Lisbona 2022, il Papa ai giovani: non isolatevi, prossimità vuol dire felicità

“Giovane, dico a te, alzati!” è il titolo del Messaggio per la 35.ma Giornata mondiale della gioventù che sarà celebrata a livello diocesano il 5 aprile prossimo, Domenica delle Palme.

“Giovane, dico a te, alzati”. Prende a prestito il titolo dal Vangelo di Luca il messaggio di Francesco per la Giornata mondiale della gioventù che si celebra quest’anno a livello diocesano il prossimo 5 aprile, Domenica delle Palme. Una tappa intermedia verso il raduno internazionale in programma a Lisbona, in Portogallo, per la Gmg 2022, che avrà per tema «Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39). «Nei due anni precedenti – scrive il Papa – ho pensato di riflettere insieme a voi su altri due testi biblici: “Giovane, dico a te, alzati!” (cfr Lc 7,14), nel 2020, e “Alzati! Ti costituisco testimone di quel che hai visto” (cfr At 26,16), nel 2021». Ad accomunare i tre temi, un verbo: alzarsi. «Questa espressione assume anche il significato di risorgere, risvegliarsi alla vita. È un verbo ricorrente nell’Esortazione Christus vivit (Cristo vive!) – osserva Francesco -, che vi ho dedicato dopo il Sinodo del 2018 e che, insieme al Documento finale, la Chiesa vi offre come un faro per illuminare i sentieri della vostra esistenza. Spero con tutto il cuore che il cammino che ci porterà a Lisbona coincida nella Chiesa intera con un forte impegno per l’attuazione di questi due documenti».

Proprio dalla Christus vivit il Papa riparte per spiegare il tema del messaggio di quest’anno, che ha al centro i gesti e le parole di Gesù a Nain, in Galilea, al contro funebre che accompagna alla sepoltura un giovane, figlio unico di una madre vedova. «Gesù, colpito dal dolore straziante di questa donna, compie il miracolo di risuscitare suo figlio. Ma il miracolo giunge dopo una sequenza di atteggiamenti e di gesti». Anzitutto, «Gesù pone su questa processione funebre uno sguardo attento e non distratto. In mezzo alla folla scorge il volto di una donna in estrema sofferenza. Il suo sguardo genera l’incontro, fonte di vita nuova. E il mio sguardo, com’è?», domanda Francesco. Quante volte oggi, prosegue, «ci capita di essere testimoni oculari di tanti eventi, senza però mai viverli in presa diretta. Intorno a noi, ma a volte anche dentro di noi, incontriamo realtà di morte: fisica, spirituale, emotiva, sociale. Ce ne accorgiamo o semplicemente ne subiamo le conseguenze? C’è qualcosa che possiamo fare per riportare vita?».

Il pensiero del Papa è a «tante situazioni negative vissute da vostri coetanei»: chi mette in pericolo la propria vita «con esperienze estreme», chi è già “morto” perché «ha perso la speranza». Purtroppo «anche tra i giovani si diffonde la depressione, che in alcuni casi può portare persino alla tentazione di togliersi la vita. Quante situazioni in cui regna l’apatia, in cui ci si perde nell’abisso delle angosce e dei rimorsi! Quanti giovani piangono senza che nessuno ascolti il grido della loro anima!». Nella riflessione di Francesco, spazio anche a «un diffuso narcisismo digitale, che influenza sia giovani che adulti. Tanti vivono così! Alcuni di loro forse hanno respirato intorno a sé il materialismo di chi pensa soltanto a fare soldi e sistemarsi. A lungo andare comparirà inevitabilmente un sordo malessere, un’apatia, una noia di vivere, via via sempre più angosciante».

Gli atteggiamenti negativi, riconosce il pontefice, «possono essere provocati anche dai fallimenti personali. La fine di un “sogno” può far sentire morti. Ma i fallimenti fanno parte della vita di ogni essere umano, e a volte possono anche rivelarsi una grazia! I fallimenti, se fanno crollare gli idoli, sono un bene, anche se ci fanno soffrire». Diverse le condizioni di morte «fisica o morale» in cui un giovane può trovarsi; «ricordate che quel ragazzo del Vangelo, che era morto per davvero, è tornato in vita perché è stato guardato da Qualcuno che voleva che vivesse. Questo può avvenire ancora oggi e ogni giorno».

