Primo Piano
Nuovo Messale tra novità e tradizione
Intervista a monsignor Maurizio Barba docente presso il Pontificio Istituto Liturgico in Roma. Il Messale, come tutti i libri liturgici, oltre all’aspetto puramente funzionale, possiede una dimensione pedagogica che aiuta a conoscere e comprendere il valore di ciò che si celebra e a vivere quanto celebrato. Molte le novità del nuovo libro liturgico. Sei nuovi prefazi, due anche per le donne dottore della Chiesa.
L’utilizzo del nuovo Messale Romano diventerà obbligatorio in tutte le parrocchie italiane dalla prossima Pasqua, il 4 aprile 2021, ma può essere utilizzato anche prima. Tante conferenze episcopali hanno già dato indicazione per il prossimo 29 novembre, prima domenica d’Avvento. Le novità della nuova traduzione rinnovano alcuni passaggi della liturgia alla quale molti di noi erano abituati fin da bambini. Si tratta di una traduzione più efficace che coglie ancora di più lo spirito del Concilio Vaticano II. Di questi cambiamenti e delll’importanza del libro liturgico ne abbiamo parlato con Monsignor Maurizio Barba, docente presso il Pontificio Istituto Liturgico di Roma.
Mons. Barba, la nuova edizione del Messale Romano è stata pubblicata dopo un lavoro di 16 anni. Che tipo di impegno ha richiesto questa nuova traduzione?
Gli antefatti del lungo periodo che ha caratterizzato il lavoro di traduzione del libro liturgico “princeps” della preghiera della Chiesa sono: una nuova edizione latina del Messale, quella del 2002, e una nuova normativa circa le traduzioni dei libri liturgici, l’istruzione “Liturgiam authenticam” del 2001, superata poi nel 2017 dalla Lettera Apostolica “Magnum principium” con la quale si demanda la responsabilità delle traduzioni alle Conferenze Episcopali. Va precisato che il Messale è “nuovo” nell’edizione grafica, nei testi aggiunti e nella traduzione di alcune preghiere, ma nella sua sostanza è la fedele ritraduzione del Messale di Paolo VI. Infatti, quella che oggi abbiamo tra le mani è la nuova traduzione in lingua italiana della versione latina del Messale Romano, giunto alla sua terza edizione tipica. Nuova traduzione che si colloca proprio nel cinquantesimo anniversario della promulgazione del Messale Romano del Concilio Vaticano II, approvato da Paolo VI l’11 marzo del 1970 e promulgato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il 26 marzo di quello stesso anno, nella ricorrenza del giovedì santo, giorno in cui la Chiesa celebra l’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio, come pure la consegna ai discepoli del comandamento dell’amore. La nuova edizione italiana del Messale, dunque, rimanda, oltre al testo latino di riferimento, anche alle altre due traduzioni che l’anno preceduta, ovvero a quella del 1973, che traduceva il testo latino del 1970 e a quella del 1983, relativa all’edizione tipica del 1975. Si può ben intuire, pertanto, che c’è voluto molto tempo per giungere alla pubblicazione della nuova edizione italiana del Messale, perché il delicato e complesso lavoro di traduzione e adattamento del testo tipico latino alla cultura e alle nuove esigenze e costumi della popolazione italiana, prima ancora di essere una questione meramente stilistico-letteraria, è un atto che riguarda direttamente e principalmente il deposito della fede, nel processo della sua inculturazione all’interno della celebrazione liturgica.
Quali sono i cambiamenti e le principali novità di questa edizione numero 3?
Una prima novità o caratteristica della nuova edizione italiana del Messale, come abbiamo detto, è quella di avere una traduzione rinnovata dei testi, secondo le indicazioni normative vigenti. L’obiettivo prefissato è stato quello di produrre una traduzione fedele al testo latino, attenta a non scadere in un linguaggio ordinario troppo legato alle mutazioni linguistiche della forma parlata, ma anche di non proporre espressioni difficilmente comprensibili. Poiché l’edizione italiana rimanda a quella latina, le novità introdotte in questa si ripercuotono su quella.
