Chiesa
Profughi: dieci cose da sapere sui corridoi umanitari
È stato firmato il 12 gennaio a Roma il protocollo d'intesa tra Conferenza episcopale italiana, ministeri degli Esteri e degli Interni, Comunità di Sant'Egidio, per portare in Italia "per vie sicure e legali" 500 profughi del Corno d'Africa in condizione di particolare vulnerabilità che oggi vivono nei campi in Etiopia. Cosa sono? Come funzionano? Chi coinvolgeranno?
La Chiesa italiana realizzerà corridoi umanitari per 500 profughi provenienti dai Paesi del Corno d’Africa. Ma cosa sono? Come funzionano? Chi coinvolgeranno? Il protocollo d’intesa per la realizzazione del progetto è stato siglato a Roma il 12 gennaio tra la Conferenza episcopale italiana, il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, il ministero dell’Interno, e la Comunità di Sant’Egidio. Si ispira ad una iniziativa analoga già sperimentata con successo dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Tavola valdese e alla Federazione Chiese evangeliche italiane.
“Troppo spesso ci troviamo a piangere le vittime dei naufragi in mare senza avere il coraggio di provare a cambiare le cose – ha affermato monsignor Nunzio Galantino -. Questo protocollo consentirà di raggiungere il nostro Paese in maniera sicura”. “Non è più sopportabile – aggiunge Oliviero Forti, responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana – assistere alla morte in mare di 20 persone in media al giorno. Questo è un segnale forte che vogliamo dare ai governi, perché decidano di affrontare un tema complesso come l’immigrazione, con cui dovremo continuare a confrontarci nei prossimi decenni, con politiche e proposte sostenibili, per non lasciare tutto in mano alla casualità”. L’iniziativa è stata già presentata anche alle Conferenze episcopali di Francia, Germania e Polonia: “Hanno intenzione di replicare l’esperienza – spiega Forti -. Ma stanno riflettendo se i corridoi umanitari debbano essere sostenuti finanziariamente dallo Stato o dal terzo settore”. Ecco le 10 cose utili da sapere:
1) Le finalità: il progetto ha lo scopo di “favorire l’arrivo in Italia in modo legale e in condizioni di sicurezza dei potenziali beneficiari di protezione internazionale, in specie i soggetti più vulnerabili”. La Chiesa italiana, tramite i suoi organismi Caritas e Migrantes, insieme alla Comunità di Sant’Egidio, è in prima linea nell’attivazione di
vie legali e sicure per far entrare in Italia donne, uomini e bambini che vivono da anni nei campi profughi dell’Etiopia
ed evitare così le morti in mare e i percorsi nell’irregolarità. Si tratterà principalmente di profughi eritrei, sudanesi, sud-sudanesi e somali.
2) Il quadro normativo: le comunicazioni della Commissione Ue nel 2016 hanno riaffermato la necessità di “canali legali per consentire alle persone bisognose di protezione internazionale di arrivare in Europa in modo ordinato, gestito, sicuro e dignitoso”, per “salvare vite umane, riducendo la migrazione irregolare e neutralizzando le forme di traffico di esseri umani”. Per questi scopi è previsto anche “il patrocinio privato” da parte di gruppi o organizzazioni private.
3) I numeri: entreranno in Italia, con regolare visto d’ingresso, 500 profughi attualmente presenti nei campi in Etiopia, che al momento accoglie il più alto numero di rifugiati in Africa in fuga da conflitti o fame: almeno 670.000. Nella realizzazione del progetto Caritas italiana impiegherà un team di una decina di persone. Per l’accoglienza nelle diocesi saranno coinvolte migliaia di persone.
4) I tempi di realizzazione: il progetto prevede una prima fase di 6 mesi e una successiva, per un periodo complessivo di 12 mesi “a partire dal primo ingresso, salvo eventuale e motivata proroga”. Le prime missioni in Etiopia inizieranno nelle prossime settimane, per prendere contatti con le autorità locali, l’ambasciata italiana e gli organismi internazionali (Unhcr e Oim). In primavera/estate saranno effettuate le prime selezioni.
5) I criteri di selezione: sarà redatta una lista (verificata dalle banche dati del ministero dell’Interno) con i nomi delle persone in “comprovata condizione di vulnerabilità, determinata dalla loro situazione personale, dall’età e dalle condizioni di salute”. Saranno privilegiate le persone che hanno già reti familiari o sociali in Italia o che possono beneficiare di dichiarata disponibilità di soggetti singoli, Chiese e associazioni a provvedere alla loro ospitalità.
6) I costi: chi pagherà? Tutte le spese, compresi voli aerei e accoglienza in Italia, saranno sostenute della Conferenza episcopale italiana tramite i fondi 8 per mille. Nessun onere sarà a carico dello Stato.
7) Dove saranno accolti? Su tutto il territorio nazionale. Caritas italiana metterà a disposizione l’esperienza già collaudata con successo del progetto “Protetto. Rifugiato a casa mia”, che ha ospitato finora 500 profughi in 65 diocesi, presso famiglie, parrocchie, istituti religiosi. Il progetto prevede un sostegno economico e tutor per l’accompagnamento e l’integrazione delle persone. Una volta raggiunta l’indipendenza, quei posti rimarranno vuoti. Lì subentreranno i profughi in arrivo con i corridoi umanitari.
8) Cosa faranno una volta in Italia? I profughi arriveranno in Italia con regolare visto d’ingresso rilasciato dalle rispettive rappresentanze diplomatiche-consolari. Poi entreranno nell’iter di richiesta di protezione internazionale e saranno ascoltati dalle Commissioni territoriali di competenza. Le associazioni proponenti assicurano il sostegno, l’assistenza legale, l’ospitalità e l’accoglienza, con percorsi di integrazione sociale e culturale, corsi di lingua e di formazione al lavoro. L’obiettivo principale è “favorire la stabilizzazione in Italia” ed “escludere movimenti secondari volontari”, ossia il transito verso altri Paesi del nord Europa.
9) Il monitoraggio. Sarà costituito un “nucleo di coordinamento, monitoraggio e valutazione del progetto” che esaminerà i risultati raggiunti, le criticità e l’efficacia delle modalità operative. Un primo report sarà pubblicato dopo il primo semestre, e un altro di valutazione conclusiva.
10) Si può dare disponibilità all’accoglienza? Caritas italiana, che sta già raccogliendo ulteriori disponibilità da diverse diocesi, invita a fare riferimento alle rispettive Caritas diocesane.