Papa Francesco: “c’è incompatibilità tra servizio e poteri mondani”

Il Papa ha presideuto la Messa in piazza San Pietro durante la quale sono stati canonizzati quattro nuovi santi. Fra di essi, anche i genitori di Santa Teresa di Lisieux, il cui riconoscimento è avvenuto proprio mentre in Vaticano si sta svolgendo il Sinodo sulla famiglia.

“La testimonianza luminosa di questi nuovi Santi ci sprona a perseverare sulla strada del servizio gioioso ai fratelli, confidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente intercessione”. Così questa mattina papa Francesco ha concluso la sua omelia nella celebrazione tenutasi in piazza San Pietro. Ad arricchirla, il rito di canonizzazione di quattro beati: si tratta di  Vincenzo Grossi (1845-1917), sacerdote diocesano, fondatore dell’Istituto delle Figlie dell’Oratorio; Maria dell’Immacolata Concezione (1926-1998), religiosa, superiora generale della Congregazione delle Sorelle della Compagnia della Croce; Ludovico Martin (1823-1894) laico e padre di famiglia e Maria Azelia Guérin (1831-1877), laica e madre di famiglia, coniugi. Nel corso della celebrazione, che si inserisce al centro del Sinodo ordinario sulla famiglia, il Santo Padre ha commentato le letture della ventinovesima domenica del tempo ordinario, e, attraverso il rito della canonizzazione, ha iscritto nell’albo dei santi sei testimoni dell’amore di Dio. “Coloro che oggi sono stati proclamati Santi, hanno costantemente servito con umiltà e carità straordinarie i fratelli, imitando così il divino Maestro” – ha detto Bergoglio dopo aver penetrato il nucleo profondo della liturgia della Parola. Avendo un pensiero per ogni nuovo canonizzato, Francesco ha definito San Vincenzo Grossi come “parroco zelante, sempre attento ai bisogni della sua gente, specialmente alle fragilità dei giovani. Per tutti spezzò con ardore il pane della Parola e divenne buon samaritano per i più bisognosi”. Relativamente a Santa Maria dell’Immacolata Concezione, il Papa ha ricordato come “attingendo dalla preghiera e dalla contemplazione, visse in prima persona con grande umiltà il servizio agli ultimi, con una attenzione particolare ai figli dei poveri e agli ammalati”. Riguardo ai “santi coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin”, Bergoglio ha ricordato come essi “hanno vissuto il servizio cristiano nella famiglia, costruendo giorno per giorno un ambiente pieno di fede e di amore; e in questo clima sono germogliate le vocazioni delle figlie, tra cui santa Teresa di Gesù Bambino”. Santi capaci di servire costantemente, dunque. Francesco ha sottolineato che “Gesù è il Servo del Signore” e che “la sua vita e la sua morte, interamente nella forma del servizio  sono state causa della nostra salvezza e della riconciliazione dell’umanità con Dio”. Relativamente al desiderio dei discepoli di sedere affianco a Gesù nella sua gloria, il Signore garantisce la partecipazione alla vita e alla morte di Cristo, senza tuttavia “garantire posti d’onore” – dice il Papa. “Di fronte a gente che briga per ottenere il potere e il successo, i discepoli sono chiamati a fare il contrario. Pertanto li ammonisce: ‘Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore’”. “Con queste parole – prosegue Francesco – indica il servizio quale stile dell’autorità nella comunità cristiana. Chi serve gli altri ed è realmente senza prestigio esercita la vera autorità nella Chiesa. Gesù ci invita a cambiare mentalità e passare dalla bramosia del potere alla gioia di scomparire e servire; a sradicare l’istinto del dominio sugli altri ed esercitare la virtù dell’umiltà”. Analizzando ancora il Vangelo domenicale, il Papa ha messo in evidenza come “c’è incompatibilità tra un modo di concepire il potere secondo criteri mondani e l’umile servizio che dovrebbe caratterizzare l’autorità secondo l’insegnamento e l’esempio di Gesù. Incompatibilità tra ambizioni, arrivismi e sequela di Cristo; incompatibilità tra onori, successo, fama, trionfi terreni e la logica di Cristo crocifisso”. Per il pontefice “c’è invece compatibilità tra Gesù ‘esperto nel patire’ e la nostra sofferenza” perchè “Gesù esercita essenzialmente un sacerdozio di misericordia e di compassione. Egli ha fatto l’esperienza diretta delle nostre difficoltà, conosce dall’interno la nostra condizione umana”. Il Papa spiega che “la sua gloria non è quella dell’ambizione o della sete di dominio, ma è la gloria di amare gli uomini, assumere e condividere la loro debolezza e offrire loro la grazia che risana”. “Ognuno di noi, in quanto battezzato – ha proseguito Francesco – partecipa per parte propria al sacerdozio di Cristo; i fedeli laici al sacerdozio comune, i sacerdoti al sacerdozio ministeriale. Pertanto, tutti possiamo ricevere la carità che promana dal suo Cuore aperto, sia per noi stessi sia per gli altri: diventiamo ‘canali’ del suo amore, della sua compassione, specialmente verso quanti sono nel dolore, nell’angoscia, nello scoraggiamento e nella solitudine”.