Nella lettera al presidente della Pontifica Academia Mariana Internationalis il pontefice evidenzia  che la devozione mariana è un “patrimonio religioso-culturale da salvaguardare nella sua originaria purezza, liberandolo da sovrastrutture, poteri e condizionamenti che non rispondono ai criteri evangelici di giustizia, libertà e solidarietà”. Per questo è “necessario che “lo stile delle manifestazioni mariane sia conforme al messaggio del  Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa”. L’auspicio di Papa Francesco è che i santuari mariani “diventino sempre più cittadella della preghiera, centri di azione del Vangelo, luoghi di conversione, capisaldi di pietà mariana a ci guardano con fede quanti sono alla ricerca della verità che salva”. L’azione dell’Accademia, spiega padre Cecchin, si collega “idealmente” all’anatema di Giovanni Paolo II nella vale dei Templi ad Agrigento nel 1993 e a quello di papa Francesco a Cassano allo Ionio. Il Dipartimento promosso dall’Academia Mariana Internationalis vuole così combattere la “spiritualità deviata” .

In Calabria più volte la Conferenza Episcopale regionale è intervenuta sul tema. Recentemente ha predisposto un vademecum con le direttive sule precessioni, ha istituito un Corso annuale su La Chiesa di fronte alla ‘ndrangheta  all’interno del percorso di studio dell’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale. E poi qualche anno fa – nei prossimi giorni una seconda edizione ampliata – la pubblicazione di un volume (curato da don Filippo Curatola, don Enzo Gabrieli e don Giovanni Scarpino) “La ‘ndrangheta è l’antivangelo” (Tau editrice) e che raccoglie i documenti dei vescovi calabri dal 1916 ad oggi sul percorso comune nell’impegno di testimoniare il Vangelo e che si apre con una prefazione del presidente della Conferenza Episcopale Calabra, mons. Vincenzo Bertolone secondo il quale mentre si riconosce che la Chiesa “potrebbe moltissimo contro le mafie – evidentemente per la sua forza spirituale e per la sua capacità di fare presa sulla coscienza morale – si continua ad insistere su dei luoghi comuni frutto di una lettura superficiale e d’una conoscenza approssimativa del pur faticoso – anche se forse a tratti lento – ininterrotto cammino, che proprio la Chiesa, nel suo insieme e nelle singole diocesi di Calabria e nei suoi livelli episcopali collegiali, ha comunque compiuto per comprendere ed approcciare il fenomeno ‘ndranghetista. Altro è parlare di ritardi, che pure ci sono stati in certe persone ecclesiali, altro è farli passare per immobilismo generalizzato, per silenzi, omissioni e in qualche caso per larvata connivenza”.