L’impegno del Mcl? Stare lì dove la gente vive e lavora

Le priorità per Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori: "Lavoro e immigrazione". Le urgenze: "Fare di più a livello educativo. Recuperare un rapporto con il territorio, con la gente, dare voce a quanti vanno nelle parrocchie, fanno volontariato. E prestare attenzione alle tante e crescenti povertà". La proposta di un patto sociale con "alcuni attori che hanno a cuore il bene comune".

“Lavoro e immigrazione sono oggi le nostre priorità, e siamo convinti che siano pure le priorità del Paese”. Non usa mezzi termini Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori (Mcl), nel declinare quella che, a suo avviso, dovrebbe essere l’agenda politica per l’Italia. Costalli parla da Senigallia, dove si è concluso l’annuale seminario nazionale Mcl, che aveva per tema “Incontro all’umano. Garantire coesione sociale, superare l’inequità in economia, assicurare lavoro dignitoso”. In apertura, venerdì 11, ai presenti è stata data la notizia che sabato 16 gennaio 2016 papa Francesco riceverà in udienza il Movimento, appena quattro anni dopo l’udienza concessa da Benedetto XVI, nel 2012, per i 40 anni dell’Mcl.Presidente Costalli, più volte è tornato, in questi giorni, il richiamo alla coesione sociale, sacrificata in nome di un consenso elettorale ottenuto estremizzando i conflitti. Come recuperare coesione? “L’estremizzazione del conflitto politico, l’individualismo, gli egoismi ci preoccupano: sono sintomi di una società che non favorisce la comunità, la collaborazione, il rispetto reciproco. E anche i tentativi di marginalizzare il ruolo dei corpi intermedi vanno in questa direzione. Siamo preoccupati perché qui si gioca il futuro, non solo del Paese ma del confronto tra le generazioni. E allora è necessario interrompere questa china, recuperare la voglia di lavorare insieme e di un confronto dialettico. Grazie anche a papa Francesco c’è una ripresa di attenzione sui temi sociali ed economici. Ma la situazione non è rosea e il mondo cattolico spesso è silente, impaurito, disilluso”. Cosa possono fare i cattolici? “Innanzitutto dobbiamo fare di più a livello educativo. Abbiamo classi dirigenti che non hanno più riferimenti storici né scuola. Poi, recuperare un rapporto con il territorio, con la gente, dare voce a quanti vanno nelle parrocchie, fanno volontariato. E prestare attenzione alle tante e crescenti povertà. Questi sono campi d’impegno anche e soprattutto per un movimento come il nostro, chiamato a offrire esempi di vita, stando là dove la gente vive e lavora”. Nei mesi scorsi il ‘jobs act’ è diventato legge. Eppure gli effetti sul lavoro sono ancora altalenanti…“Sul ‘jobs act’ condivido il giudizio positivo: sono stati superati dei tabù, con uno sforzo di modernizzazione del mercato. L’illusione, però, è pensare che con dei decreti o una legge si risolvano i problemi. Non è così e, anzi, due rischi incombono. Da una parte ci può essere una ripresa economica senza occupazione. Al Nord, ad esempio, l’export si sta riprendendo, ma ciò non si tramuta in nuovi posti di lavoro. D’altra parte, perdura il divario tra Nord e Sud”. E quindi siamo costretti a rassegnarci? “Niente affatto. Ci vuole un progetto di crescita complessivo, in grado di riportare investimenti – italiani e stranieri – accanto a un’oculata gestione dei fondi europei. È inaccettabile ritenere che sia irreversibile la fuga all’estero dei nostri giovani. Ma per contrastarla dobbiamo favorire una crescita degli investimenti in tutto il Paese, non solo in Veneto e Lombardia come sta avvenendo. Poi, ritengo che sarebbe bene mettere attorno a un tavolo alcuni attori che hanno a cuore il bene comune per realizzare una sorta di patto sociale. Altrimenti non si sa davvero se e quando ci sarà una ripresa economica legata alla ripresa occupazionale”. Le riforme di cui discute il governo possono dare una scossa? “Non basta dire che siamo per le riforme: dipende da quali riforme si fanno. Ci sono delle priorità in un Paese costretto a fare i conti con la burocrazia, con trasporti che non sempre funzionano, con una giustizia troppo lenta e talora inefficace. All’ordine del giorno dell’agenda politica si continua a parlare di diritti civili, riforma elettorale e riforma del Senato. Ma a quanti interessa realmente la futura composizione del Senato? E siamo convinti che quella dei diritti civili sia davvero una priorità? Non lamentiamoci poi se cala la partecipazione politica… A nostro avviso, prioritarie sono invece quelle riforme legate alla creazione di opportunità di lavoro”. Al seminario si è parlato anche di economia e di un’“inequità” – espressione coniata da papa Francesco – da “superare”… “Occorre richiamare l’attenzione pubblica su un’economia che ‘uccide’, come dice il Papa. Dando, al tempo stesso, risposte piccole ma concrete sul territorio, facendo – ad esempio – determinate scelte negli acquisti, a livello di singoli e di gruppi: tante volte piccoli contributi hanno prodotto risultati importanti”. Presto incontrerete papa Francesco. Qual è il significato di questa udienza? “È un riconoscimento del nostro lavoro e una sfida per il futuro. Questo incontro c’impegna a dare ulteriori risposte concrete oltre a quello che già facciamo. Quanti giovani credono nel movimento cattolico: bisogna offrire loro prospettive, speranze e anche percorsi d’impegno. Ricordo, a tal proposito, il contributo che in molte circostanze offre la nostra ong di riferimento, il Cefa. Siamo consapevoli che l’Mcl non risolve i problemi del mondo, ma porta il suo ‘mattone’”.