Occhi puntati sulla Giornata del migrante e del rifugiato

Il punto di monsignor Giancarlo Perego a pochi giorni dalla ricorrenza, in un Paese e in un'Europa che ogni giorno, da mesi, ricevono nuovi migranti.

La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2016 cade in un momento particolare per  la situazione delle migrazioni economiche e forzate in Europa e in Italia.  Cresce la paura, crescono i rischi non solo di alzare muri, di forme di protezionismo, di limitazioni al welfare per i migranti, ma anche di scontri e conflittualità sociale all’interno dei Paesi europei intorno al tema delle migrazioni. Per queste ragioni, il Messaggio del Papa, quest’anno, risulta essere una traccia, un percorso di lettura del fenomeno migratorio, anche alla luce del Giubileo della misericordia. Come ogni anno ci fermiamo a considerare la situazione italiana.

  1. Nel 2015 in Italia si ferma la migrazione economica, cresce l’emigrazione italiana e continuano gli sbarchi e le migrazioni forzate

L’Italia, nel contesto europeo, mentre vede fermarsi drammaticamente la migrazione economica – fattore di sviluppo e di crescita fondamentale nel nostro Paese – con il ritorno  di una emigrazione  giovanile che ha superato le 100.000 persone, ha visto ancora nel 2015 un flusso considerevole di migranti forzati arrivare in particolare sulle coste e nei porti della Sicilia, ma anche della Calabria, della Puglia e della Campania, in Sardegna, sebbene inferiore del 9% rispetto al 2014. Infatti, lo scorso anno sono arrivati 170.100 persone e quest’anno 153.842 persone. Nel 2015 si è assistito a un cambiamento di rotta, soprattutto per le persone in partenza dal Medio Oriente , dal Corno d’Africa e dall’Asia, che si sono dirette verso la Turchia e sono sbarcate in Grecia: oltre 850.000 persone. A  fronte di una persona sbarcata in Italia ne sono sbarcate cinque in Grecia.

I porti di sbarco. In Italia, Lampedusa è tornato ad essere il primo porto di sbarco ( con 168 sbarchi e 21160 persone), seguito da Augusta (con 146 sbarchi e 22.391 persone), Pozzallo (con 104 sbarchi e 16.811 perone), Reggio Calabria (con 90 sbarchi e 16931 persone), Catania (con 64 sbarchi e 9.464 persone), Palermo (con 61 sbarchi e 11.456 persone), Trapani (con 55 sbarchi e 8136 persone), Taranto (con 45 sbarchi e 9.160 persone). Sbarchi sono avvenuti anche  a Crotone, a Cagliari, a Salerno, a Corigliano calabro, aVibo Valenzia. Il ritorno  degli sbarchi a Lampedusa dimostra come l’operazione Triton, diversamente da Mare nostrum, abbia spostato i salvataggi prevalentemente ai confini delle acque territoriali italiane.

I porti di partenza. La partenza delle persone che si sono messe in viaggio nel Mediterraneo è avvenuta in particolare dalle coste della Libia (oltre l’85%), l’8% sono partite dall’Egitto e poche migliaia dalla Turchia, dalla Grecia e dalla Tunisia.

Le nazionalità degli sbarcati.  Il cambiamento di rotta delle persone in fuga, ha naturalmente portato con sé il cambiamento delle prime nazionalità delle persone sbarcate, con il protagonismo del Corno d’Africa e dell’Africa Sub-sahariana. Le nazionalità delle persone sbarcate sono in particolare: Eritrea (38.612, con un aumento del 10% rispetto allo scorso anno); Nigeria (21.886, con un aumento del 110% rispetto allo scorso anno); Somalia (12.176, più che raddoppiati rispetto allo scorso anno), Sudan (8.909, triplicati rispetto allo scorso anno) Gambia (8.123, poco meno il numero dello scorso anno), Siria (7.444, 6 volte meno il numero dello scorso anno che la vedeva al primo posto tra le nazionalità delle persone sbarcate). Rimangono simili i numeri delle persone provenienti dal  Senegal e dal Bangladesch (poco più di 5.000) Calano, invece, le persone provenienti dal Mali (5.752, quasi dimezzati rispetto al 2014), dall’Egitto (2.594 rispetto ai 4.095 del 2014), dalla Palestina (1.650 rispetto ai 6.017 dello scorso anno).  Complessivamente sono 65 le nazionale delle persone sbarcate in Italia nel 2015.

