Papa in Myanmar. Monaco buddista di Pann Pyo Let: “Benvenuto, icona della pace!”

"La visita del Papa rappresenta una chance per tutti noi, è una grande fortuna per il successo della pace in questo Paese”. A pochi giorni dalla visita di Francesco in Myanmar, il Sir ha incontrato il monaco buddista Ashin Pyin Nyaw Bha Tha, capo del monastero buddista (Theverada) di Pann Pyo Let. “Sono sicuro - dice - che se il Papa ha deciso di venire qui, c’è sicuramente una ragione che lo ha spinto a farlo. Vuol dire che c’è una speranza che lui intravede per noi, che c’è un dono di bene che può portare”.

Ci tiene molto al messaggio che rivolge direttamente a papa Francesco e chiede due volte di poterlo registrare anche in video: “Papa Francesco, icona della pace nel mondo, sei benvenuto in Myanmar”.

Gli sorridono gli occhi mentre dice queste parole il monaco Ashin Pyin Nyaw Bha Tha, capo del monastero buddista (Theverada) di Pann Pyo Let. Si trova a circa 40 chilometri a Nord di Yangon. Un vero e proprio villaggio con casette, aule scolastiche, punti ristoro, esteso per 100 ettari immerso nel verde della foresta tropicale. Il vero volto del Myanmar è qui: praticato dall’85% della popolazione, il buddismo conta circa mezzo milione di monaci e 75mila monache. La loro presenza è facilmente visibile anche in città perché i monaci indossano abiti di un bellissimo color zafferano e le monache vestono di rosa. Tutti i ragazzi buddisti del Myanmar devono trascorrere almeno un periodo della loro vita come monaci. Chi lo fa per due settimane, chi per sei mesi, chi per due anni. Non c’è una regola fissa ma per chi lo sceglie, è un onore da tutti solennemente rispettato. Nonostante l’apparente leggerezza che caratterizza il comportamento del monaco, il buddismo Theverada è tra le pratiche religiose più rigorose che chiede al monaco il rispetto di ben 227 regole.

Il Papa in Myanmar. La notizia che il Papa sta giungendo presto in questo Paese, è arrivata anche qui in questo monastero alla periferia di Yangon ed è stata accolta con grande entusiasmo e attesa. “È la prima volta che un Papa viene qui in Myanmar”, dice il monaco che si presenta come un grande amico del cardinale Charles Bo. “E il fatto che il Papa abbia deciso di venire proprio in questo momento è significativo. Il Paese sta attraversando una difficilissima crisi nel Rakhine e in più parti della nazione perdura uno stato di conflitto tra le diverse etnie.

La visita del Papa, icona della pace, rappresenta una chance per tutti noi, è una grande fortuna per il successo della pace in questo Paese”.

Una speranza. Il Myanmar è uscito da pochissimo tempo da un periodo di regime molto duro. Il peso di quegli anni è ancora forte come pure l’eredità di una vita vissuta sotto il controllo dell’esercito. Si fa fatica oggi a percorrere con libertà e fiducia la strada di una vera democrazia. “Non è che una visita del Papa può cambiare le cose da un momento all’altro perché il cambiamento ha bisogno di tempo”, osserva il monaco. “Ma io sono sicuro che se il Papa ha deciso di venire qui, c’è sicuramente una ragione che lo ha spinto a farlo. Vuol dire che c’è una speranza che lui intravede per noi, che c’è un dono di bene che può portare.

Il Papa ha una età avanzata, viene da lontano. Non spreca il suo tempo. C’è quindi sicuramente una ragione che lo ha portato qui e questa ragione cambierà in bene la storia di questo paese”.

Scuola di pace. Nel 2004, grazie all’intraprendenza straordinaria di Ashin Pyin Nyaw Bha Tha, il monastero di Pann Pyo Let ha aperto le sue porte ed è diventato una scuola. Il progetto nasce per dare alle famiglie del posto, povere e contadine, la possibilità di educare i loro figli. Oggi è frequentata da 400 studenti delle classi primarie e secondarie. Vengono accolti anche bambini e orfani provenienti dalle aree di conflitto, in particolare dagli Stati del Kachin e dello Shan. L’offerta formativa è vasta e all’avanguardia: i principi di base sono il rispetto dei diritti umani, l’uguaglianza, lo sviluppo sostenibile, la salvaguardia dell’ambiente.

Ogni mattina alle 9, prima di iniziare le lezioni, ai bambini viene offerta, senza obbligo, la possibilità di fare 15 minuti di meditazione che li aiuta con il respiro a meglio concentrarsi durante lo studio. “Noi crediamo – dice il monaco – che i bambini sono il nostro futuro. E se i bambini oggi hanno davanti a loro un futuro più bello, anche il nostro Paese sarà bello”.

Dialogo interreligioso. La scuola apre le porte a tutti, senza guardare all’appartenenza religiosa. Nella sua biblioteca gli studenti possono trovare i testi sacri delle maggiori religioni. Dalla Bibbia ai testi hindu e baha’i. Una delle principali “missioni” della scuola è quella di proporre ai giovani un luogo di pace, dove le appartenenze religiose e di etnia non sono temute e ostacolate. Al contrario, rispettate e accolte come un dono.

Si svolgono qui Forum per la pace promossi dall’organizzazione internazionale “Youth co-action for peace” e corsi di training di dialogo interreligioso dove partecipano giovani buddisti, cristiani, musulmani e hindu. “La formazione al dialogo è fondamentale per il futuro del nostro Paese.

I conflitti in atto in Birmania sono fomentati da persone che usano la religione come pretesto per innescare la violenza ma la religione è una via per la pace”.

Le parole usate dal monaco Ashin Pyin Nyaw Bha Tha hanno profonde assonanze con quanto Papa Francesco dice a proposito del dialogo della pace. “Il fondamentalista è chi crede che la sua religione è migliore dell’altra”. E conclude: “Il mondo è come un giardino dove ci sono tanti fiori. Ogni fiore ha un colore diverso, ma in ogni sua diversità e sfumatura è contenuta una bellezza infinita. Per vivere la pace, dobbiamo imparare a guardare il dono di bellezza insito in ogni religione”.