Editoriali
Quando suonò il Jobel dell’anno di grazia
Ai piedi del Giubileo della misericordia
Un uomo entra nella sinagoga di Nazaret. Gli occhi di tutti sono fissi su di lui. E’ il figlio di Giuseppe, carpentiere del posto, gli è concesso leggere la Scrittura. Un inserviente gli porge con solennità il rotolo del profeta Isaia. Dopo la proclamazione del brano tutti aspettano che parli. Gli è concesso di dire la sua ma questa volta, quel ragazzo che molti avevano veduto crescere in età, sapienza e grazia, non ripete la lezione dei Padri. La sua voce risuona di novità. È pacata e tonante allo stesso tempo, è un jobel, un annuncio nuovo: è cominciato l’Anno di Grazia, si compie la Parola. Arroganti parole di un uomo che pretende di parlare a nome di Dio ? Presunzione di un giovane Messia di quelli che in giro se ne vedevano spesso ? No, l’Oggi della storia si compie ed Egli lo annuncia. Inaugura il tempo della Grazia preannunciando che presto sarà spalancata la Grande Porta della Misericordia, quella del suo cuore. Egli si arrogherà il diritto di annunciare a tutti che è Lui stesso la porta della salvezza. Come i pellegrini ci vogliamo fermare guardando a Gerusalemme… i nostri piedi sono sulla soglia e possiamo varcare quel limite, quell’orizzonte ed attingere a piene mani nel tesoro dell’Amore di Dio. L’origine ed il cuore di questo annuncio sarà nel grido del Crocifisso, che nel Vangelo di Luca non emette affatto un rantolo di morte, anzi Gesù fa risuonare con forza il nome e l’essenza di Dio Padre. È quella paternità che aveva annunciato alle folle di poveri, ai diseredati, ai bastonati dalla vita e dalle cattiverie umane, ai malati e agli oppressi. Per loro spinge, anzi spalanca e lascia aperte le ante del suo Cuore.