Chiesa
Papa Bergoglio racconta Giovanni Paolo il Magno
Le "familiari conversazioni" tra Papa Francesco e il teologo don Luigi Maria Epicoco diventano un libro, edito San Paolo. Il testo ha come tema principale la figura di San Giovanni paolo II, definito da Bergoglio: il grande.
San Giovanni Paolo Magno è l’ultimo lavoro di don Luigi Maria Epicoco, in collaborazione con papa Francesco. Si tratta di una lettura spirituale, un dialogo sulla vita e la spiritualità di papa Wojtyla, a cento anni dalla nascita, tra papa Francesco e lo scrittore don Epicoco che abbiamo intervistato.
Come è nato questo suo nuovo progetto?
Il libro è nato senza nessuna particolare strategia ma da un colloquio privato del maggio 2019 con il Papa, mentre discutevamo di diverse cose gli raccontai che stavo preparando una sorta di biografia su Giovanni Paolo II in occasione dei cento anni dalla nascita. Davanti a questa mia informazione lui ha cominciato a raccontarmi alcuni aneddoti e suoi ricordi personali dandone una lettura molto bella. In quel momento mi sono sentito di dirgli che erano cose così preziose che era un peccato che rimanessero solo tra di noi. Il Papa ha accettato che venissero pubblicate e da quel momento in poi ci siamo visti per diversi periodi cercando di approfondire la grande tematica di san Giovanni Paolo II. A questo punto ho messo da parte il mio progetto antico ed ho lasciato spazio alla parola di papa Francesco cercando di farla dialogare con la parola di Giovanni Paolo II. Il libro è fatto di parole che ho preso da diverse interviste, da libri biografici del papa polacco, con la voce diretta di Papa Francesco. Di mio c’è solo la manovalanza.
Questo libro ripercorre non solo la vita di Karol Wojtyla ma anche di Jorge Bergoglio. Un lavoro che attesta la continuità tra i due pontificati…
Certo. La lettura che a volte si fa di questi pontificati è solo una lettura mediatica, mondana, superficiale, invece lo scopo di questo libro man mano che veniva scritto era proprio di mostrare come di fondo ci fossero delle questioni che diminuiscono la comunione profonda tra i due papi, entrambi sono dei personaggi così chiari da non somigliarsi in alcune cose come le scelte caratteriali ma da essere completamente in sintonia per le questioni di fondo.
Quale solco ha tracciato il pontificato di Giovanni Paolo II nella spiritualità di Papa Francesco?
Giovanni Paolo II non è semplicemente un predecessore ma è un gigante, un padre della chiesa. Papa Francesco si rapporta al papa polacco come un figlio, quindi non è un rapporto alla pari almeno nelle intenzioni di papa Bergoglio, soprattutto perché ha sempre letto questa relazione come una relazione di affetto, di tenerezza, di consolazione. La prima volta che lo ha incontrato è stato in un momento buio della sua vita da gesuita; veniva fuori da una situazione difficile nella sua Congregazione e l’incontro con Giovanni Paolo II fu per lui un’immensa consolazione. E poi Giovanni Paolo II è il papa che lo ha scelto come vescovo, come ausiliare e arcivescovo di Buenos Aires, lo ha voluto cardinale, negli anni questa loro relazione è diventata sempre più profonda ed è cresciuta la stima e l’affetto.
Papa Francesco ha avuto il dono di canonizzare gli ultimi tre pontefici, tra questi GPII…
Lo ha fatto in maniera convinta, infatti mi ha detto più volte che era convinto della santità di questi Papi. Nel caso di Giovanni Paolo II papa Francesco ha voluto anche testimoniare nel processo di canonizzazione portando la sua esperienza personale.
La foto in copertina rappresenta un momento significativo per l’allora cardinal Begoglio, a tal proposito ammette di sentirsi un bambino davanti ad un gigante…
La prima espressione che Papa Francesco ha usato quando mi ha parlato di papa Wojtyla è stata questa: è un grande, da qui l’idea di mettere l’aggettivo magno nel titolo del libro.
