Chiesa
L’incontro tra due Chiese sorelle
Nei giorni scorsi abbiamo avuto ospite in redazione mons. Martin Kivuva Musonde, a Cosenza per siglare il gemellaggio tra la diocesi di Cosenza e quella di Machakos dove opera da sette anni don Battista Cimino.
Una convenzione che parla il linguaggio della “reciproca accoglienza” per un servizio di ministero pastorale di alcuni presbiteri della diocesi di Machakos presso alcune parrocchie della diocesi di Cosenza Bisignano. La diocesi bruzia accoglierà anche, per un periodo di formazione teologica- pastorale, alcuni seminaristi africani mentre ha in programma alcuni “stage” missionari di seminaristi o gruppi di laici in Kenya. La visita di monsignor Musonde a Cosenza incentiva il principio dello scambio fra le Chiese, scambio nel quale tutta la comunità cristiana dev’essere coinvolta. Il vescovo keniota e monsignor Nunnari hanno ribadito la necessità di rafforzare i rapporti tra le due Chiese particolari favorendo uno scambio di sacerdoti in anno sabatico, di visite di seminaristi e laici impegnati nella missione. Finalità del progetto è non solo di dare supporto alle necessità più urgenti della diocesi di Machakos, ma soprattutto di instaurare un fecondo scambio di esperienze, nel quale le due Chiese sorelle si possano incontrare, dialogare, aiutare dando piena testimonianza dell‘universalità della Chiesa. Mons. Martin Kivuva Musonde è nato in Kenya nel 1952, ed è il terzo vescovo di Machakos dal 15 marzo 2003. Specializzato in comunicazioni sociali è stato responsabile, e lo è anche tutt’ora, dell’ufficio nazionale per le comunicazioni sociali in seno alla conferenza episcopale keniota. Per diversi anni ha ricoperto anche la carica dell’ufficio nazionale episcopale della Caritas keniota. La scorsa estate ha celebrato il suo decimo anniversario di ministero episcopale nella diocesi di Machakos. Ha già aperto nella diocesi molte nuove parrocchie, passando dalle 49 iniziali del suo ministero alle 69 attuali. Abbiamo avuto così l’occasione di rivolgergli qualche domanda. Monsignor Martin sappiamo che la sua diocesi è molto cresciuta negli ultmi anni. Fin dall’inizio del mio ministero, ho puntato sul principio dell’autosostentamento della diocesi. Sono convinto che la diocesi debba riuscire a provvedere a se stessa per i suoi normali bisogni. Infatti ogni anno promuoviamo una raccolta di fondi, coinvolgendo tutte le realtà ecclesiali. I fondi servono per le necessità dei sacerdoti, seminario, degli uffici diocesani, delle parrocchie e delle case parrocchiali in costruzione; poi, ancora, per la costruzione di nuove chiese, L’invio agli studi dei sacerdoti, acquisto di mezzi di trasporto. La nostra è un Chiesa fresca e ricca di vocazioni ed ha bisogno di essere sostenuta da tutti. Questo però non ci distrae dal compito di dover sostenere chi è in difficoltà. Cerchiamo di venire sempe incontro ai problemi delle persone soprattutto attraverso la struttura diocesana della Caritas, impegnata su diversi fronti. Lei ci ha descritto la sua come una chiesa fresca piena di vocazioni. Visitando la nostra diocesi che Chiesa ha trovato? Non mi sento nelle condizioni di poter commentare. La mia è stata una visita davvero breve e, comunque, ho potuto conoscere poche realtà. Ho, però, potuto vedere una chiesa impegnata e, insieme ad essa, tanta gente che lavora nel mondo del volontariato e dell’associazionismo. Ho visto una Chiesa molto impegnata nel sociale. Una Chiesa che si vuole distinguere, aiutare. Questa è certamente una buona cosa. Altra percezione è stata quella di vedere una Chiesa che definirei genericamante stanca. Le nuove generazioni, vivono con distacco la fede e sono lontane dalla Chiesa. Sono davvero in pochi a vivere la fede e il loro impegno all’interno della Chiesa e dei gruppi che essa