Può indicarcene qualcuna?
Innanzitutto vi sono non poche aggiunte, ritocchi e miglioramenti in quel documento iniziale, chiamato “Ordinamento Generale del Messale Romano”, strumento importante che, con il suo afflato dottrinale, liturgico, spirituale e pastorale, orienta alla conoscenza di cosa si deve fare e di come si devono celebrare i diversi momenti della Messa. In questa prima parte, la novità più rilevante è l’inserimento del capitolo IX che raccoglie l’insieme delle norme relative all’adattamento e all’inculturazione della liturgia eucaristica, in particolare quelle che competono al Vescovo diocesano e alle Conferenze episcopali. Degno di nota è pure l’ampliamento della facoltà di amministrare la comunione sotto le due specie. Vi è anche un aggiornamento del Calendario Romano Generale con l’aggiunta delle nuove celebrazioni dei Santi. In diverse sezioni sia dell’anno liturgico sia nei “Comuni” e nelle Messe rituali e votive c’è stato un miglioramento dei formulari, rendendoli più funzionali, con l’aggiunta di nuovi testi di preghiera. Nel periodo di quaresima è stata aggiunta una “preghiera sul popolo” per ogni giorno: si tratta del recupero di un elemento Intervista a monsignor Maurizio Barba docente presso il Pontificio Istituto Liturgico in Roma Sarà obbligatorio dal prossimo 4 aprile 2021 presente negli antichi sacramentari, la cui caratteristica è quella di essere una preghiera che il sacerdote rivolge a Dio per l’assemblea, della quale egli non si considera esplicitamente come membro, sulla quale implora l’aiuto divino. Queste preghiere costituiscono una buona opportunità di catechesi per il popolo di Dio, specialmente nel periodo della quaresima, tempo di lotta spirituale più intensa, che ha bisogno di maggiori benedizioni da parte di Dio. In appendice al Rito della Messa si trovano anche le Preghiere Eucaristiche della Riconciliazione e la peculiare Preghiera Eucaristica che può essere usata nelle Messe “per varie necessità”, elementi che nella edizione italiana erano già presenti. Ma va detto pure che la nuova edizione del Messale italiano riprende molto dall’edizione del 1983, con la quale abbiamo celebrato per quasi quarant’anni e continuiamo a celebrare fino alla prossima Pasqua, i cui guadagni che saranno mantenuti, sia pur con piccole modifiche, possono essere così elencati: l’inserimento di nuove monizioni nel Rito della Messa; la presenza di nuovi prefazi, oltre a quelli già presenti nell’edizione del 1983, cioè due per i Pastori e due per i Dottori della Chiesa; il mantenimento degli embolismi propri nelle Preghiere eucaristiche; l’inserimento di nuovi testi biblici nelle antifone alla comunione, attingendo il testo al brano evangelico del giorno; l’arricchimento del Proprio dei Santi con una notizia biografica per ogni celebrazione; l’inserimento di un’appendice con circa 165 orazioni collette per le domeniche e per alcune solennità per gli anni A-B-C, e 34 per i giorni feriali del Tempo ordinario, alle quali si aggiungono 63 orazioni sulle offerte e 63 dopo la comunione per i giorni feriali del Tempo di Avvento-Natale e di Pasqua, insieme a 10 collette per il Comune della Beata Vergine Maria. A queste novità che delineano una certa continuità con la precedente edizione, ve ne sono alcune che rilevano anche una discontinuità: in alcuni testi dell’atto penitenziale, dell’offertorio, del ricordo dei defunti nella Preghiera Eucaristica, laddove si parla di “fratelli” è stato aggiunto anche “e sorelle”, per far fronte alla preoccupazione di un linguaggio più inclusivo, in linea con la sensibilità oggi molto diffusa; nel terzo formulario dell’atto penitenziale è stata mantenuta l’espressione originale greca “Kyrie/Christe eleison”, al