Progettiamo le attività pastorali estive in sicurezza

Il direttore della Pastorale Giovanile diocesana don Franco Staffa presenta le linee guida utili a tracciare le nuove piste sulle quali dovranno camminare parrocchie e gruppi ripensando spazi e attività

Dopo diversi mesi di stop per gruppi e associazioni è il momento di ripartire ripensando spazi e attività. La nostra Pastorale Giovanile diocesana ha predisposto delle linee guida per la ripartenza in sicurezza. Ne abbiamo parlato con il direttore don Franco Staffa.

Come cambieranno le attività e i momenti che vivremo in questi mesi estivi?

È giunto il momento di abitare gli spazi e i tempi cristallizzati da questa pandemia. Per ripartire è opportuno riappropriarsi della grammatica della relazione la cui sintassi è stata piuttosto alterata dalla comunicazione virtuale. L’uomo ha bisogno di entrare in relazione con tutti i sensi, per questo ogni educatore dovrà favorire una socialità il più possibile concreta. I nostri ragazzi hanno bisogno di essere aiutati ad esprimere quanto vissuto in questi tre mesi. Dovranno essere aiutati a narrarla e a rileggerla agli occhi della memoria di Dio.

Il Servizio diocesano di Pastorale di Pastorale giovanile si è inserito in questo binario di narrazione e rilettura in particolar modo dedicandosi ai ragazzi del quinto superiore chiamati a vivere in maniera così inusuale gli esami di maturità. Attraverso la rubrica “voci mature”, pubblicata sul giornale diocesano, stiamo favorendo e dando voce ai protagonisti di questa maturità sottolineando gli aspetti positivi. Ci stiamo concentrando per favorire un rinnovato stile di sguardi. Quindi non lamentandosi, ma trovando un punto di vista ottimista. Uno sguardo eucaristico, capace di dire grazie.

Ancora, sul sito della Pastorale Giovanile nazionale è presente una sezione dedicata con materiale, proposte e attività a seconda del grado di libertà concesse nelle diverse contesti. Si tratta di input non di “pappa pronta”… quindi un modo per favorire la creatività, la docilità allo Spirito Santo.

Insieme alle disposizioni in materia di sicurezza quali attenzioni in termini di approccio e accoglienza dovranno adottare animatori, capi scout, sacerdoti…?

Le disposizioni ministeriali rappresentano un’occasione per favorire l’elemento qualitativo delle relazioni. Spesse volte siamo ingabbiati dall’elemento quantitativo (numero ragazzi, durata, attività proposte). Ora invece siamo chiamati a riflettere sulla qualità. Iniziando dagli spazi: sanificare per santificare, favorendo le attività in locali ben areati o quelli all’aperto con una riscoperta maggiore di quello che offre il nostro territorio. Poi maggiore attenzione alle persone perché saremo “costretti” a lavorare con piccoli gruppi che variano a seconda delle età. Così le attività devono essere pensate con attenzione e quindi rimodulate con nuove abitudini investendo sulle relazioni in modo nuovo. Quindi non solo animatore di attività estiva, ma un educatore e annunciatore del Vangelo. Il piccolo gruppo favorisce la narrazione di sé. I ragazzi hanno bisogno di sapere che gli adulti sono fragili e che non è peccato, ma occasione di grazia.

Eravamo abituati a vedere Grest affollati, uscite di gruppo, campi e vacanze estive. Quanto inciderà e in che termini questa nuova modalità di stare insieme?

Siamo chiamati a sacrificare degli appuntamenti fissi nelle nostre agende pastorali. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che in questo momento la Chiesa, otre ad assolvere al compito primario di annunciare il Vangelo, ha l’occasione di riscoprire la chiamata ad essere maestra di umanità. Noi siamo gli unici a poter educare in questo periodo estivo ad una nuova modalità di socialità. A settembre si ritornerà a scuola e questi ragazzi dovranno sottostare a delle regole civiche: utilizzo delle mascherine, distanziamento sociale, igienizzazione delle mani… regole che la società non favorisce perché basta fare una passeggiata per rendersi conto che tanti ragazzi non seguono queste indicazioni. Così l’attività estiva sarà utile a “costringere” i ragazzi a rispettare queste regole facendole comprendere. Quindi il ruolo della pastorale sarà quello di educare. Una pastorale educante che sacrificherà qualcosa ma aiuterà i ragazzi a vivere con maggiore responsabilità la propria relazione e socialità.

 

Nel documento da voi stilato si parla anche di mettere in rete le “best practice” messe in campo da altre parrocchie o realtà. Quanto, ancora adesso, è importante fare squadra?

Papa Francesco due anni fa al Circo Massimo a Roma quando ha incontrato i giovani italiani ha pronunciato un proverbio africano che dice: “se vuoi andare veloce corri da solo, se vuoi andare lontano vai insieme a qualcuno”. Credo che l’elemento vincente di un’azione pastorale lungimirante e proficua, direi evangelica, sia proprio il camminare insieme. E questo contiene la condivisione del bello di quello che avviene nelle nostre comunità. Non possiamo solo curare il nostro orticello. Quindi la condivisione delle buone pratiche conoscendo quanto di bello fa la parrocchia accanto a noi, insieme al confronto ci permette di andare lontano. Non abbiamo bisogno di star o di isole, ma di rete. Quindi serve un nuovo slancio di condivisione. E la Pastorale Giovanile in una diocesi deve fare proprio questo: non sostituirsi alle singole parrocchie, ma favorire e stimolare l’incontro e la condivisione. Come diceva don Tonino Bello: “se il centrocampo tiene, gira tutta la squadra”. Noi vogliamo essere questo: il centrocampo.  Ci piacerebbe creare anche un vero e proprio laboratorio delle idee perché questa nuova modalità di pastorale trovi nuova linfa nel confronto.

Quindi una Chiesa che scende nuovamente in campo insieme a bambini, giovani e ragazzi… Quanto dovrà essere creativa questa “nuova” pastorale?

La creatività è l’elemento fondamentale per vivere questo nuovo tempo. Questo virus rappresenta forse l’occasione per mandare definitivamente in soffitta la celebre frase “si è fatto sempre così”. Ora non serve più, dobbiamo lasciarci sorprendere da questi tempi, avere l’umiltà di metterci in ascolto di chi ha più esperienza di noi. Quindi come direbbe papa Francesco è necessario alzarsi dal divano e mettersi in cammino. In fondo la Chiesa è questo: un popolo in cammino. Allora occorre reinventarsi nelle modalità restando fedeli al contenuto che è sempre quello, annunciare il Vangelo di Cristo. Essere creativi è la prova che la nostra azione pastorale non parte dal nostro io ma parte da Dio, è opera della Grazia.