Nazione e religione in Ernest Renan

Il pensatore analizza le idee di fede e nazione seguendo principi positivistici 

La nazione, la religione, l’avvenire. Sulle tracce di Ernest Renan” (Raffaello Cortina Editore) è il titolo del volume pubblicato recentemente dallo storico, François Hartog, nel quale viene ricostruita la figura del famoso pensatore francese Ernest Renan, noto per le sue posizioni in merito agli sviluppi della religione, al futuro della società e ai progressi scientifici. Hartog segue una linea essenzialmente tematica nella trattazione della vita e del pensiero del filosofo, storico, linguista ed epigrafista d’Oltralpe, nato in Bretagna nel 1823 e morto a Parigi nel 1892. Cresciuto in una famiglia cattolica, Renan fu avviato agli studi seminariali che, in seguito ad una crisi esistenziale, decise di abbandonare proseguendo le sue ricerche sull’averroismo e dedicandosi alle missioni scientifiche. Durante uno dei suoi viaggi scientifici, insieme alla sorella Henriette, concepì l’opera “Vita di Gesù”, il suo più celebre capolavoro.

In questo contributo, dato alle stampe nel 1863, il francese offre uno dei massimi esempi di applicazione delle tesi positivistiche, apprese da Auguste Compte, alle scienze storico-filosofiche e alla storia delle religioni. Egli ritiene che la vita di Gesù debba essere trattata come quella di un qualsiasi personaggio storico, a partire da una prospettiva umana e razionalistica. Definisce il Figlio di Dio come un “uomo incomparabile” investito di un alto senso morale. Allo stesso modo anche la Bibbia, a suo avviso, va analizzata su un piano critico e secondo un approccio storiografico. Gli eventi sovrannaturali vanno messi da parte perché non sono direttamente osservabili. “Vita di Gesù” ottenne un notevole successo, ma fu accompagnato da tante critiche provenienti specialmente dall’ala più tradizionalista del cattolicesimo. Nel 1864, per via della rivoluzione editoriale rappresentata da questa sua pubblicazione, Renan fu destituito dalla cattedra di ebraico al Collège de France, ruolo che poi riottenne nel 1870. Curò anche una monumentale opera intitolata “Storia delle origini del Cristianesimo” in sette volumi, pubblicata tra il 1863 e il 1881. Sulla sua stesura influì sempre il positivismo comptiano, che le diede un’impronta storiografica notevole senza tante pretese teologiche. L’interesse per la scienza portò il filosofo francese a sostenere perfino la teoria sulla selezione naturale di Darwin. Le idee fondamentali al centro di tutto il pensiero di Renan, riprese e approfondite nel saggio di Hartog, sono “nazione”, “religione” e “avvenire”. Il suo modo di concepire questi settori rappresenta un notevole lascito culturale per l’umanità intera. L’approccio eclettico di questo teorico del XIX secolo porta scienza, religione e filosofia a intersecarsi, generando un intreccio che punta a dare risposte a domande esistenziali sulla natura dello stato, sull’uomo e sulla verità. Per entrare nella mente di Renan, Hartog si è avvalso delle sue ricerche sui “regimi di storicità”, cioè sui modi attraverso i quali una società tratta il suo passato, e sulla “condizione presentista” cioè com’è oggi il presente e i rischi che provoca nel cancellare il passato. La “nazione” è per Renan un “principio spirituale, il risultato di complicazioni profonde della Storia”. La si tiene unita grazie ad una “ricca eredità di ricordi”, ad una comunanza di interessi, di lingua e di cultura. Essa guarda al futuro cercando in tutti modi di non recidere i rapporti con il passato. Serve quindi – a suo avviso – un “plebiscito quotidiano” per sancire la volontà di convivenza reciproca. L’associazione volontaria di individui, che hanno condiviso grandi cose e che vogliono farne altre insieme, è la radice da cui si è sviluppata la nazione. È questo un modello contrattuale che rifiuta l’idea di nazionalismo razziale di stampo tedesco, aprendosi invece ad esperienze diverse fra più razze e lingue. Passato e presente coesistono fra loro e convivono nell’anima collettiva, che si nutre della sua memoria storica e ha voglia di costruire sempre. La nazione è quindi la nostra casa, eretta a partire dai nostri sacrifici e pronta a rinnovarsi. E su queste basi poggia il concetto di “uomo” che, secondo Renan, è un “individuo che non si improvvisa mai” ma che fa sua l’eredità ricevuta. In questa prospettiva lungimirante è insita l’immagine di un’Europa unita, fondata su solide basi cattoliche e su principi di libertà e di uguaglianza. La “religione” ha giocato un ruolo decisivo nella vita del pensatore francese. Muovendosi tra tradizione e innovazione ha sostenuto che “ognuno crede e pratica come vuole. Non esiste più una religione di stato; su può essere francesi, inglesi, tedeschi, essendo cattolici, protestanti ebrei o senza praticare alcuna religione. La religione è diventata una questione individuale, riguarda la coscienza di ciascuno”. Già nell’ottocento Renan riteneva che il vero cattolicesimo era quello della purezza dei cuori e della solidarietà sociale, non quello dei concili o della teologia. Il Regno di Dio è il regno dell’anima di tutti, dove l’amore del Figlio verso il Padre altro non è che il simbolo dell’amore umano. Renan è considerato uno dei fondatori del modernismo teologico, che ha dilaniato la Chiesa fino al Concilio Vaticano II, di cui è stato un precursore.