L’identità delle Chiese orientali

Il Cardinale Leonardo Sandri ospite all’incontro dei vesovi orientali cattolici

Presente a Lungro per prendere parte all’Incontro dei vescovi orientali cattolici svoltosi a Lungro la scorsa settimana il Cardinale Leonardo Sandri,  dal 2007  prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ci ha concesso una breve intervista sul ruolo delle Chiese orientali oggi.

Alla luce dei continui cambiamenti che ancora oggi sono richiesti alla liturgia spesso anche per andare incontro ai desiderata dei fedeli, cosa possono e devono dire oggi le Chiese orientali che conservano una liturgia antica di secoli?

Le Chiese orientali devono riproporsi con tutta la loro identità e con tutto il loro tesoro liturgico, disciplinare e spirituale. Ovviamente adattando, soprattutto nei luoghi della diaspora, dove si trovano questi fedeli, come quelli dell’eparchia di Lungro, nell’uso delle lingue locali. Così la liturgia bizantina negli Stati Uniti si fa in inglese e nell’America latina le diverse liturgie si fanno in spagnolo o portoghese. Questo è uno degli aspetti più salienti legati alla modalità di adattamento di queste nuove realtà. A questo si legano, però, l’essenza e la sostanza di mantenere i propri libri liturgici, secondo le tradizioni della loro Chiesa, ma adattati in maniera efficace, che devono arrivare non solo al popolo passivo che ascolta, ma trasformarsi in dinamismo di partecipazione attiva dei fedeli nella celebrazione dei santi misteri.

Possiamo collegare alcuni di questi aspetti al flusso drammatico di migranti che raggiunge le nostre coste. Anche la diocesi di Lungro nasce da una diaspora. Può essere, quindi, una ricchezza accogliere delle persone che, per diversi motivi, raggiungono il nostro paese?

Questo è un aspetto in parte già messo in luce durante i lavori del sinodo: la diaspora come alveo della creazione di una nuova creazione delle chiese orientali, adattando e recependo quanto è custodito nel passato, ma adattandolo alla realtà odierna. Questo è l’esempio degli italo albanesi che nel 1400, sono arrivati qui e hanno conservato la loro tradizione, ma sono pienamente presenti e rendono testimonianza del mondo attuale.

Quindi la Chiesa come si deve preparare ad accogliere chi arriva anche del punto di vista dell’attenzione liturgica e spirituale?

Giustamente i vescovi latini che accolgono con tanta generosità questi fedeli che arrivano devono dare loro non soltanto la possibilità di poter avere i luoghi di culto per mantenere le proprie tradizioni, ma anche provvedere con dei sacerdoti esperti nei loro riti per l’assistenza nella liturgia, nelle opere di vita spirituale e nelle confessione e in tutta la presenza che la Chiesa deve dispensare ai propri fedeli. Poi in casi straordinari, quando si tratta di numeri eccezionali, anche la possibilità di che si erigano delle Chiese cattoliche orientali perché abbiano un esarcato o un’eparchia con un proprio vescovo.

Nessun cristiano, latino o d’oriente, esiste per se stesso ma tutti quanti insieme formiamo il corpo di Cristo. Come la Chiesa nell’oggi deve testimoniare questo aspetto nei confronti di quanti arrivano in Italia e troppo spesso sono visti con paura e sospetto? 

Dobbiamo ampliare gli spazi della carità come dice San Paolo. Dilatentur spazia caritatis. Questi fedeli che vengono dall’oriente portando la loro identità e la loro tradizione possono e devono essere integrati. Vale anche per chi professa un’latra religione perché l’identità e il rispetto sono i che ci devono guidare. Però nel caso dei cattolici orientali i latini stanno facendo un’opera straordinaria ricevendoli dal punto di vista umano, civile e dal punto di vista religioso dando loro tutte le possibilità per poter esercitare il loro rito e la loro maniera di vivere la fede cristiana.

La storia della Chiesa ha già visto dei papi orientali… 

Tutto è possibile a Dio. Quindi lasciamo questa faccenda alla Divina Provvidenza e allo Spirito Santo che è quello che vede e dirige la vita della Chiesa.