Quando i migranti eravamo noi

Calabria: da terra di partenza a terra di approdo e accoglienza

Lo sappiamo fin troppo bene: la storia è ciclica, si ripete mutando scenari e protagonisti; trasformando le vittime in carnefici, gli eroi in vigliacchi, il dolore in gioia e la ricchezza in povertà. Questa è, volendo usare solo alcune parole chiave, la storia che ha attraversato la nostra nazione, il nostro continente e, in modo particolare, la nostra Calabria. Queste sono senza ombra di dubbio le parole che meglio descrivono la storia dei nostri nonni che sono stati protagonisti di un esodo. Si partiva per rincorrere il sogno di una vita migliore, per accarezzare la speranza di una vita più prosperosa per le loro famiglie. Si partiva senza niente, si lasciavano le famiglie, si spezzavano i legami e le tradizioni. Si partiva nel dolore per sfuggire alla miseria e alla disperazione. Ci si imbarcava su navi luride e affollate. Si affrontavano viaggi lunghissimi e spesso pericolosi. Si viaggiava verso terre delle quali si conosceva poco, o nulla. Si arrivava stremati e senza più nemmeno un soldo in tasca. Ci si accontentava di dormire in 20 in una stanza, di mangiare poco e di svolgere lavori pericolosi e a dir poco umilianti. Si partiva senza mai volgere lo sguardo alla terra che li aveva visti nascere senza certezze per il futuro e con la paura di non tornare più.

Si partiva con quel sogno che, dopo aver fatto i conti con la realtà, regalò a milioni di italiani il diritto ad avere una vita migliore, un riscatto dalla miseria e dalla disperazione. Si partiva quasi cullati dai versi di Emma Lazarus incisi sulla base della Statua della Libertà, divenuta il simoblo stesso di quell’esodo: “datemi le vostre stanche, povere accalcate masse anelanti d’un libero respiro, i miseri rifiuti delle vostre sponde brulicanti. Mandateli a me i senzatetto, sballottati dalle tempeste. Io levo la fiaccola presso la sogli ad’oro”. 

Oggi, a quasi un secolo di distanza, la nostra terra si è trasformata in terra di approdi, di sogni e disperazione, di storie di famiglie, di tantissimi morti in mare. Le nostre coste sono diventati porti di speranza, il nostro mare un muro da valicare per poter sfuggire alla morte, al dolore, alla fame. I problemi di ieri sono diventati quelli di oggi, la miseria di inizio secolo scorso vissuta dal nostro paese è divenuta la piaga per milioni di persone ancora oggi, la guerra e la disperazione vissuta dall’Italia e dall’Europa per due volte nel novecento si è trasformata in una ferita aperta e sanguinante per molti paesi africani e del medio oriente. Ai viaggi transoceanici si sono sostituite le carrette del mare. Alle valigie di cartone le buste di plastica. Solo il dolore e la voglia di cambiare vita è rimasto uguale.

Questo lo scenario, queste le centinaia di storie che a molti anni di distanza si intrecciano negli inestricabili fili della storia. Questo il messaggio che forse siamo ancora incapaci di cogliere. Questo il debito che l’umanità deve a se stessa e che la Calabria e noi calabresi siamo chiamati a saldare per onorare il nostro debito con una storia che ci ha visto protagonisti di un vero e proprio esodo. La nostra terra ricca di umanità e solidarietà è stata chiamata ad accogliere fratelli che sfuggono dalla guerra e dalla disperazione. Siamo noi a dover andare incontro a chi, come un tempo facevamo noi, parte per rincorrere il sogno di una vita migliore. Oggi tocca a noi. Ce lo chiede la storia, ce lo chiede il nostro essere cristiani, ce lo chiede la vita. Ed è appunto con questo spirito che ci siamo approciati a ripercorrere la storia di quei 27milioni di italiani che dal 1876 al 1961 lasciarono il nostro paese. Una storia fatta di fallimenti e dolore, ma anche di riscatto, successi e sogni realizzati. Una storia che merita ancora di essere raccontata perchè per capire il presente e preparare il futuro è necessario conoscere il passato.