promuove. Da presidente dell’ufficio nazionale per le comunicazioni sociali che impressione le fa ritrovarsi qui in Itala nella sede del nostro settimanale diocesano? Sono rimasto piacevolmente impressionato dalla vostra realtà. Vedere tutti questi giovani giornalisti impegnati nella mondo delle comunicazioni sociali al servizio del vangelo mi rende davvero felice. Come funziona la comunicazione in Kenya? Posso dire che da noi la comunicazione è veramente attiva. Radio, internet, giornali. C’è il mensile nazionale curato dai Vescovi che viene diffuso per tutto il paese, mentre quasi tutte le diocesi hanno, seppur piccolo in alcuni casi, un loro giornale. Non essendo ancora molto diffusa la televisione, come presidente delle Comunicazioni Sociali sto cercando di promuovere l’apertura e la diffusione di altre stazioni radio e, ancora, creare una rete con quelle già esistenti. Proprio perchè la radio resta il mezzo d’informazione più diffuso e quindi il più utile per veicolare le notizie. Da quanto visto nella nostra realtà diocesana cosa, magari, vorrebbe importare nella sua diocesi e cosa esporterebbe qui da noi? Da noi, ad esempio, funziona molto bene l’organizzazione della piccola comunità di base, collegata con la chiesa succursale che, a sua volta è collegata alla parrocchia. C’è davvero una grande comunicazione. La cellula parrocchiale da noi funziona benissimo. È una comunità dove vivono e in qualche modo lavorano insieme, il bambino, il giovane, l’adulto, i gruppi. Questa è sicuramente la prima cosa che mi sentirei di esportare. Per quanto concerne le cose da importare nella mia realtà diocesana sicuramente mi rifarei al modello di volontariato cattolico che ho visto qui. Ho visto tanta gente che si mette al servizo del prossimo, gratuitamente e in maniera disinteressata. A cosa pensa se invece le chiedo quali sono le problematiche che maggiormente affliggono il vostro territorio? Dove c’è tanta disoccupazione c’è sempre tanta criminalità. Sono realtà strettamente collegate. La gioventù è sempre a rischio tra diventare criminali, o passare al servizio dei potenti. La Chiesa non può e non si deve stare a guardare, deve offrire un’alternativa. Quindi il problema della criminalità è molto sentito? Si, spesso ci dobbiamo servire di guardie, giorno e notte, per sorvegliare le nostre case e provvedere alla nostra sicurezza. In aggiunta a questo, molto sentito è ancora, l’estremismo religioso che crea tensione sociale che spesso sfociano in incidenti anche gravi. Prima di salutarla le vogliamo chiedere come giudica la presenza missionaria nella sua diocesi e cosa si aspetta dall’accordo di gemellaggio siglato con l’arcivescovo Nunnari Sono riconoscente a Dio per il pullulare delle vocazioni sacerdotali e religiose nella diocesi. Cerco sempre di incoraggiare le partenze missionarie come Fidei Donum all’interno delle diocesi del Kenya e anche all’estero. Ad esempio ho già stipulato convenzioni Fidei Donum con una diocesi degli USA. Sogno preti preparati e per questo incoraggio gli studi in Kenya e all’estero dei suoi preti. La sottoscrizione del gemellaggio si muove nel solco della cooperazione tra le chiese. Tanto è stato già fatto e tanto continua a fare il missionario fidei donum Battista Cimino, che da quasi dieci anni vive, lavora e opera nella nostra diocesi. Benedico la sua presenza e prego affinché la sottoscrizione del gemellaggio possa aprire la strada a rapporti di scambio ancora più intensi e fruttuosi. Voglio ringraziare anche quanti, attraverso Stella Cometa, le iniziative della vostra Provincia (un pozzo per il Kenya con i concerti di Natale) fanno sentire forte la loro solidarietà e la cristiana carità nei nostri confronti. L’acqua è uno dei più grandi problemi e il vostro bicchiere offerto ai fratelli sarà benedetto da Dio.