Perché vaccinarsi fa ancora così paura?

La psicologia Lucia Nardi spiega i meccanismi psicologici e dà una serie di consigli e strategie per ridurre la paura

Nonostante la campagna vaccinale sia iniziata da tempo permangono ancora diversi timori. Cosa fare? Quali sono i meccanismi psicologici alla loro base? Ne abbiamo parlato con la psicologa e psicoterapeuta Lucia Nardi.

La campagna vaccinale è iniziata da mesi, ma dilagano ancora perplessità. Quali sono i meccanismi psicologici alla base dei timori?

Credo che per comprendere i meccanismi psicologici alla base dei timori delle persone che presentano scetticismo o rifiuto, rispetto alla vaccinazione contro la Sars-Cov 19, risulti necessario fare riferimento a diverse componenti. Innanzitutto, riflettere sulle “convinzioni”, ovvero una serie di pensieri soggettivi o di rappresentazioni mentali (la propria visione circa la realtà), le quali normalmente determinano i comportamenti e orientano le scelte delle persone. Tali aspetti sono riconducibili alla componente cognitiva; ciò implica che ogni persona, guidata dalle proprie convinzioni, possa presentare dei sistemi rigidi di lettura, o interpretazione della realtà, non semplici da mettere in discussione neanche di fronte a dei rischi molto elevati circa la propria salute. Di conseguenza le convinzioni troppo rigide senza un confronto esteso e realistico rispetto ai benefici del piano vaccinale inducono sensazioni di rifiuto al “vaccinarsi”. Altra componente da considerare è quella emotiva e prevalentemente la “paura”. Spesso tale emozione può indurre incertezze significative e attivazione di pensieri irrazionali, coerentemente alla componente cognitiva. Caratterizzazioni generate dalla paura possono essere ad esempio l’ansia, la rabbia, la percezione di “scarso controllo” sul proprio comportamento e sul proprio pensiero, la resistenza al cambiamento, per sensazioni di rifiuto o negazione verso ciò che è sconosciuto. Infine, è opportuno considerare la sensazione di sfiducia verso le istituzioni politico-economico-sanitarie.

Quali i principali timori?

In base alle testimonianze che ascolto quotidianamente, svolgendo la mia professione, noto che tra le risposte che ricevo più frequentemente è: “io non voglio vaccinarmi perché devo farlo per forza”, “non mi fido del vaccino poiché è stato prodotto in poco tempo”, altri ancora mi rispondono “ho già avuto il Covid, sono immune”, oppure “tanto è stato creato in laboratorio per fini economici, non mi fido”. Infine, ma in elevata percentuale, sembra che siano gli effetti collaterali del vaccino, scarsamente conosciuti, e ritenere inefficace la vaccinazione a determinare una posizione ferma sulla scelta di rimanere non un No Vax (affermando di aver eseguito tutte le vaccinazioni obbligatorie) ma una persona libera di decidere.

Quali sono i fattori che inducono le persone ad essere titubanti?

Come già detto in riferimento ai meccanismi psicologici alla base dei timori, i fattori che rendono scettiche le persone riguardano una procrastinazione, almeno nella maggior parte dei casi. Pertanto, si individuano la sfiducia, una scarsa sensazione di controllo personale, personalità ipocondriache, l’educazione familiare, la provenienza sociale ma, soprattutto, l’attesa di un’altra soluzione. Come se, in alternativa al vaccino, molte persone aspettassero o che il virus andrà via “prima o poi” oppure che la comunità scientifica possa giungere, in tempi brevi, a diffondere trattamenti farmacologici alternativi al vaccino. Inoltre, non possiamo escludere l’influenza della rete nel diffondere informazioni spesso errate, le quali incidono negativamente circa l’affidamento alla Scienza. Soprattutto i Social Network sembra abbiano contribuito ad espandere un numero crescente di persone convinte che non vaccinarsi sia la scelta giusta.

Strategie e consigli per ridurre la paura

Ritengo che sia sempre importante affidarsi ad una comunicazione efficace. Molte volte ho osservato nelle persone reazioni di avversione, o di rabbia, parlando dell’importanza del vaccino. È davvero importante riflettere e comunicare con il fine di attivare le risorse interne legate alla motivazione, assumere un approccio autoritario non risulta efficace. Efficace potrebbe essere, invece, lasciare le persone, che presentano un pensiero scettico, libere di esprimere le proprie convinzioni e verbalizzare le proprie emozioni, ipotizzando di creare un’atmosfera di consapevolezza che sostenga le persone anche ad ascoltare quali possano essere tutti i benefici del vaccino a discapito degli effetti nocivi a breve, medio e lungo termine. In base ai diversi profili psicologici risulta sempre buona norma individuare le “barriere” principali personali, così da promuovere un incoraggiamento utile all’acquisizione di un pensiero più flessibile, basato su evidenze scientifiche.

Il non vaccinarsi comporta la riduzione delle occasioni di vita sociale. Alcuni, non volendosi vaccinare cercano di “aggirare” l’ostacolo attraverso i corona party o, addirittura, acquistando green pass falsi

È importante dire che, in base ai dati più recenti, la possibilità di accedere ai contesti sociali (svago, lavoro, studio ecc.) ha determinato un aumento tra le persone che hanno cambiato idea verso una iniziale diffidenza verso i vaccini, comprendendo la necessità del Green Pass tramite vaccinazione. Tuttavia, sono stati pensati diversi modi per ottenere il Green Pass evitando il vaccino. Tra questi i “Corona Party”: in cosa consistono? Si possono descrivere come feste organizzate per favorire la trasmissione del Covid nella convinzione che “contagiarsi è meglio che vaccinarsi”. Ciò che avviene in queste feste è che persone positive incontrano persone negative; una volta positivi e guariti dal Covid la convinzione irrazionale resta quella di essersi immunizzati e di non aver dunque necessità del vaccino. Oltre a ciò, dobbiamo considerare un business “ideato” per fornire false certificazioni Green Pass a persone sprovviste. Si è diffusa così la vendita illegale, on-line, di falsi Green Pass. Anche qui i Social hanno contribuito a raccogliere innumerevoli adesioni dove l’App più utilizzata è considerata quella di Telegram. Tuttavia, proprio negli ultimi giorni le forze dell’Ordine stanno eseguendo più controlli, visto e considerato l’aumento dei casi con la variante Omicron.

Da qualche giorno è iniziata la somministrazione del vaccino per i bambini, cosa dire loro? “Contrattare” può essere di aiuto?

La questione del vaccino da somministrare ai bambini risulta, a mio parere, una tematica troppo recente per riuscire a prevedere o immaginare quante che tipo di opinioni si formeranno e quante adesioni ci saranno, almeno nella fase iniziale della campagna vaccinale pediatrica. Dal 16 dicembre il piano vaccinale include bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. È giusto parlare con i bambini del Covid, parola che hanno imparato in questi quasi due anni trascorsi a conoscere molto bene, soprattutto per le numerose privazioni che li ha coinvolti; ciò vale anche per la fascia di età più bassa. Immagino di poter ritenere che restituire una sensazione di fiducia e di libertà ai bambini, possa essere sufficiente ad affrontare la “siringa” del vaccino come un possibile ritorno alla normalità, che loro sanno di aver perso con l’avvio della pandemia. Altresì fondamentale è il sostegno dei genitori in questa scelta. Come afferma Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, “vaccinarli è un atto d’amore”.