Mons. Schillaci è il nuovo vescovo di Lamezia: “lo sguardo sugli ultimi”

Intenso pomeriggio a Lamezia con l'ordinazione episcopale di mons. Schillaci. Prima il saluto alle autorità e alla Città, poi la celebrazione eucaristica durante la quale è stato consacrato per l'imposizione delle mani di monsignor Salvatore Gristina, arcivescovo metropolita di Catania. 

“Senza mai abbattersi, penso, sia urgente e necessario mettere mano ad un’importante e significativa opera educativa da portare avanti sinergicamente da tutti: famiglia, scuola, istituzioni, associazioni, corpi intermedi”. Lo ha detto il 6 luglio monsignor Giuseppe Schillaci, neo vescovo di Lamezia Terme, nel saluto alla Città lametina nel salone del seminario “Giovanni Paolo II” che precede la celebrazione durante la quale sarà consacrato.

“Le nostre città, piccole o grandi che siano, oggi, sono sempre più pervase da un diffuso senso di frustrazione, di fatalismo e di pessimismo, soprattutto nei confronti delle istituzioni pubbliche”, ha constatato mons. Schillaci, la nostra gente si sente sempre più impotente dinanzi a fenomeni come la corruzione, la criminalità organizzata e le varie mafie, ‘ndrangheta in primis, per cui alla rabbia spesso si associa la rassegnazione”. In tale contesto – ha aggiunto – “mi pare spetta a noi il compito di contribuire, anche con il nostro stile di vita, fatto di coraggio e determinazione, ad un’inversione di rotta nei confronti di un modo di pensare che investe la vita di gran parte della nostra gente”, che per mons. Schillaci “è quasi sempre la più vulnerabile ed indifesa, la quale per lo più triste e ripiegata in se stessa. Per il nuovo vescovo di Lamezia, “la Chiesa nel nome del Signore Gesù Cristo, certamente, non può sottrarsi ad un tale compito che la vede particolarmente impegnata nell’ambito che più le compete, senza sconfinamenti, vale a dire quello spirituale, pastorale e caritativo, per una formazione delle coscienze e la promozione della persona umana nella sua integralità e pienezza di senso”. Rivolgendosi alle autorità e ai cittadini, mons. Schillaci ha evidenziato che “è necessaria una nuova partecipazione attiva” e che “individuate alcune potenzialità, bisognerebbe fare emergere tutte le risorse che sono proprie della nostra gente, del nostro territorio, e metterle in circolo con un’autentica opera di benevolenza nei confronti di tutti, dentro una visione che abbraccia ed integra tutti, senza escludere nessuno, soprattutto i più poveri”. Il vescovo eletto di Lamezia, che ha evidenziato come, “con l’aria che respiriamo, pare sia molto più facile escludere, emarginare, scartare, che accogliere, accompagnare ed integrare”, “rifare il tessuto sociale” è possibile “recuperando un valore antico e spesso dimenticato: quello della fraternità”.

 

“Solo tenendo lo sguardo fisso sul Cristo, Supremo Pastore, può pensare di radunare e guidare il popolo che gli viene affidato”. È questa, per monsignor Giuseppe Schillaci, ordinato vescovo di Lamezia Terme per l’imposizione delle mani di monsignor Salvatore Gristina, arcivescovo di Catania. “l’identità e la missione del Vescovo”. Nella piazza Numistrano, nel cuore della città lametina, dove si è tenuta la celebrazione eucaristica, il neo Vescovo ha evidenziato che “è con questo sguardo rivolto anzitutto al Cristo che vorrei provare a guardare, questa sera, tutti voi, carissimi fratelli e sorelle”. “Mi vien da dire ancor di più – ha aggiunto -, se provassi, anzi se provassimo a guardare gli altri come Cristoguarda ciascuno di noi, quale meraviglia, quale bellezza si dischiuderebbe dinanzi a noi in ogni momento, in ogni situazione, in ogni incontro, soprattutto quando la realtà, costellata da difficoltà, non priva di incognite e contraddizioni, ci appare triste e cupa, ed ogni cosa si rivela incerta, disperata, quasi irredimibile”. Per mons. Schillaci, “è con lo sguardo di Gesù Cristo che dovremmo provare a guardare la nostra storia, tutta la nostra umanità”. Infatti, “più ci stringiamo a lui, più si dilatano i confini, più si allargano gli orizzonti, è un’apertura infinita, senza limiti; è bontà; è misericordia”.  Per il presule, che ha evidenziato come “l’ascolto è apertura che rifugge da ogni chiusura in se stessi”, esso “è un invito ad uscire da se stessi, per cui il centro del mondo non sono io, i miei progetti, le mie cose, le mie idee”.

 

“Il cristiano non può mai condividere percorsi che privilegiano o accarezzano logiche malavitose di violenza, palesi o subdole, perché semplicemente contraddicono il Vangelo”. “È proprio il rovesciamento della logica di questo mondo a fare ‘la differenza cristiana’, ha affermato il presule, ma è quello che siamo chiamati a incarnare con uno stile di vita, con dei gesti concreti, in particolare, nei confronti di coloro che non contano nulla, dei senza difesa e delle vittime”. Per mons. Schillaci, “il servizio per un discepolo significa conformarsi allo stile di vita di Cristo”. “Ogni buon discepolo, ha proseguito, non vuole mai esercitare sull’altro e sugli altri nessuna forma di potere, per cui abbracciare la forma del servizio significa prendere decisamente le distanze da ogni logica che mira al dominio e al controllo sugli altri e degli altri”. Tutto ciò, ha evidenziato, “comporta rinunciare ad uno stile di vita che cerca tornaconto ed interesse personale o che si serve dell’uso della forza e della violenza solo per un desiderio sfrenato di potere. È con il Vangelo che bisogna fare i conti, non per scoraggiarsi, ma al contrario per ritrovare freschezza, energia, entusiasmo”. Mons. Schillaci ha ringraziato papa Francesco “che ha voluto chiamarmi al ministero episcopale” perché “con il suo ministero petrino ci invita incessantemente a lasciarsi plasmare ed inquietare dalla gioia del Vangelo per uscire e con la forza del Vangelo avviare processi”.