Cultura
Nuove scoperte al Santo Sepolcro
L’area su cui sorge la basilica cristiana a Gerusalemme era usata in passato come cava per attività estrattive
A distanza di due anni dall’inizio dei lavori di scavo presso la Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, perno della cristianità, sono stati divulgati i risultati delle ricerche effettuate dall’équipe del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma “La Sapienza”, che collabora con il Ministero della Cultura Israeliano. Francesca Romana Stasolla, docente di Archeologia Cristiana e Medievale all’ateneo romano nonché responsabile del cantiere presso la capitale dello stato ebraico, ha recentemente condiviso importanti informazioni scientifiche con i responsabili dei tre riti cristiani (latino, ortodosso e armeno) che detengono la custodia del luogo santo. Il sito ha conosciuto una serie di evoluzioni importanti nel corso dei secoli, fino a giungere all’attuale conformazione. I lavori condotti fino a questo momento hanno interessato l’ingresso (aree U e N della mappa), la parte meridionale del deambulatorio (area P) e l’area francescana a nord (aree T, R, S).
Gli esperti hanno confermato che la superficie del centro storico di Gerusalemme su cui sorge la Basilica poggia su un piano roccioso che, nel corso del tempo, è stato interessato da una serie di trasformazioni geofisiche, dovute all’attività estrattiva. Il luogo era una vera e propria “cava” e gli sfruttamenti estrattivi erano di diversa natura: da quello “industriale con profondi tagli a sega” sotto l’area della navata nord, la più antica, a quello a blocchi più piccoli o “rudimentale” nella zona meridionale della Rotonda. L’attività estrattiva durò molto tempo e si sviluppò in più fasi, l’ultima delle quali coincise con l’avvio del cantiere paleocristiano. Le indagini archeobotaniche e polliniche hanno poi rilevato la presenza di resti di coltivazioni di ulivo e vite nell’area sacra già durante l’età del Ferro (1200-1600 a.C.), perché era buona abitudine destinare le cave dismesse a scopi puramente agricoli. I ricercatori si sono poi concentrati sul periodo della rifondazione di Gerusalemme nel II secolo d.C., quando l’imperatore Adriano definì la città santa “Aelia Capitolina”. L’area, che prima si estendeva al di fuori delle mura cittadine, fu inclusa nel perimetro urbano e adattata alla viabilità cittadina, grazie ad un intervento di livellamento della superficie volto all’eliminazione dei dislivelli naturali, per mezzo dell’impiego di materiali di riporto. Dal racconto di alcuni storici dell’antichità tra cui Eusebio di Cesarea, Cirillo di Gerusalemme e Girolamo emerge che lo spazio venne adibito, in epoca adrianea, a luogo di culto romano, che impediva l’accesso alla sacra tomba. Quest’area doveva essere di dimensioni contenute, rispetto a quanto riferito dall’archeologo francescano padre Virgilio Corbo, e, quasi certamente, non coincideva con il Capitolium, il tempio centrale. L’edificio di culto prevedeva una chiusura ad ovest per vietare non solo la vista ma anche l’accesso al simulacro oggetto di venerazione. Ulteriori scavi nella navata nord saranno finalizzati ad approfondire anche quest’aspetto. Verso il IV secolo d.C., quando venne eretta la prima basilica cristiana sul luogo della crocifissione e sepoltura di Gesù in età costantiniana, la collina fu spianata ma venne preservata la camera funeraria, che pare contenesse il sepolcro di Gesù. Quest’ultima fu foderata esternamente con un rivestimento che, col tempo, portò ad un processo di monumentalizzazione e, quindi, all’attuale Edicola del Santo Sepolcro. Ne risultò un piccolo santuario circolare con un’anticamera preceduta da tre gradini, intorno a cui furono piazzate 12 colonne che andarono a costituire una pianta circolare. Non possedendo notizie certe sulla copertura è ipotizzabile che questa iniziale progettazione dovesse essere all’aria aperta. In questo modo intorno all’Edicola potevano svolgersi le celebrazioni e i visitatori potevano ruotare attorno al monumento. Verso la fine del IV secolo furono ultimati i lavori della Rotonda e fu avviato anche un riassetto dell’Edicola. Le fonti storiche riferiscono che la Rotonda e la basilica cristiana dovevano comunicare fra loro per mezzo di un triportico. Dagli scavi è stato possibile trovare tracce dello stilobate lungo i lati nord, est e sud, che danno un’idea di come doveva essere la curva absidale della grande chiesa, oltre a fornire indicazioni sulla tecnica muraria usata in fase di fondazione e comprendente grandi blocchi di pietra locale. Durante il IV secolo si andò costituendo, quindi, un santuario con i suoi luoghi di culto e di venerazione, con liturgie differenziate e con percorsi di visita. I pellegrini potevano circolare intorno ai punti adibiti alla venerazione e ripararsi sotto i portici, secondo gli itinerari previsti per i santuari precristiani e della prima età cristiana. Sono stati anche rilevati i resti di passaggi e ambienti adiacenti, appartenenti a tutta la struttura del luogo santo. “Si sta anche documentando l’intera basilica ed i suoi annessi, per riconnettere i dati scavati alle architetture. Si lavora anche alla documentazione dei materiali, il cui studio contribuisce a costituire una grande occasione per la conoscenza della città”, si legge in un comunicato della “Sapienza”. Ci saranno anche interventi di natura più tecnica, che porteranno all’istallazione di nuovi cablaggi, di nuovi impianti elettrici e di reti fognarie e idrauliche nella basilica, oltre alla sostituzione delle lastre del pavimento danneggiate. I lavori continuano in varie sezioni, specialmente nella navata nord della basilica, e permetteranno di approfondire le conoscenze del luogo santo, punto di riferimento per la nostra fede nonché cuore dell’archeologia cristiana.