Cultura
Nuovi studi sulla cava romana di Nicotera, un bene in stato di abbandono
: Il sito appartiene al periodo romano e conserva manufatti risalenti al periodo tra il I e il IV secolo d.C.
La cava romana di Nicotera nel vibonese è uno di quei siti archeologici caduti nell’oblio a cui i ricercatori, per troppo tempo, hanno rivolto scarse attenzioni. Allocata tra la frazione Marina e la Stazione ferroviaria, in località “Agnone”, a 60 metri dal livello del mare, è stata scoperta nel 1972 dall’archeologo Achille Solano, il quale per primo intuì la rilevanza del luogo. L’esperto compì una serie studi molto approfonditi a cui contribuì anche l’Università di Venezia. Scrisse sulla nota rivista di Studi Meridionali che, “durante l’esplorazione archeologica ed i saggi di scavo svolti a Nicotera dal 1 al 29 luglio 1972, è stata messa in luce una fodina (cava) di epoca romana, di cui ora diamo la prima relazione”. A questa pubblicazione ne seguì una del 1985 recante il titolo “La Cava di Granito di Nicotera”. Solano, nato nel 1933 nella cittadina vibonese e morto sempre qui nel 2012, ha dedicato tutta la vita allo studio della sua terra natia. La cava nicoterese, risalente al periodo tra il I e il IV secolo d.C., ha attratto l’attenzione di un team di geologi dell’Università di Catania, interessati ad essa da oltre un ventennio, e di due ricercatori dell’Università di Marsiglia, giunti recentemente sul posto per indagarla meglio. Gli studiosi sono stati accompagnati dal console del Touring Club Italiano, Giovanni Bianco, dal presidente dell’associazione “Difesa Diritti del Territorio”, Pino Brosio, dal responsabile del dipartimento Cultura, Giuseppe Caloprestri, dal vicesindaco Lorella Destefano, dal consigliere con delega alla Cultura, Giuseppe Leone, e dall’assessore Marco Vecchio. Vari funzionari della Soprintendenza hanno partecipato alla supervisione dei lavori. Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento Scienze biologiche, geologiche e ambientali, sta conducendo le ricerche con l’aiuto delle docenti Rosalda Punturo e Patrizia Fiannacca. Cirrincione ha sostenuto che si tratta di una cava di interesse archeologico e geologico, e che la roccia risale almeno a 300 milioni di anni fa. I romani erano soliti estrarre il granito e lavorarlo, producendo manufatti rinvenuti nel medesimo sito. Molto probabilmente venivano realizzati e trasportati dal sottostante porto nelle altre città dell’impero romano. Da Nicotera arriverebbero alcune colonne custodite nel museo nazionale romano delle terme di Diocleziano, altre invece sono state usate nella chiesa di Santa Eufemia Vetere nell’antica cattedrale di Mileto. La cava doveva essere originariamente molto più estesa rispetto al rinvenimento degli anni settanta, e ciò è dimostrato dal fatto che i materiali prodotti venivano esportati in altre regioni del paese. Vi sono esempi di colonne realizzate con il granito della cava di Nicotera, di vasi e vasche granitiche in tutta Italia e anche in Tunisia – come hanno appurato Pierre Rochette, docente di geologia a Marsiglia, e il collega archeologo Andreas Hartmann-Virnich. “Si trovano in una moschea, non sappiamo se portate dai romani oppure dagli arabi più recentemente dopo averle prelevate da qualche altro edificio. Di queste colonne ne abbiamo poi trovate in Sicilia, in Campania, in Toscana e a Roma nei musei vaticani, dove ci ha aiutato con i prelievi Patrizia Macrì dell’Ingv. Vogliamo dimostrare la diffusione del granito di Nicotera oltre i confini calabresi e per farlo era necessario venire qui per vederlo e studiarlo da vicino” ha specificato Punturo. La cava di Nicotera merita il giusto riconoscimento e apprezzamento tra i beni appartenenti al patrimonio culturale calabrese, ed è anche meta di turismo. Il granito destinato invece a usi per lo più ristretti al suolo calabrese era quello proveniente da un’altra cava vibonese, precisamente quella di “Parghelia”, molto più fragile del primo e, quindi, più soggetto a fratture che lo rendevano poco trasportabile oltre i confine del territorio calabro. Presenti al sopralluogo anche l’archeologo calabrese Francesco Cuteri, dell’Accademia delle belle arti di Catanzaro, che già in passato si è occupato delle cave costiere calabresi, e il geologo Antonio Scrivo per conto della Soprintendenza. Dopo oltre vent’anni di studio del sito, Cirrincione ha escluso categoricamente un collegamento con il periodo greco. Queste ricerche serviranno a scrivere nuove pagine si storia della cittadina vibonese che, in questo modo, viene tolta dall’oblio e consegnata alla memoria collettiva, grazie all’immane lavoro congiunto di questi esperti – ha riferito Bianco. La cava abbandonata da tempo, per l’occasione, è stata appositamente ripulita dal comune, che ha avviato da tempo l’iter per l’acquisizione del terreno su cui essa sorge. I risultati dei rilievi e delle misurazioni dei reperti, fatti dai geologi e dagli archeologi, si conosceranno solo a primavera del 2025. Cirrincione ha assicurato che tornerà sul luogo, per verificare l’estensione della cava nicoterese, sfruttando anche una serie di fotografie che l’associazione “Difesa del territorio” gli fornirà. Un tesoro così prezioso, ad ogni modo, deve essere sottratto all’incuria.