Il secondo atteggiamento di Gesù su cui Francesco richiama l’attenzione è la sua «commozione», che «lo rende partecipe della realtà dell’altro. Il dolore di quella madre diventa il suo dolore. La morte di quel figlio diventa la sua morte». In tante occasioni, riconosce il Papa, «voi giovani dimostrate di saper con-patire. Basta vedere quanti di voi si donano con generosità quando le circostanze lo richiedono. Anche la grande mobilitazione di giovani che vogliono difendere il creato dà testimonianza della vostra capacità di udire il grido della terra. Cari giovani, non lasciatevi rubare questa sensibilità! Possiate sempre ascoltare il gemito di chi soffre. Se saprete piangere con chi piange, sarete davvero felici».

Ancora, «Gesù ferma il corteo funebre. Si avvicina, si fa prossimo. La vicinanza si spinge oltre e si fa gesto coraggioso affinché l’altro viva. Gesto profetico – si legge nel messaggio -. È il tocco di Gesù, il Vivente, che comunica la vita. È il tocco del Divino, che passa anche attraverso l’autentico amore umano e apre spazi impensabili di libertà, dignità, speranza, vita nuova e piena. L’efficacia di questo gesto di Gesù è incalcolabile. Esso ci ricorda che anche un segno di vicinanza, semplice ma concreto, può suscitare forze di risurrezione». Questo il modello che il Papa indica ai giovani, reso possibile dallo Spirito Santo, «se voi per primi siete stati toccati dal suo amore, se il vostro cuore è intenerito per l’esperienza della sua bontà verso di voi. Allora, se sentite dentro la struggente tenerezza di Dio per ogni creatura vivente».

Riguardo al ragazzo risuscitato da Gesù, il Papa evidenzia che il Vangelo non ne cita il nome: «È un invito al lettore a immedesimarsi in lui. Gesù parla a te, a me, a ognuno di noi, e dice: “Alzati!”». Il primo passo allora è «accettare di alzarsi. La nuova vita che Egli ci darà sarà buona e degna di essere vissuta, perché sarà sostenuta da Qualcuno che ci accompagnerà anche in futuro senza mai lasciarci, aiutandoci a spendere questa nostra esistenza in modo degno e fecondo. È realmente una nuova creazione, una nuova nascita». Il giovane guarito poi «cominciò a parlare», nota l’evangelista Luca. «La prima reazione di una persona che è stata toccata e restituita alla vita da Cristo è esprimersi, manifestare senza paura e senza complessi ciò che ha dentro, la sua personalità, i suoi desideri, i suoi bisogni, i suoi sogni. Parlare – prosegue Francesco – significa anche entrare in relazione con gli altri. Quando si è “morti” ci si chiude in se stessi. Quando Gesù ci ridona la vita, ci “restituisce” agli altri».

Oggi spesso «c’è “connessione” ma non comunicazione», è l’analisi del pontefice, che ai giovani confida il desiderio  di lanciare, «insieme a voi», la «sfida di una svolta culturale, a partire da questo “Alzati!” di Gesù. In una cultura che vuole i giovani isolati e ripiegati su mondi virtuali, facciamo circolare questa parola di Gesù: “Alzati!”. È un invito ad aprirsi a una realtà che va ben oltre il virtuale. Ciò non significa disprezzare la tecnologia, ma utilizzarla come un mezzo e non come un fine». Ancora, «“Alzati” significa anche “sogna”, “rischia”, “impegnati per cambiare il mondo”, riaccendi i tuoi desideri, contempla il cielo, le stelle, il mondo intorno a te. “Alzati e diventa ciò che sei!”. Grazie a questo messaggio, tanti volti spenti di giovani intorno a noi si animeranno e diventeranno molto più belli di qualsiasi realtà virtuale». Quindi l’invito: «Fatevi sentire!».

La risurrezione del ragazzo, è l’ultimo punto della riflessione del Papa, lo ricongiunse a sua madre. «In questa madre possiamo vedere Maria, nostra Madre, alla quale affidiamo tutti i giovani del mondo. In lei possiamo riconoscere pure la Chiesa, che vuole accogliere con tenerezza ogni giovane, nessuno escluso».