Uomini, donne e minori. Le persone sbarcate sono state in prevalenza uomini (circa 115.000), a seguire le donne (oltre 20.000, con una crescita del 15% rispetto allo scorso anno) ). I minori  non accompagnati sono stati  oltre 15.000, di cui 4.000 minori parte di un nucleo familiare e oltre 11.000 minori non accompagnati. A questi si devono aggiungere quasi 6.000  minori non accompagnati irreperibili.

Le strutture di accoglienza. Rispetto ai 153.000 sbarcati  attualmente sono accolti in Italia, nelle diverse strutture, al 1 gennaio 2016, 103.792 persone. Nella rete di primissima accoglienza (CDA, CARA, CPSA) sono presenti 7394 persone (2.000 in meno rispetto allo scorso anno). Nelle strutture temporanee di accoglienza sul territorio nazionale sono oggi ospitati 76.394 persone, oltre il doppio rispetto allo scorso anno. Negli Sprar, strutture di seconda accoglienza degli asilanti e rifugiati, sono  accolte 19.715 persone, un numero di poco inferiore a quello scorso anno. La prima regione per numero di persone attualmente accolte è la Lombardia (13.480 persone), segue la Sicilia (12.373 persone), il Lazio (8.232 persone), la Campania (8034), il Piemonte (7.933 persone), il Veneto (7.922), l’Emilia Romagna (6.493), la Puglia (5.839: metà delle persone è accolte in cinque Regioni. Il numero più alto delle persone accolte nei Cara sono in Sicilia (3389), in Puglia (1.734) e in Calabria (1.007). Il più alto numero delle persone accolte nelle strutture di prima accoglienza (CAS) è in Lombardia (12.499). Mentre il più alto numero di persone accolte nelle strutture SPRAR sono invece nel Lazio (4.362), segue la Sicilia (4.023), la Puglia (1.848), la Calabria (1.730), la Campania (1.145): 2/3 dei posti Sprar sono in queste 5 regioni, segno che sono soprattutto i Comuni del Centro-Sud ad avere attivato progetti SPRAR. In generale, l’accoglienza rimane ancora in una situazione di forte precarietà, sia nei porti di arrivo che in molti dei centri di prima accoglienza realizzati, con una forte diversificazione della modalità di accoglienza nelle diverse regioni.

L’accoglienza dei minori non accompagnati. La maggioranza dei minori non accompagnati accolti nelle strutture hanno un’età compresa tra i 16 e i 17 anni (80,6%) e provengono dall’Egitto (2.499), dall’Albania (1.241), dall’Eritrea (1.218), dal Gambia (1.028), dalla Somalia (771), dalla Nigeria (627), dal Bangladesh (608). Purtroppo l’accoglienza dei 10.952 minori non accompagnati  rimasti in Italia (dato al 30 novembre 2014), nella stragrande maggioranza dei casi avviene ancora in strutture di accoglienza straordinarie  al Sud e solo poco più del 10% in strutture familiari e case famiglia. Metà dei minori sono accolti in due regioni: 3.967 in Sicilia, 1.123 in Calabria, mentre in Piemonte ne sono accolti 285 e 283 in Veneto.

Le richieste d’asilo. Le richieste d’asilo  nel 2015 sono cresciute a 82.940 rispetto alle 64.689 del 2014, con un aumento di circa il 40%. Le decisioni prese dalle Commissioni nel 2015 sono state 70.037, con un aumento di oltre il 95% rispetto alle 36.179 decisioni nel 2014. Nel 2015 l’esito delle decisioni ha visto un titolo di protezione internazionale (asilo, sussidiaria e umanitaria) per 29.182 persone, pari al 42%, mentre  il diniego  è avvenuto per oltre il 52% delle domande. Il 6% delle persone si sono rese irreperibili. Rispetto al 2014 si sono invertiti i numeri: erano il 60% coloro che avevano ricevuto un permesso di protezione internazionale e il 37% i diniegati.  Una domanda è lecita: s’indebolisce la protezione internazionale in Italia?