posto della traduzione italiana “Signore/Cristo pietà”, in fedeltà a certe espressioni, come “Amen”, “Alleluia” che nel corso dei secoli sono state conservate nella loro originaria formulazione; nella Preghiera Eucaristica II si introduce la suggestiva immagine della “rugiada” dello Spirito Santo, presente nell’originale latino; la formula per lo scambio della pace è resa con l’espressione “Scambiatevi il dono della pace” a significare che la pace è dono che viene da Dio; nella formula con la quale il sacerdote invita alla comunione, si riprende il riferimento al libro dell’Apocalisse (19,9) che dichiara beati coloro che sono invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello. Inoltre, il Messale recepisce alcune scelte approvate dai Vescovi italiani nel corso di diverse Assemblee Generali: nella formula di consacrazione del vino si mantiene l’espressione “per tutti”, quale traduzione del “pro multis” latino; nelle intercessioni della Preghiera Eucaristica II si introduce il ricordo del santo del giorno o del patrono del luogo; per la necessità di conformare il testo di alcune preghiere alla nuova versione della Bibbia CEI, è stata ritoccata la parte introduttiva del “Gloria”, nell’espressione “e pace in terra agli uomini, amati dal Signore”, e la terza petizione del “Padre nostro”, con l’espressione “non abbandonarci alla tentazione”. Di particolare interesse è pure la cura che la nuova edizione del Messale ha per la sezione musicale. Specialmente nei riti di introduzione, nel prefazio e dopo la consacrazione, il Messale prevede il testo musicato per le parti che spettano al sacerdote e al popolo. Ciò, a motivo del fatto che la musica non è solo un accessorio, ma parte integrante della celebrazione liturgica che favorisce la partecipazione ai santi misteri.
Tanto si è parlato delle modifiche apportate al testo del Padre Nostro e del Gloria. Come “leggere” questi cambiamenti?
Come ho già detto, la variante introdotta all’inizio del “Gloria” e quella introdotta nella preghiera del “Padre nostro” sono scelte dettate anzitutto da una maggiore fedeltà al testo biblico di riferimento (Lc 2,14 e Mt 6,13) e dalla necessità di adeguare il testo liturgico alla nuova traduzione della Bibbia CEI. Riguardo al “Gloria” si precisa che gli “uomini di buona volontà”, sono in realtà “gli uomini che egli [Dio] ama”, che sono cioè oggetto della volontà di salvezza di Dio. Il testo liturgico, però, per esigenze di cantabilità e per consentire l’utilizzo delle melodie in uso, modifica leggermente l’espressione in “amati dal Signore”. Inoltre, per quanto riguarda la modifica al “Padre nostro”, ricordiamo che nel 2017 il Papa è intervenuto personalmente sull’argomento perché il testo appare in quel punto contrario al senso della preghiera stessa; nella lingua italiana il verbo “indurre” esprime un’azione positiva, mentre l’originale greco “eisferein” ricalca una sfumatura concessiva (non lasciarci entrare). Il Papa aveva spiegato così la necessità di ritoccare la traduzione: «Sono io a cadere, non è Lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, aiuta ad alzarsi subito. Chi ci induce in tentazione è Satana, è questo il mestiere di Satana». Per cui aggiunge: «il senso della nostra preghiera è: “Quando Satana mi induce in tentazione tu, per favore, dammi la mano, dammi la tua mano”». La nuova formulazione, dunque, sottolinea meglio la dimensione paterna di un Dio che non ci lascia soli neppure nel momento della tentazione, evitando di attribuire a Lui la tentazione nella linea di Gc 1,13: «Nessuno, quando è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno».
Mons. Barba una comunità parrocchiale come deve prepararsi all’utilizzo del nuovo Messale?
