Messaggio del vescovo Checchinato

Una notizia che purtroppo ha scombussolato questa giornata fin dalla mattinata. Certamente ci rendevamo tutti conto della situazione problematica di salute che affliggeva papa Francesco, anche dopo il il ricovero in Ospedale, ma la sua presenza a qualche celebrazione e soprattutto il suo affacciarsi ieri al balcone ci rassicuravano in qualche maniera. Ora ci resta di prenderne atto e di fare ciò che ogni cristiano fa davanti alla morte: leggerla alla luce della Risurrezione del Signore che abbiamo celebrato solennemente ieri e che continuiamo a celebrare nell’Ottava di Pasqua fino a domenica prossima. Quando succede un decesso in famiglia ci si riunisce e, in qualche maniera, si sente il bisogno di far emergere i ricordi, le particolarità, i momenti significativi della persona che ci ha lasciato per fissare, in un ulteriore frammento, le particolarità della vita della persona cara. E non posso non ricordare prima di tutto un momento di incontro personale, avvenuto ad agosto 2018, quando dopo una celebrazione a Piazza san Pietro presieduto dal Cardinal Bassetti, Papa Francesco venne a salutare i Vescovi. Erano successi da qualche giorno due incidenti stradali che avevano causato la morte di ben sedici migranti, tutti lavoratori della zona di San Severo dove allora ero vescovo. Sentii il dovere di condividere quella notizia con lui: sapeva già tutto e citava situazioni e numeri della condizione difficile dei migranti nell’Alto Tavoliere. Mi chiese di andare a trovarli e di mettermi d’accordo con il cardinal Konrad Krajewski per vedere se si potesse fare qualcosa per tutti quei lavoratori tenuti in condizioni disumane da caporali violenti e leggi altrettanto violente che non sanno riconoscere la preziosità del loro lavoro. Accanto a questo, ci sono stati altri incontri, insieme agli altri vescovi italiani, in occasione delle Assemblee della CEI, o con i vescovi della regione Calabria, l’ultima volta proprio un anno fa, il 22 aprile 2024, in occasione della “Visita ad Limina”. Al di là dei ricordi personali, c’è tutto il suo magistero da Pontefice che è e sarà una eredità per il futuro dei credenti. Non mi riferisco solo alle sue encicliche e ai suoi documenti, ma allo stile con cui ha insegnato che la Chiesa ha bisogno di abitare il mondo, sempre e di più, rifuggendo dalla tentazione dell’autoreferenzialità che rischia di renderla sempre più marginale ed ininfluente. E così come ha accompagnato la Chiesa in questi 13 anni, così ora dal Cielo papa Francesco la accompagni nel cammino futuro.