  1. 2.       L’accoglienza nelle strutture ecclesiali

Al momento dell’appello del Papa a estendere l’accoglienza dei richiedenti silo e dei rifugiati nelle parrocchie, nelle comunità religiose, nei monasteri e nei santuari, il 6 settembre scorso, nelle diocesi italiane erano accolte quasi 23.000 persone. Dal settembre ad oggi, sulla base del Vademecum dei Vescovi italiani, abbiamo assistito a un grande movimento solidale nelle nostre diocesi e parrocchie italiane, con l’estendersi del numero di persone accolte nelle parrocchie:  si stima da 1.000 a oltre 5.000. Soprattutto laddove i Comuni sono stati latitanti è cresciuto l’impegno dell’accoglienza ecclesiale (ad es.  1 su 2 persone richiedenti asilo e rifugiate accolte in Lombardia sono presso strutture ecclesiali). Complessivamente si stima l’accoglienza di oltre 27.000 persone nelle strutture ecclesiali. Contiamo di fare una rilevazione completa a un anno dall’appello del Papa, anche perché la solidarietà  generata dopo l’appello è ancora in atto: per i percorsi di preparazione nelle comunità e nei consigli pastorali, per l’individuazione delle strutture, per la costruzione della rete degli operatori volontari, per le collaborazioni istituzionali  da attivare etc.

  1. 3.       Per migliorare l’accoglienza e l’inclusione sociale dei migranti: dieci proposte

Abbiamo raccolto come Migrantes 10 proposte che possono aiutare a migliorare l’accoglienza dei migranti  in Italia, con una particolare attenzione ai richiedenti asilo e rifugiati in Europa e in Italia.

1)      Rimane necessario aprire canali di ingresso regolari sia per ricerca occupazione per i migranti che di ingresso umanitario per i rifugiati che già si trovano nei grandi campi profughi vicino alle zone di conflitto: cosa che scoraggerebbe il traffico delle persone e che eviterebbe l’inutile e insostenibile morte di persone in mare  (uomini, donne e bambini), che continua e cresce da troppo tempo.

 

2)      Occorre trovare modalità  nuove di gestione dei flussi delle persone in arrivo in Europa, siano essi migranti o richiedenti asilo, realmente comuni  e che prevedano la possibilità di avere quote certe per ogni Paese europeo e che cerchino, per quanto possibile, di incrociare le disponibilità date dai diversi Paesi con i desideri e le capacità delle persone in arrivo.

 

3)      Trovare procedure di identificazione e di ricollocamento comuni in Europa che tengano conto del rispetto della dignità umana e  dei diritti umani delle persone. In questo senso, preoccupa la politica europea della creazione di Hotspots, di fatto centri chiusi che somigliano più a dei CIE che a dei Centri di accoglienza. Inoltre i due momenti – identificazione e ricollocamento – devono viaggiare in sintonia, diversamente si creano tempi lunghi di trattenimento delle persone oltre che inevitabili rifiuti all’identificazione.

 4)      Riuscire a dare una risposta più competente e più celere alle persone che fanno domanda d’asilo, da una parte riformando il sistema delle commissioni territoriali, prevedendo più formazione e personale dedicato;  dall’altra aumentandone il numero per arrivare a dare a tutti una risposta entro i sei mesi che le normative europee già prevedono e nello stesso tempo provando anche ad accorciare i tempi dei ricorsi dei diniegati,  che al momento aspettano anche più di un anno per riuscire ad avere una risposta. I tempi lunghi di attesa, infatti, portano le persone a rimanere in accoglienza senza una risposta anche per un anno e mezzo – due anni, con la dimissione o l’allontanamento dal centro di accoglienza , e i conseguenti  rischi della irreperibilità, di insicurezza  e di sfruttamento delle persone.

 5)      Arrivare ad avere un sistema unico e diffuso di accoglienza in Italia, che risponda a medesimi standard, procedure e sia sottoposto a puntuali controlli e verifiche rispetto ai servizi che deve erogare e rispetto alla trasparenza nella gestione dei fondi. Accogliere con trasparenza ed apertura è un reciproco vantaggio sia per chi viene accolto che per chi fa accoglienza Il rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia del Ministero dell’Interno dell’ottobre 2015 ha evidenziato come i soldi spesi per l’accoglienza delle persone hanno una ricaduta positiva anche sui comuni e le comunità accoglienti, evidenziando che dei  30-35 euro giornalieri per l’accoglienza circa il 37% serve per la retribuzione di operatori e professionisti e circa il 23% vada in spese relative ad affitto di locali, acquisti di beni alimentari e abbigliamento: tutte cose che sono una ricaduta positiva sull’economia locale della comunità che fa accoglienza.

