Maria ha l’occhio discreto e delicato di una mamma che sa leggere negli occhi dei figli

Il testo integrale dell'omelia dell'Arcivescovo Giovanni per la Messa del Pilerio

Maria partecipa con Gesù, suo figlio e i discepoli di Lui ad una festa nuziale; un momento solenne di ogni famiglia ebraica, evento che si prolunga nel tempo (nel libro di Tobia si parla di una celebrazione che generalmente dura sette giorni…), occasione di incontro e possibilità di vivere la festa, come espressione del bisogno di gratuità che ciascuno di noi si porta dentro. Ma a questa festa, ad un certo punto, qualcosa va storto: viene a mancare il vino, elemento fondamentale per la celebrazione di una festa di nozze nel Medio Oriente, allora come oggi.

Davanti ad una situazione del genere c’è l’imbarazzo più totale: che si fa? Gli sposi stessi forse iniziano a rendersi conto che qualcosa non va, non funziona, e gli sguardi interrogativi dei servi sono un po’ come tante lame che raggiungono il cuore e che fanno uscire domande: come è potuto succedere? Non abbiamo fatto i conti giusti, ho sbagliato io o hai sbagliato tu? Ma forse qualcuno ci ha preso in giro ed ha sottratto del vino… Cosa possiamo dare adesso agli invitati? Questa situazione non promette niente di buono, e butta una ipoteca pesante sulla stessa celebrazione delle nozze, insomma, “porta un po’ male”.

Maria ha l’occhio discreto e delicato di una mamma che sa leggere negli occhi dei figli quello che stanno passando, prima ancora che i figli glielo comunichino. E una mamma così non solo sa essere silenziosa e prudente nel suo comportamento, ma sa andare subito all’essenziale, perché coglie il disagio delle persone, prima ancora dei fatti che causano turbamento e imbarazzo. Dice infatti: “Non hanno più vino” e non semplicemente “non c’è più vino”: si mostra attenta a qualcosa che è balenato negli occhi degli sposi che rischiano di veder naufragare il giorno più bello della loro vita in occasione per essere presi in giro e derisi dai parenti e dagli amici. Solo lei l’ha saputo leggere e si è fatta interprete presso suo Figlio di questo disagio.

Nel cuore di ognuno di noi, proprio come nei protagonisti del racconto evangelico, è presente il desiderio della felicità, che si esprime attraverso il bisogno di un “senso” da dare alla vita, nella duplice accezione della parola, “significato” e “valore”! Anche noi come gli sposi di Cana facciamo delle scelte nella vita perché in esse troviamo l’avveramento di un passo verso la pienezza, e oltre all’investimento di tante risorse personali, sentiamo crescere in noi anche tante attese nei confronti di quanto abbiamo pensato, organizzato, scelto, realizzato. Ma anche a noi può essere successo, come a Cana, che qualcosa andasse storto: là era la mancanza del vino, per noi può essere l’assenza di una cosa attesa e sperata che però non arriva, la impossibilità di portare a termine un progetto, l’inizio di una malattia, la percezione realistica, ma piena di delusione, che qualcosa è irrimediabilmente cambiato nelle nostre relazioni, e altro ancora… Che fare? Dopo lo sconcerto e il disagio iniziale abbiamo anche noi, come gli sposi a Cana iniziato a chiederci: “come è potuto succedere?” o “di chi è la colpa?” che significa, chi ha sbagliato? in cosa non siamo stati attenti?… A chi posiamo fare il processo?

Oggi siamo qui a celebrare la Madonna del Pilerio perché crediamo che qui, in questo avvenimento, c’è una parola anche per noi. Una parola che rappresenta il farsi carico di Maria non solo dell’imbarazzo degli sposi a Cana, ma anche delle nostre fatiche, delle nostre sofferenze, dei nostri disorientamenti, dei nostri perché, del nostro bisogno di dare senso ai segmenti bui e dolorosi delle nostre giornate.  E allora mettiamo davanti a Maria ogni nostra domanda e ogni nostra richiesta e le chiediamo di dirci, come madre amorosa, qualcosa.

“Fate quello che vi dirà”: è quanto dice ai servi ed è quanto dice a ognuno di noi che viviamo situazioni simili o affini a quella degli sposi di Cana. Maria ci indica una strada: far diventare il Vangelo di Gesù la risposta a queste situazioni, così come lo è stato quando, lungo le strade di Israele di duemila anni fa, ha riempito di buona novità le giare vecchie rimaste vuote, ha consolato le lacrime di chi piangeva e sollecitato ad intraprendere una vita nuova coloro che si erano smarriti. Fate quello che vi dirà è, ancora, imparare ad ascoltare con più attenzione le parole di Gesù racchiuse nel Vangelo per poterle gustare e per poterle sperimentare come qualcosa che ci riguarda: il Vangelo, infatti non ci dice prima di tutto quello che noi dobbiamo fare, ma quello che il Signore fa per noi. E così, come lungo le strade di Israele Gesù diceva la sua parola e donava la sua carezza a coloro che si sentivano ed erano realmente esclusi da tutti, come i lebbrosi, così desidera farlo con noi. E così, come continuava a scommettere sulle persone, anche quelle su cui c’era poco da scommettere, perché erano morte da quattro giorni, come Lazzaro, così continua a scommettere sulle nostre povere risorse, nonostante il cattivo odore dei nostri peccati. E ancora, come sapeva riconoscere il cammino di ognuno, aspettando fiducioso che arrivasse alla sua maturazione, come lo scriba a cui rivela “non sei lontano dal Regno di Dio”, così non svaluta i nostri sforzi talvolta goffi e senza criterio di raggiungerlo, ma li apprezza e valorizza, come perfetto educatore.  Fate quello che vi dirà è la consegna che la madre di Gesù fa ancora oggi ad ognuno di noi perché possiamo sperimentare la potenza della parola del suo Figlio che “fa nuove tutte le cose”.

“Fare il Vangelo è la strada per reintrodurre l’amore nel mondo e nella casa, per riconquistare l’amore anche quando sembra impossibile, quell’amore che si estende sul figlio che ha sbagliato, sul coniuge che ha ingannato, sull’anziano che ha perso il senno, sul familiare malato; amore che ama per primo, che ama in perdita, che ama senza pretendere il contraccambio, amore di vangelo. E Santa Maria, la donna che non si rassegna davanti alla crisi di Cana, ci mostra che c’è una legge fondamentale per cui le cose possono andare dal piccolo al grande, dal debole al forte, dall’acqua al vino, in tutte le situazioni. E’ la legge della speranza.” (E. Ronchi)