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Marulla, il grande bomber rossoblù
L’anno del Centenario del Cosenza Calcio è l’occasione per fare un viaggio nella storia dei Lupi grazie ai protagonisti in campo e fuori. Luigi Marulla è stato il giocatore più rappresentativo della squadra rossoblù, con 91 gol siglati. Mai nessuno ha segnato tanto come il “Tamburino” di Stilo, oggi cinquantenne. Lo abbiamo raggiunto.
Quando e come comincia la storia d’amore tra Marulla e il Cosenza?
Era il 1981, io giocavo nella primavera dell’Avellino e sono venuto a Cosenza, quando c’era il presidente Morelli. La squadra allora giocava in C1, e da lì è iniziata una carriera rossoblù che poi è durata tantissima.
Com’è stato il primo approccio?
Essendo un giovane ero guardato con diffidenza, c’erano giocatori importanti come Silipo, Longobucco. A un giovane inizialmente non si da mai il peso giusto, ma si aspetta di vedere quello che dimostra. Poi è scoppiato questo amore con i tifosi del Cosenza.
Qual è stato il gol più bello?
Il più bello è stato quello a Cesena sul lancio di Stefano Fiore quando ho calciato al volo, anche se ne ho fatto un altro a Pescara molto bello, quando ho dribblato quattro – cinque persone. Ma ce ne sono tantissimi molto belli.
E il gol più importante?
Quello contro la Salernitana quando rischiavamo di scendere in C1. Certamente rimane il gol più importante.
Rimane questa la gioia più significativa?
Sì, ce ne sono state tantissime, ma lo spareggio di Pescara la più importante. Alla vigilia della gara c’era molta tensione, paura di retrocedere, una certa delusione: alla fine è stata una vera e propria liberazione.
E la delusione più grande?
La partita di Padova dove ho fatto un gol al 92’ ed eravamo quasi salvi e dopo due minuti ci hanno condannato alla retrocessione. Quella è stata la delusione più amara della mia carriera, anche perché è stata l’unica volta in cui sono retrocesso. Retrocedere con la città e con la squadra che ami è ancora più brutto.
Cos’è stato per Marulla il Cosenza?
È stato tutto. Io vivo qua, mia moglie è di Cosenza, ho due figli e una scuola calcio a Cosenza. Sono un cosentino adottato, questa città è la mia seconda mamma.
Lei ha consapevolezza di essere la storia del Cosenza?
Sono stato il capitano per tanti anni, il giocatore che ha fatto più presenze e più gol con questa maglia ed è una cosa che mi rende orgoglioso. Mi auguro che ci sia qualcuno che possa superare questo record, perché sarebbe una cosa importante per Cosenza. Mi rendo conto però che oggi è difficile legarsi a una città o a una squadra per tanti anni. È un periodo in cui si è legati di più al denaro che l’attaccamento alla maglia. Per questo i record sono difficilmente superabili. Allora ho rifiutato tantissime volte la serie A per rimanere a Cosenza, oggi sarà difficile una cosa del genere. Il calcio è cambiato.
È un rimpianto non aver mai giocato in serie A?
Rifarei tutto quello che ho fatto, nessun rimpianto, ho scelto con il cuore, e ancora oggi l’affetto è tanto, e questo mi ripaga delle mie scelte.
Il suo Cosenza ha sfiorato più volte la serie A. Come era il clima prima di Lecce- Cosenza nel 1992 che avrebbe potuto dare la massima serie?
C’era un clima di grande euforia, ricordo che sui palazzi c’erano scritti i nomi dei calciatori, si sperava in questo grande salto. Alla fine abbiamo perso e la delusione è stata grande, e non siamo stati neanche fortunati perché abbiamo avuto l’ultimo incontro fuori casa a Lecce. Bellissimo giocare davanti a 15000 tifosi venuti da Cosenza, avrei voluto fare al Cosenza il regalo della serie A che è la ciliegina sulla torta per una città che merita il grande calcio. La provincia di Cosenza è grande, i tifosi sono grandi. Al Cosenza competono grandi categorie. Se solo pensiamo che in Lega Pro Cosenza è al primo posto come affluenza di pubblico, figuriamoci cosa sarebbe una serie A.
Quest’anno è un’occasione importante per gettare le basi per il futuro.
Quest’anno è un’occasione importante visto che salgono 8 squadre nella Lega Pro unica e si possono gettare le basi per far bene, anche perché questa società sta lavorando bene. Il presidente Guarascio vuole bene al Cosenza, sta facendo un grandissimo lavoro.
Il compagno di squadra e l’allenatore con cui ha legato di più?
Quello con cui ho legato di più è Ciccio Marino, con cui ho diviso la stanza tantissimi anni. Lui poi è di Cerisano e ci vediamo spesso; ho avuto un bellissimo rapporto con tutti gli allenatori. Fascetti in primis e Montefusco qui a Cosenza in C1.
E Gianni Di Marzio com’era?
A Di Marzio dovrebbero dare l’oscar del calcio, ha vinto quattro volte il Seminatore d’Oro. Entra nella testa del giocatore e gli fa dare sempre il massimo. Aveva una grande grinta, nello spogliatoio si faceva sentire, ma era un signore.
I suoi ricordi del derby col Catanzaro.
Ne ho giocato uno che abbiamo perso a Catanzaro 4-1, poi uno che è terminato 0-0 in casa. Allora le partite si sentivano di più, oggi questa cosa è andata un po’ scemando, la rivalità dipende anche dalla categoria in cui militano le squadre.
Com’è cambiato il calcio da quando giocava lei?
Il calcio è cambiato con l’avvento delle televisioni, una volta per vedere i gol di serie B dovevi aspettare il giorno dopo, oggi te li fanno vedere tantissime volte. La gente oggi può decidere se vedere la partita sul divano o meno. Oggi il calcio sta diventando un lavoro, prima c’era più passione, più amore.
Il suo impegno coi giovani può servire anche a risvegliare questa passione.
Ho la passione del campo e dei giovani, spero di far emergere qualche talento calabrese, anche se i bambini di oggi vogliono tutto e subito, senza sacrificio, senza lottare, si abbattono subito.