Lei in questo libro osa con coraggio e provocazione indirizzare al Pontefice delle questioni delicate e tanto discusse in questo momento per la Chiesa universale come il tema legato alla donna, al celibato, al gender, a Medjugorje, agli abusi e ad altri temi?
Io sono un prete che vive immerso nella realtà del mondo, ascolto, raccolgo, sento quello che dice la gente, quello che vivono i miei confratelli, quello che si dice in giro e in quel momento volevo fare un doppio servizio, cioè quello di porgere alcune domande che molte persone vorrebbero porgere al Papa ma che nessuno lo fa apertamente e senza girare intorno alle questioni e dare l’opportunità al Pontefice di rispondere chiaramente senza fraintendimenti e senza interpretazioni di nessuno.
Dalla lettura delle pagine del libro emerge il forte legame di Papa Bergoglio con un altro Pontefice: Paolo VI ma non manca di sottolineare anche un altro bel legame quello con il papa emerito Benedetto XVI?
Papa Bergoglio ha assolutamente un debole per Paolo VI, oserei dire che in tutti i nostri colloqui tutto andava a finire sempre a Papa Montini, ed è convinto che senza Paolo VI non ci sarebbe stato Giovanni Paolo II. Papa Benedetto XVI è un altro gigante che Bergoglio riconosce, anzi potremmo dire che se non ci fosse stato Benedetto XVI non ci sarebbe stato nessun ponte tra questi due pontificati, certamente non ci sarebbe stato papa Francesco. Usando le parole del papa argentino possiamo dire che nel 2005 la personalità giusta per poter succedere a Giovanni Paolo II era Joseph Ratzinger. Francesco più volte ha detto che lui ha sostenuto fortemente la sua elezione nel 2005.
Un altro aspetto che accomuna il papa Magno con Francesco è la devozione mariana?
Durante l’intervista papa Francesco mi ha detto “sono entrato povero a Buenos Aires, non avevo nulla, e ne sono uscito povero; gli unici tesori che mi sono fatto mandare dall’Argentina dopo la mia elezione sono tre cose: il documento di Puebla, l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI e la Redemptoris Mater di GPII.
Quest’ultima per papa Francesco è un documento in cui c’è un’espressione che gli tocca il cuore: Maria è colei che sa leggere gli avvenimenti con la promessa di Dio, attraverso la luce della promessa della storia della salvezza. Il Papa mi ha fatto un dono immenso perché mi ha consegnato in mano la copia della sua Redemptoris Mater, consumata e ingiallita, e mi ha detto che potevo tenerla per qualche settimana per leggerla e prendere i suoi appunti e le sue sottolineature. Tenendo in mano questo tesoro, questa reliquia, ho potuto constatare quanto è nel cuore di papa Francesco, la Redemptoris Mater, cioè la visione mariana di GPII.
Nella sua vita sacerdotale, invece don Luigi, cosa rappresentano San Giovanni Paolo II e papa Francesco?
San Giovanni Paolo II è il motivo per cui sono prete, quando nel cuore è nata l’idea della chiamata del sacerdozio, mi è nata guardando quest’uomo. Nella vita ho sempre sognato di poter essere un prete così, un prete come GPII, quindi per me è una figura decisiva. Il “mio Papa” è Giovanni Paolo II. Papa Francesco invece per me è una grazia, un dono immenso. L’averlo potuto frequentare e nell’aver un rapporto diretto ha fatto aumentare dentro di me un amore immenso per la Chiesa, per il Vangelo, ho capito cose che non avevo capito, è stata davvero una grande consolazione poterlo avere non semplicemente come Papa ma come una persona a cui ho potuto rivolgere la parola e guardarlo negli occhi.
Com’è nato questo legame di amicizia con papa Francesco?
In maniera molto semplice, un’estate di qualche anno fa, alle 4 del pomeriggio dell’8 agosto, mi arriva una telefonata sul cellulare, era Papa Francesco che mi chiamava per ringraziarmi di un libro che avevo scritto in quel periodo, che lui aveva letto, e che a suo dire gli era servito molto e ci teneva a dirmelo di persona. Da lì è nato un rapporto fraterno e d’amicizia che ci porta a parlare e a confrontarci su tante cose.