Diocesi
Mons. Nolè: vicini agli ammalati, Gesù è il salvatore
Santa Messa in Cattedrale nella memoria della beata Vergine di Lourdes. Guarda le foto della celebrazione.
“Signore, le lacrime mie nell’otre tuo raccogli”. A far da corona alla celebrazione per gli ammalati, secondo monsignor Nolè, le poche parole di questo salmo. Le lacrime della sofferenza e del dolore irrigano e si uniscono a quell’acqua e quel sangue scaturito dalla croce redentiva di Cristo. “Il Signore raccoglie le nostre lacrime perché sono preziose e sono il pegno della nostra resurrezione e del nostro riscatto”. Nel giorno della memoria della Vergine di Lourdes, giornata dell’ammalato, Santa Messa in Cattedrale con un gruppo di malati e di operatori dell’Unitalsi.
Una celebrazione che l’Arcivescovo auspica diventi una bella tradizione nella nostra diocesi. “Oggi voi siete qui in rappresentanza di tutti i malati, preghiamo per loro e affidiamo tutti alla Madonna, Salute degli infermi”. Ogni giorno tanti sacerdoti si fanno apostoli nelle case pubbliche e private di sofferenza, dove incontrano volti e cuori nel dolore. Prende in mano il Vangelo, monsignor Nolè, e ricorda che “Gesù guariva qualche malattia, ma certamente guariva nell’anima”. Perché ogni suo incontro era di salvezza per l’interlocutore. “Almeno per un giorno tutta la Chiesa, oggi, prega per gli ammalati e per coloro che sono vicini agli ammalati, ma anche per dire la nostra vicinanza: chi di noi non ha qualche sofferenza? Magari fisica, morale, sociale” – si domanda l’Arcivescovo. “Ognuno di noi ha la sua croce, che può essere una prova, un momento difficile, la nostra stessa vocazione. Pensiamo a quella dei genitori, a quando i figli non li ascoltano, e tante volte ai figli che non riescono a dialogare con i genitori”. Il Vescovo ha invitato a deporre “tutte queste sofferenze nelle mani di Maria, lei che ha visto il suo figlio sofferente e in croce.
Una esperienza viva di redenzione. “Questo è il cammino cristiano: avere sempre la luce della risurrezione davanti. Perché la sofferenza finirà, mentre la gioia del Signore non finirà mai.Infine monsignor Nolè ha voluto “ricordare tutti gli ammalati, le famiglie, tutto il mondo del volontariato, magari nascosto ma efficace”.
Dopo l’omelia i celebranti hanno imposto le mani ai malati e amministrato il sacramento dell’unzione degli infermi.