Ma nei cuori l’antisemitismo striscia ancora

Padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese e grande esperto del mondo ebraico: ''C’è soltanto il politically correct che ormai è acquisito. Chi riesce a contenersi, non tira fuori cose che non sono politicamente corrette. Ma il problema vero è il cuore. Ancora non c’è una conversione del cuore nel nostro contesto occidentale riguardo al problema di Israele''. Su ebrei e omosessuali emerge la ''paura della diversità''.

Le ennesime dichiarazioni choc, questa volta antisemite e omofobe, del presidente della Federcalcio italiana Carlo Tavecchio, hanno scatenato un putiferio di condanne e indignazione. Dopo le gaffe sui calciatori di colore (“Optì Pobà e i neri mangiatori di banane”), e sulle donne nel calcio (“donne handicappate nel calcio”) Carlo Tavecchio ci ricasca. In un colloquio registrato con il quotidiano online “Soccerlife” e ripreso dal “Corriere della Sera” si è lasciato scappare espressioni inaccettabili contro gli ebrei e gli omosessuali. “La sede della Lega Nazionale Dilettanti? Comprata da quell’ebreaccio di Anticoli”. “Non ho niente contro gli ebrei, ma meglio tenerli a bada”. E poi ancora: “Tenete lontano da me gli omosessuali”. Durissima la condanna degli ebrei. È il presidente delle comunità ebraiche in Italia, Renzo Gattegna, a prendere la parola: “Le indecenti affermazioni antisemite e omofobe del presidente della Federcalcio italiana Carlo Tavecchio costituiscono un fatto gravissimo e un danno d’immagine immenso per la credibilità dello sport nazionale e delle sue istituzioni”. Ma come è possibile che nel 2015 ci sia ancora qualcuno che esprime un tale disprezzo verso ebrei e omosessuali? “Ex abundantia cordis os loquitur”, risponde padre Innocenzo Gargano, camaldolese, professore alla Pontificia Università Urbaniana ma soprattutto grande esperto e conoscitore del mondo ebraico. “Significa che se tu hai qualcosa nel cuore che non funziona, primo o dopo viene fuori attraverso la bocca. Il vero problema dell’antisemitismo strisciante è che non c’è ancora una conversione del cuore”.Ma come? Dopo tutto l’impegno che si sta facendo per estirparlo?“C’è soltanto il politically correct che ormai è acquisito e quindi chi riesce a contenersi, non tira fuori cose che non sono politicamente corrette. Ma il problema vero è il cuore. Ancora non c’è una conversione del cuore nel nostro contesto occidentale riguardo al problema di Israele. E questo è un lavoro che dobbiamo fare in profondità. Non bastano i grandi gesti esterni, che vengono poi confermati dal comune modo di agire e parlare. Bisogna andare più in fondo”. Riascoltando le registrazioni di Tavecchio, si ha l’impressione di un linguaggio antisemita e omofobo in realtà molto banalizzato? “È la paura della libertà. Certa gente non ha la disponibilità a godere della diversità, della libertà e della creatività degli altri. Le prende come minaccia, invece di rendersi conto che sono una ricchezza straordinaria che si sta proponendo alla crescita dell’umanità. È la paura. Ed è molto più profonda di quanto noi immaginiamo. Per cui bisogna educare la gente alla gioia della diversità. E questo vale per ogni essere umano. In un tempo in cui l’orizzonte non è più chiaro e stanno sfuggendo di mano tutta una serie di certezze, la gente si rifugia nella paura e la paura genera contrapposizione e la contrapposizione purtroppo porta violenza”. E questo vale anche per gli omosessuali?“Vale per tutto ciò che si presenta come diverso. Alla base di tutto manca la conversione del cuore. Cioè la disponibilità ad accogliere la novità come un dono e a godere della libertà altrui”. Ma secondo lei i giovani utilizzerebbero frasi come quelle pronunciate da Tavecchio?“Ci sono frange di giovani estremisti. Direi di più, sono proprio loro le vittime di questa paura perché soprattutto per i giovani non c’è un futuro chiaro e quindi si rifugiano nella paura e la paura accumula violenza”E quindi?“Ci vogliono persone autorevoli che possano testimoniare la bellezza del nuovo, la bellezza di ciò che è libero, di ciò che è creativo, la bellezza di ciò che è diverso perché è il diverso che fa vedere l’insieme del prisma. Ma siamo ancora lontani, molto lontani. La proposta che dovremmo fare è quella di una comunione nel rispetto e nella distinzione dell’altro”.