Chiesa
Quel filo tra Vaticano II e Sinodo dei Vescovi
il metodo sinodale, il dialogo e l'ascolto al centro dell'Assemblea generale dei Vescovi sulla famiglia. Un passo avanti nell'attuazione del Concilio ecumenico.
C’è un filo spesso e forte che collega questa XIV assemblea generale del Sinodo dei Vescovi con il Concilio Vaticano II. C’è un legame che supera le distanze di tempo, di mode, di cultura e società. C’è un legame che rende vivo e interessante il percorso che la Chiesa sta compiendo, e lo rende pure attuale, se è vero che fra qualche spicciolo di mese apriremo un anno santo proprio chiudendo il 50esimo del Concilio. Sembra tutto perfettamente incastrato, come solo il disegno del Grande Timoniere può realizzare. E’ Dio stesso che tesse i fili della Chiesa, la illumina, regge e governa. Se i Vescovi, allora, sono gli angeli, e chi li disprezza, disprezza Dio, oggi, per questo Sinodo, la Chiesa affida alle loro menti, ai loro cuori vivificati un passo avanti per l’attuazione di quel grande evento dello Spirito di mezzo secolo fa. Un passo avanti nella realizzazione di quel “già e non ancora” che monsignor Bettazzi, dalle colonne di Parola di Vita, qualche anno fa, descrisse a proposito del Concilio.
Il Papa, Francesco, lo auspica sin dall’inizio, uno stile e un metodo sinodale. Laddove per esso si intende il “camminare insieme”, di certo d’evangelica memoria, quando, nella suprema lex matteana, è il Signore stesso a proporre: “se uno ti chiede di fare un miglio con lui, tu fanne anche due”. Lungo il cammino della Chiesa, la sinodalità è la realizzazione del dialogo fraterno, utile perché fecondo, seme che permette di far crescere la Chiesa e avanzare il Regno.
La Chiesa, appunto, quella bellezza umana e divina, sogno di Dio pacificato da Gesù, dalla quale – insegna Lumen Gentium – provengono sacerdoti e laici. Tutti originano dal Popolo di Dio, e da questi, in una piramide rovesciata, il Signore “pesca” uomini per il ministero, per il servizio. L’uomo è capace di Dio, dirà il catechismo della Chiesa cattolica, la sua voce è quella di una pecora alla quale la Chiesa non può mai volgere la faccia. Semplicemente perché non c’è figlio che non sia chiamato alla santità. E’ proprio per questo che, anche in tema di famiglie, per le famiglie ferite, la Chiesa continua a condividere, gioie e speranze, affanni e ansie.