 6)      Per arrivare ad avere un sistema unico bisogna  superare la volontarietà di adesione dei comuni, a fronte della garanzia di fondi certi, anche nei tempi di erogazione, e superando l’ottica del co-finanziamento. L’accoglienza dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale deve diventare un servizio sociale specifico per ogni Comune o unione di piccoli Comuni,  forte della collaborazione della rete di enti e associazioni di volontariato sul territorio, in relazione con la scuola e il mondo delle imprese: uno dei servizi alla persona garantiti su tutto il territorio nazionale (in proporzione alla popolazione, al Pil, ai fondi sociali ricevuti e alla quota di persone straniere già presenti).

 7)      L’accoglienza  dei migranti e dei rifugiati, seppur ottima, se non è seguita, da quando le persone hanno la certezza di poter rimanere in Italia, da un serio programma di inserimento abitativo e lavorativo crea solo marginalizzazione, rischio di sfruttamento e frustrazione. Per questo, servono programmi specifici a livello nazionale e regionale volti a facilitare l’inserimento socio-economico, abitativo dei titolari di protezione internazionale, come di ogni altra persona che in quel territorio si trovano in situazione di difficoltà rispetto alla casa o al lavoro. A riguardo, può essere preziosa la sinergia stato-Terzo Settore e Chiesa (come alcune esperienze dimostrano in diverse realtà italiane).

 8)      Rispetto ai minori stranieri non accompagnati bisogna davvero riuscire a superare la prima accoglienza in centri collettivi spesso inadeguati (oserei dire piccoli orfanatrofi) e arrivare a forme diversificate di accoglienza che prevedano non solo  accoglienze in centri piccoli, ma anche affidamenti familiari o appartamenti in semiautonomia:  un sistema di accoglienza  familiare, unico e interno al sistema di accoglienza per richiedenti asilo nazionale: cosa che si è dichiarato già nella Conferenza Stato-Regioni del luglio 2014, ma che si è ancora lontani dall’aver realizzato. Bisogna anche superare la pratica dell’esame del polso per determinare l’età che è considerata inattendibile, per passare a un esame multidisciplinare (esemplare a questo proposito il protocollo del Tribunale per minori, ASL e Prefettura di Catania). Infine, occorre affidare in tempi brevi i minori non accompagnati, in tempi brevi, tutori specifichi, volontari e formati, evitando cumuli di tutele, assolutamente inutili e inefficaci,  ad assessori e sindaci.

 9)      Una proposta importante, anche in vista delle prossime elezioni amministrative di primavera, riguarda la ripresa di una proposta politica importante, purtroppo finita nei cassetti parlamentari: la proposta di legge per il voto amministrativo ai migranti regolarmente presenti nel nostro Paese. Come si può parlare di inclusione sociale, di integrazione se il mondo di giovani donne e uomini immigrati lavoratori, studenti, imprenditori nel nostro Paese non possono avere diritto a decidere chi li rappresenti nei Consigli comunali e regionali. E’ un ritardo storico grave che va colmato, anche per la nostra sicurezza sociale.

 10)   Parlare delle migrazioni e dello spostamento delle persone con competenza e serietà per superare finalmente un’informazione allarmistica ed ideologica del fenomeno, che troppo spesso dimentica il popolo dei migranti, 5 milioni, per fermarsi ad esasperare alcuni casi. Nello specifico, poi, dei richiedenti asilo, non siamo di fronte a un’invasione del nostro Paese (siamo stati sia l’anno scorso che quest’anno intorno a un richiedente asilo ogni mille abitanti), ma siamo di fronte a un momento di grande sofferenza del mondo in cui il numero dei conflitti (di cui la nostra parte di mondo ha la sua responsabilità sia nella creazione che nella mancata gestione) e il numero di spostamento forzato di persone per cambiamenti climatici è davvero molto elevato. Sarebbe ingenuo pensare che tutti questi spostamenti forzati di persone in fuga da guerre e conflitti e da cambiamenti climatici, sempre più numerosi, violenti ed imprevisti, non abbia una ricaduta anche in Europa e in Italia; e non saranno i controlli alle frontiere a fermare le persone in fuga, che sono state obbligate a spostarsi.