I Vescovi italiani, nella “Presentazione” posta all’inizio del Messale, esortano i pastori a «proporre il Messale come il punto di riferimento ordinario e normativo della celebrazione eucaristica: “La migliore catechesi sull’Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata”». Del resto, insegna il Concilio che «non è possibile che si formi una comunità cristiana se non assumendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità» (Presbyterorum ordinis, 6). Il Messale, come tutti i libri liturgici, oltre all’aspetto puramente funzionale, possiede pure una dimensione pedagogica che aiuta a conoscere e comprendere il valore di ciò che si celebra e a vivere quanto celebrato. La pubblicazione del Messale è un fattore significativo non solo per la “novitas” in esso racchiusa, ma per il “noviter” a cui conduce, ovvero si tratta di uno strumento che guida alla realizzazione della celebrazione eucaristica pienamente consapevole, pastoralmente efficace e spiritualmente fruttuosa per la vita delle comunità cristiane. Il Messale è a servizio di una corretta e degna celebrazione, ma pure per la riscoperta della identità ecclesiale che sgorga dalla celebrazione del memoriale della Pasqua del Signore. Tale identità si manifesta nell’obbedienza al comando del Maestro: “Fate questo in memoria di me”. È, dunque, nella celebrazione eucaristica che la Chiesa scopre la sua identità più vera, quella di essere “corpo di Cristo”. Se è vero l’assioma che “la Chiesa fa l’Eucaristia”, ovvero che non viene fatta un’Eucaristia senza una comunità riunita che la celebra, è vero anche che “l’Eucaristia fa la Chiesa”, ovvero che tutte le volte che la comunità cristiana si raduna per la celebrazione eucaristica, il Signore risorto diventa per la Chiesa principio di ecclesialità. Inoltre, la pubblicazione della nuova edizione italiana del Messale Romano rappresenta un momento importante per la vita della Chiesa in Italia, e di riflesso per ogni comunità cristiana, diocesana o parrocchiale, in quanto se da una parte stimola ad una maggiore consapevolezza del valore cardine della celebrazione eucaristica, dall’altra costituisce l’occasione per il rilancio della pastorale liturgica che non si esaurisce solo nel momento celebrativo, ma nel contesto una visione più ampia, ovvero nell’orizzonte di una “pastorale integrata”, che raccorda la celebrazione liturgica con l’evangelizzazione e con l’intera vita cristiana.
Sarà difficile per il popolo di Dio entrare in sintonia con la nuova traduzione?
La nuova edizione italiana del Messale si colloca all’interno di una nuova stagione liturgica, così come ricordano i Vescovi italiani, quella cioè dell’approfondimento della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, conoscendone le ragioni sottese e interiorizzandone i principi ispiratori. Si tratta di accogliere il dono del Messale nel contesto di un rinnovamento che è sinonimo di impegno concreto di “interiorizzazione” e “appropriazione”, delle dinamiche intrinseche alla liturgia e di “assimilazione” e “assorbimento” del mistero della salvezza che essa veicola, celebra e realizza. L’approccio al Messale non può limitarsi a rimanere solo sul piano “informativo”, ma deve spingersi verso quello “performativo” per giungere a quello “trasformativo”. È necessario che la liturgia sia “alla portata” dell’uomo, con un linguaggio più immediato, comprensibile, meno complicato, ma è altrettanto indispensabile che l’uomo sia educato ad entrare nei dinamismi della celebrazione liturgica per parteciparvi in maniera fruttuosa. L’actuosa participatio alla liturgia, fulcro dell’intera riforma liturgica, ha un suo evidente presupposto nella possibilità dei fedeli di comprendere e fare proprio il linguaggio della celebrazione, tanto sul piano verbale quanto su quello non verbale, così come bene espresso dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, quando afferma che «la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, mediante una comprensione piena dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, pienamente e attivamente» (n. 48). Sarà dunque compito della pastorale valorizzare la conoscenza e il buon utilizzo del libro liturgico sia nel versante della celebrazione, mediante la retta comprensione e celebrazione dell’Eucaristia, sia nella direzione dell’approfondimento nella mistagogia.
Perché il Messale è così importante nella vita della Chiesa e che tipo di strumento rappresenta?
L’importanza del Messale deriva non solo dal fatto che storicamente ha regolato per secoli la celebrazione eucaristica, ma perché è stato lo strumento che ha pure forgiato la vita dei fedeli conferendone l’impronta cristiana. La particolare attenzione e cura che la Chiesa ha riservato verso questo libro liturgico, mediante le varie edizioni succedute nei secoli, deriva dalla preziosità del suo contenuto: il mistero pasquale celebrato dalla comunità cristiana. Esso, pertanto, non è solo da considerarsi come uno dei tanti libri di preghiera, ma come il libro per eccellenza della preghiera della Chiesa, in quanto raccorda con l’evento fondamentale della fede cristiana, ovvero il mistero della passione morte e risurrezione di Cristo. Pertanto, esso non solo è lo strumento per accedere alla comprensione di una corretta celebrazione liturgica, ma anche il testimone della fede orante del popolo di Dio, l’elemento distintivo della comunione dei cristiani nella stessa fede, strumento per vivere l’esperienza viva e gioiosa dell’incontro con il Risorto. Il Messale è strumento di formazione spirituale e di pedagogia pastorale: prima di essere il libro della celebrazione è il libro che guida allo studio e alla comprensione del mistero celebrato. Come tale, esso deve essere letto, studiato, meditato, non solo in vista della celebrazione, ma per la crescita della vita cristiana. Con la ricchezza dei suoi contenuti e con varietà delle dinamiche celebrative, costituisce la guida sicura per efficace cammino di conformazione al mistero di Cristo celebrato nella liturgia. Nonostante i cambiamenti, le novità e i nuovi formulari, questa nuova traduzione dal Messale Romano italiano resta fedele alla sana tradizione dell’Ars celebrandi? Che il celebrare sia un’arte è un dato sempre più emergente in tempi recenti, ma il fatto che è necessario celebrare con arte non è una scoperta moderna, ma una esigenza derivante dalla natura stessa della liturgia che nel corso dei secoli ha sviluppato, secondo differenti modalità e accentuazioni, una particolare attenzione alla ritualità, codificandola e tematizzandola a seconda delle varie sensibilità culturali. I libri liturgici, che custodiscono i riti e le preghiere con le quali si attua la celebrazione liturgica, sono il luogo dove attingere l’arte del celebrare. Essi, infatti, offrono le linee guida per la pedagogia e l’esercizio di un’arte del celebrare, ovvero educano sia chi presiede a svolgere con competenza il proprio ministero sia l’assemblea ad entrare nei dinamismi della celebrazione in vista della actuosa participatio al mistero celebrato. La partecipazione, così come sviluppata dalla riflessione conciliare con la ricca aggettivazione con la quale essa viene qualificata (piena, attiva, consapevole, fruttuosa, interna ed esterna), si muove su due piani intimamente connessi e sovrapposti: è partecipazione alla liturgia, ovvero partecipazione all’attuazione dei riti, ed è partecipazione liturgica, ovvero conformazione al mistero celebrato. I vescovi italiani ricordano che il segreto e l’efficacia comunicativa di una celebrazione sta nella ricerca dell’equilibrio tra la norma scritta e l’attenzione all’uomo storico e concreto delle nostre assemblee. Lo studio e la conoscenza dei libri liturgici, in particolare delle loro Premesse costituisce la base imprescindibile per dar corpo ad un’autentica ars celebrandi. Benedetto XVI, nella Esortazione Apostolica “Sacramentum caritatis”, afferma che: «La semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni posti nell’ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono di più che l’artificiosità di aggiunte inopportune» (n. 40).